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La società civile, anzi civilissima

Da Paolob
Sono vent'anni, forse più, che letteralmente, detto in francese, ci scassano i cabasisi con la società civile, contrapposta alla casta, come simbolo di purezza, onestà, trasparenza, senso dello stato e attaccamento al paese.
Da Tangentopoli in poi - e ancora di più oggi - politico significa sterco, furto, accaparramento, ignominia, corruzione...
Intendiamoci, molti si sono dati da fare per confermare queste 'sensazioni', molti hanno spinto in questa direzione, depauperando e infangando l'arte nobile della politica e del mestiere al servizio del bene pubblico.
Ma da quando la questione è stata proposta, da quando la corruzione, prima forse strisciante e sommersa, è affiorata con tutta la sua forza, ci siamo resi conto del fatto che se gli eletti sono farabutti e maneggioni, gli elettori - appena diventano - eletti, non sono da meno.
Prima abbiamo avuto gli imprenditori, casti e puri (come se quando un funzionario pubblico è corrotto non ci fosse un corruttore), che sono scesi in campo per moralizzare e manifestare tutta la loro efficienza. Ricordate quando qualcuno diceva che "i politici non hanno mai lavorato in vita loro"? Ricordate quando la pletora di avvocati e di manager hanno invaso il parlamento in nome della trasparenza e della 'libertà' e della tutela e del 'garantismo'?
Bene, quella gente è quella che fino a pochi mesi fa era maggioritaria in parlamento, ed è stata quella che ha portato il paese allo sfascio, non solo economico, ma anche sociale, civile, rubando tutto quello che c'era da rubare.
Poi c'è stata la parentesi del rigore, che poi rigore non era perché era solo favore, per le banche e l'alta finanza.
Poi c'è stata la rivolta.
Chi non ne poteva più, chi riteneva che ormai siamo arrivati al punto di non ritorno, chi ormai pensava che tutto fosse marcio senza rimedio, è salito in campo per salvare la patria.
E allora giù fendenti, giù massacri verbali, giù urla, sbraiti, spintoni.
E ora chi ha urlato, chi ha additato gli altri, chi ha accusato, siede sugli scranni più alti, con il loro casto qualunquismo, la loro imperdonabile ignoranza e le loro menti presunte libere.
E ora si abbeverano alla vasca su cui hanno sputato fino a ieri.
Pranzo al ristorante interno, abbonamenti gratuiti ai mezzi pubblici, sonni ristoratori mentre gli altri lavorano, stipendi che dovrebbero essere restituiti che invece fluttuano non si sa bene verso quali mete...
Io non mi meraviglio più, solo perché so che questo paese è marcio nel suo midollo, nella sua presuntuosa volontà di accusare tutto e tutti senza guardarsi dentro, nella sua pretestuosa idea di essere meglio di chiunque altro.
L'importante è non farsi più abbindolare da falsi ideali e stancare da inutili sforzi.
Basta sedersi e ascoltare, diceva Dalla.
E attendere sulla riva il prossimo cadavere...

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