Lo stile non è acqua, non si vende in bottiglia anche se qualche volta lo si dà a bere. Ma è difficile riconoscerlo perché viene frainteso con la mancanza di eccessi o di caratterizzazioni, qualche volta con la banalità o con la volontà di esprimersi sempre attraverso la mediazione di un qualche conformismo. Però provate a dar fastidio a un uomo di potere e tanta fatica va a farsi benedire. Prendiamo il premier che tanto si distingue dal precedente barzellettiere, se appena appena lo sfiori con una verità sgradita ecco che sobriamente reagisce.
Ieri Ivo Caizzi, corrispondente da Bruxelles del Corriere della Sera. giornale che sembra incarnare a stampa il medesimo stile e che non darebbe ai professori motivo di turnamento nemmeno se scendesse l’arcangelo Gabriele con la spada fiammeggiante e lo ordinasse, ha avuto l’ardire chiedere a Monti quali fossero i piani del governo per l’occupazione. Si lo sappiamo l’articolo 18, la precarietà di nuovo vestita, i salari bassi e bassissimi. Ma insomma una domanda lecita. Però si è sentito rispondere: ”Credo che il mio governo potrà fare pochissimo, o forse niente, dottor Caizzi, se alla testa c’è una persona arrivata dove è arrivata per una serie di raccomandazioni, o per spinte ricevute nel corso della sua vita, e non in seguito a un percorso democratico. Non credo che quindi lei possa avere alcuna aspettativa su ciò che può fare un governo così mal presieduto”.
Monti incazzato non straparla, non si agita, nemmeno sorride come quando i deputati europei lo applaudono per la mattanza italiana che darà respiro ai loro Paesi. Colpisce. Ma di quale grave colpa si è macchiato il povero Caizzi? Quello di aver scritto un pezzo sul nepotismo del governo, sui noti casi di Martone e Fornero figlia. Solo che in chiusura ha aggiunto che “sul web il premier viene raffigurato e ironizzato come predestinato figlio di un dirigente bancario e nipote di Raffaele Mattioli, il mitico banchiere della Comit di Milano.”
Dopo aver reso conto di ciò che gira in rete, Caizzi ha aggiunto alcune notizie sulla carriera del giovane Monti e la sua precoce cooptazione nei consigli di amministrazione di Fiat e Generali oltre che alla vicedirezione della Comit. Tutte cose notissime e peraltro assolutamente certe. Allora cosa ha turbato Monti al punto di rispondere male al giornalista di un quotidiano tanto vicino al governo tecnico da poter parlare di Doggy Stile per riprendere l’infortunio linguistico del ministero per l’istruzione? Il fatto che si potesse intravedere nel nipote di Raffaele Mattioli un tratto di aiuto nepotistico? Che la notizia fosse uscita dalla rete, notorio covo di sfigati, di personalità solo doppie e non trilaterali, per apparire sul corrierone e trasformarsi dunque in una “vera notizia” agli occhi di questi modernissimi vlasti?
O forse semplicemente la violazione di un silenzio dovuto al potere e ancor più preteso dalle voci amiche? Fatto sta che il comportamento è stato meno esuberante di quello di Silvio e della sua corte di miracoli, ma sulla stessa linea e con lo stesso significato. Sfiorateli e lo stile si accartoccia come una foglia, si liquefa, diventa ciò che a livelli bassi si esprime con il “lei non sa chi sono io” e più in alto nel suo contrario: “come ti permetti di dire chi sono?”