La società liquida : critica vade retro

Creato il 29 marzo 2014 da Tabulerase

Sposi immaturi e litigiosi afferma il tribunale ecclesiastico, vita condominiale sempre più difficile, omicidi per futili motivi di traffico, risse furiose per un parcheggio, queste notizie affollano le pagine dei quotidiani. Discussioni nei luoghi di lavoro sempre più accese, drammi casalinghi, amicizie che si pensava di lunga data rotte in un baleno, grandi amori naufragati fra le incomprensioni. Cosa accomuna tutte queste notizie? Qual è il comune fattore degli avvenimenti che hanno portato a dichiarare il 2013 anno più litigioso di tutti i tempi?
Avete provato ad esprimere un parere “non consono” alle aspettative di qualcuno che conoscete? La reazione migliore sarà “Ma come? Tutti mi dicono che sono perfetto!! E tu mi dici questo?” oppure “Ecco vedi? Sei il solito!!”. A parte l’ovvio tentativo di sfilarsi dal contesto con la classica forma di autodifesa ed autoassoluzione, “Noooo io sono diverso/a!!”, oppure “Ma cosa vuoi che facessi?”, questa non è la solita serie di luoghi comuni che si potrebbe a prima vista ipotizzare. Siamo nella società liquida descritta dal più grande teorico del giorno d’oggi, il sociologo polacco Zygmunt Bauman. Una società dove l’enorme quantità di possibilità di connessione fra le persone genera un fenomeno perverso che fa sì che si creino aggregazioni solide fra simili che portano ad escludere chiunque non si conformi all’essenza stessa del gruppo. Non esiste più un onesto contradditorio, uno scambio intelligente e critico di diverse idee, ci si circoscrive al proprio interno, questo comporta la totale desuetudine a qualunque approccio diverso da quello che si ritiene esatto e giusto. Qualunque idea difforme viene vista come un attacco maligno ed una cattiveria, si viene tacciati di invidia se non peggio. Il politically correct della propria fazione viene assunto al grado di verità assoluta, ci si rinchiude in un ambito di persone che si autoreferenziano l’un l’altra senza concepire il dubbio di essere in errore.

Si vive in un consumismo che crea rifiuti umani, che non è più mirato al soddisfacimento di legittimi bisogni, ma all’adeguamento alle abitudini del gruppo per non esserne esclusi. Si compra per sentirsi parte della società liquida, si corre sempre di più per potersi permettere di avere quello che consente di essere accettati. L’omogeneizzazione di genere domina incontrastato, i comportamenti difformi, come appunto qualunque critica, sono visti come elementi di disturbo. L’industria della paura domina incontrastata investendo con il tanfo ogni angolo della vita di oggigiorno.
Una società si basa sul almeno tre attori, io, tu e l’altro, dove l’altro ha la funzione di regolare e dare un parere se l’azione perseguita sia coerente e morale o meno. Se si esclude il terzo, non esiste più la società, decade la sua funzione regolatrice e ci si rinchiude in un alveo di autocompiacimento.
La società liquida di Bauman affonda negli scritti di Weber e Tocqueville, liquefare appunto i solidi obblighi etici e religiosi per stabilizzare la società, salvando solo i rapporti di classe. Viviamo nel Panopticon di Bentham e Foucault, una specie di universo orwelliano dove il potere controlla tutto e tutti grazie ad un’altissima velocità di azione, ed il rapporto tra controllori e controllati è saldo e coeso.

Se è vero che la teoria evolutiva dell’emancipazione passa, obbligatoriamente, attraverso un aumento e non una diminuzione della libertà individuale, non dovremmo forse tornare ad accettare le critiche e i pareri contrari come qualcosa su cui riflettere e non un assedio che mina le nostre granitiche certezze? Un sano confronto ed un diverso angolo di visione, senza addentrarci nella teoria dei 6 cappelli di Debono, non potrebbe forse donarci nuovi spazi di crescita individuale ed una consapevolezza che è andata perdendosi nella liquidificazione della società moderna?


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