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Trama semiseriaUn tipo introverso e ai limiti dell’autismo + una tipa zoppa: sono questi i due protagonisti di questa particolare storia di amicizia e d’amore, di due solitudini che si incontrano, di due numeri primi che si fondono in un’addizione magnifica e bla bla bla.Rimpiangete già Jack & Rose di Titanic?Edward & Bella di Twilight?Step & Babi di 3MSC?Beh, adesso non esageriamo.
Recensione cannibaleDi fronte a un film come La solitudine dei numeri primi mi trovo parecchio combattuto. Da una parte mi è piaciuto, o almeno alcune cose mi sono piaciute, dall’altra mi ha infastidito. E anche parecchio. È una sensazione difficile da spiegare a parole ma so già che avrete inteso perché anche voi avrete provato qualcosa del genere, magari non nei confronti di questa specifica pellicola, ma probabilmente per un altro film oppure per un disco, un libro, o magari una persona. Perché ce ne sono di persone che lasciano combattuti...
Ne La solitudine dei numeri primi ci sono alcuni elementi davvero buoni. Soprattutto l’inizio, soprattutto la prima parte dalle tinte (Dario) Argento, soprattutto le musiche stile Goblin firmate dal sempre grande Mike Patton (Faith No More, Mondo Cane, Mr. Bungle, Fantômas, Tomahawk, Peeping Tom, la colonna sonora di Crank…). Non ho letto il libro best-seller di Paolo Giordano da cui è tratto (e non mi è nemmeno venuta voglia di farlo) ma a quanto ho sentito dire è apprezzabile pure l’aver aggiunto atmosfere horror del tutto non presenti nel romanzo, con un plauso quindi per il parziale coraggio che va al regista Saverio Costanzo (guardando il film ho cercato di mettere da parte il fatto che sia il figlio di Maurizio Costanzo Show, ma non credo di esserci riuscito).
Ci sono però anche altri elementi che invece vanno a cozzare con la riuscita della pellicola e provocano un gran nervoso, come dialoghetti campati per aria, una recitazione spesso troppo enfatizzata e sopra le righe più da soap opera che da cinema (Isabella Rossellini su tutti), più una serie di personaggi che sembrano una sorta di versione alternative e malaticcia (ma questi il sole l’hanno mai visto in vita loro?) di quelli dei romanzi di Moccia. La cosa che proprio non mi è piaciuta comunque è soprattutto la parte finale, che vorrebbe essere intima e intimista e invece è soporifera e telefonata. Dopo oltre un’ora costruita tra atmosfere angoscianti e quasi horror, una pessima caduta di stile, un tonfo che sgonfia tutta la vicenda e la riporta sui territori classici del cinema medio italiota (di merda, lasciatemelo dire).
Il cast di giovani e giovanissimi non è male (segnalo in particolare Aurora Ruffino) e Alba Rohrwacher sarà anche bravina ma non se ne può più di vederla in ruoli da caso umano. Del non altissimo livello di recitazione generale ci si rende conto però soprattutto quando irrompe in scena Filippo Timi. La sua è giusto un’apparizione da 30 secondi nelle vesti di clown malefico, ma in quei pochi istanti ruba la scena a tutti e si mangia l’intero film. Un cameo strepitoso da Heath Ledger de’ noantri che rappresenta il vertice assoluto di una pellicola a tratti intrigante, che dà qualche segnale vitale per il cinema italiano ma che alla fine non trova il coraggio di spingere le situazioni al limite e rimane come intrappolata in una solitudine da numeri primi, ma non da numeri uno.(voto 6-)
Chiudo con una citazione musicale alla Mr. Ford“La solitudine fra noiquesto silenzio dentro meè l'inquietudine di viverela vita senza teTi prego aspettami perchénon posso stare senza tenon è possibile dividerela storia di noi dueLaura Pausini - “La solitudine” -
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