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La situazione delle comunità LGBT dei Balcani occidentali

Creato il 16 marzo 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

di Eitan Yao

La situazione delle comunità LGBT dei Balcani occidentali

Negli ultimi mesi si é registrata una evoluzione significativa nella strategia di stabilizzazione e associazione dei cosiddetti “Balcani Occidentali” all’Unione Europea. La Croazia ha completato il processo di adesione e, a partire dal 1º luglio 2013, si convertirà nel ventottesimo paese membro dell’Unione. E la Serbia, pur restando molto lontana da un eventuale ingresso in “Europa”, ha finalmente ottenuto lo status di Paese candidato dopo anni di attesa, complesse negoziazioni, dicktat e veti incrociati (l’ultimo, quello della Romania, che ha preteso rassicurazioni sui diritti della piccola minoranza Valacca presente in Serbia). Questo é un buon momento, quindi, per volgere lo sguardo alla situazione dei diritti umani, ed in particolare dei diritti LGBT, in quest’area del continente.

L’espressione “Balcani occidentali” é utilizzata comunemente dalle istituzioni europee per designare l’Albania e tutti i paesi dell’ex-Jugoslavia, ad eccezione della Slovenia (la Bosnia-Erzegovina, la Croazia, il Kosovo, la Macedonia, il Montenegro e la Serbia). In questo post lasceremo da parte la situazione della Croazia e ci concentreremo sul resto di questi paesi. La situazione delle comunità LGBT di questa zona resta precaria e difficile, pur a dispetto degli importanti cambiamenti che sono avvenuti negli ultimi anni.

In generale si può dire che la situazione, pur variando notevolmente da paese a paese, presenta nondimeno alcuni aspetti comuni significativi. Le relazioni omosessuali sono state depenalizzate ovunque (in Albania nel 1995; in Macedonia nel 1996; in Serbia nel 1994; in Bosnia-Erzegovina nel 1998) e, in una maggioranza almeno di questi stati, sono state approvate leggi contro le discriminazioni per motivo di orientamento sessuale e identità di genere. I governi mantengono, almeno formalmente,un atteggiamento aperto e positivo. L’adeguamento delle legislazioni nazionali in materia di protezione dei diritti delle minoranze é, del resto, un prerequisito necessario per l’apertura delle negoziazioni di adesione all’UE e a questo si deve poi sommare un altro fattore che gioca un ruolo importante: In alcuni di questi stati la lotta per i diritti civili è diventata sinonimo di modernizzazione e apertura all’occidente. I politici liberali ed europeisti che aspirano a guidare le proprie nazioni verso l’UE si vogliono in sintonia con le giovani generazioni “cool” urbane e cercano quindi di dimostrare la loro “modernità” dando un riconoscimento, sia pur generico, alle rivendicazioni delle persone LGBT (soprattutto quando le elezioni sono lontane e non si rischia di perdere voti).

Purtroppo, però, la realtà é più complessa di quello che potrebbe apparire a prima vista e non sempre (o raramente) i fatti seguono alle belle parole: non esiste alcun riconoscimento giuridico per le coppie e famiglie LGBT; l’applicazione delle leggi contro l’omofobia é lenta e laboriosa (é questo, per esempio, il caso del Montenegro e dell’Albania, dove l’associazione Pink Embassy/LGBT Pro Albania denuncia da tempo che la legge é restata lettera morta) e si scontra spesso con l’ostilità delle burocrazie statali e delle forze di sicurezza locali il cui comportamento é lungi dall’essere esemplare (e poco viene fatto per cambiare questa situazione). A questo si deve poi aggiungere che il progresso dei diritti civili si scontra con l’ostilità di una parte importante della popolazione (le ragioni di questa ostilità sono conosciute: peso della tradizione e della religione, struttura sociale patriarcale etc…). Una ostilità che é esacerbata dalla presenza di gruppi di estrema destra ultra-nazionalisti che attaccano le gay prides e propagano un’omofobia estremamente violenta e dall’azione dei gruppi religiosi locali che in tutta l’europa orientale (e non solo lì, del resto) svolgono un ruolo deleterio alimentando l’odio, benedicendo leggi anti-gay e decorando politici omofobi. Non é soprendente, quindi, che questi paesi occupino agli ultimi posti in Europa in materia di diritti LGBT secondo il “Rainbow Index” elaborato da ILGA-Europe: Nel 2011 questi stati ottennero tra -2 e +2 punti in una scala che va dal -4 dell’Ucraina al +12,5 del Regno Unito (-2 Macedonia; +1 Kosovo e Bosnia-Erzegovina; +2 Serbia, Albania e Montenegro).


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