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La socialdemocrazia in Italia

Creato il 18 ottobre 2012 da Zamax

Fuori dalle astrazioni teoriche, che lasciano il tempo che trovano, cosa ha significato dal punto di vista politico e nel concreto della storia contemporanea il termine «socialdemocrazia»? Tre cose:

  1. L’abbandono della fede nel «sistema socialista» e l’accettazione del «sistema democratico» (borghese). Il «sistema socialista» è incompatibile col «sistema democratico». Un «sistema socialista» è un sistema «compiuto», perfetto; la democrazia non lo è mai. Se vi domandate come mai in Italia una marea di imbecilli parli continuamente di «democrazia compiuta», ora lo sapete: non sono democratici. Socialdemocrazia, quindi, significa «democrazia sociale» piuttosto che «socialismo democratico».
  2. La riconfermata propensione, più o meno accentuata, per lo statalismo e per le idee «laiche e di progresso».
  3. L’abbandono dell’antropologia giacobina, nata dallo spirito di fazione e propedeutica alla presa del potere, che divide la nazione in due parti: quella sana, onesta, virtuosa, migliore, e «democratica»; e quella insana, disonesta, corrotta, peggiore e «antidemocratica».

La sinistra italiana non è socialdemocratica perché non ha mai affrontato il terzo punto. Nei comunisti il giacobinismo era avvolto in panni marxisti. Orfani del marxismo, i comunisti sono rimasti nudi, ossia giacobini. La «lotta di classe» è stata sostituita dalla «questione morale», ossia la continuazione del comunismo con altri mezzi. Al fattore K è subentrato il fattore G. E l’immobilismo italiano è continuato. A tutto favore degli esaltati, dei giustizieri, degli estremisti e dei cultori della legalità da una parte; e dei «mariuoli» dall’altra. Sono le due facce, entrambe disoneste, della stessa medaglia.

L’incompiuta trasformazione socialdemocratica in Italia ha lasciato in vita il mito del «centro». Il «centro» è la destra perbene, addomesticata e legittimata dalla sinistra comunista e giacobina, che, dentro un «sistema democratico» (borghese), sta alla seconda come il Partito dei Contadini stava al Partito Comunista nelle defunte «democrazie» popolari dell’Est europeo. Il «centro» serve per bloccare ogni evoluzione politica della destra, ossia il progressivo assorbimento nel «sistema democratico» di ciò che resta di quel radicalismo di destra che per comodità possiamo chiamare «identitario», e l’apertura verso le istanze «liberali». Il fenomeno politicamente non è contraddittorio perché è naturale che quando vengono liberate le vie di accesso alla destra, che fino a quel momento non poteva nemmeno chiamarsi «destra», ad essa concorrano come ad un gran fiume tutti gli affluenti. Questo è stato il significato politico del «berlusconismo».

Si capisce allora perché quegli uomini politici che più si sono distinti nello sforzo d’ingabbiare il radicalismo di destra e di sinistra dentro il «sistema democratico» (borghese) siano stati odiati e additati al pubblico ludibrio da chi aveva interesse nel mantenere lo spirito di fazione: dal «ministro della malavita» Giolitti, a Craxi, a Berlusconi. Abbiamo sotto gli occhi l’ultimo risultato di questo spirito distruttivo, rottamatore, ripulitore e azzeratore: una destra in cui ognuno va per la sua strada e torna agli antichi vizi, e una sinistra composta da giacobini esaltati e freddi, da giacobini esaltati e scalmanati, e da giacobini beneducati. A quella astratta creatura d’importazione che è il «liberale» italiano tutto questo è sempre sfuggito, e nel suo gran dispitto intellettuale ha spesso collaborato allo sfascismo italico. L’irrilevanza politica se la merita tutta.


Filed under: Italia Tagged: Comunismo, Giacobinismo, Socialdemocrazia

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