Quando la Musica è la Musadi Susanne Dunlap
Per chi scrive romanzi storici, mettere un musicista al centro della propria opera non dovrebbe essere diverso dal mettervi un personaggio d’altro tipo; a parte il fatto che, probabilmente, i musicisti sono meno noti al grande pubblico (con alcune eccezioni). Tuttavia, nel ricreare il mondo di un compositore o di un interprete del passato, il romanziere si trova a fronteggiare una difficoltà specifica: come si presenta la musica sulla pagina stampata? Non mi riferisco, naturalmente, alla forma dello spartito, ma piuttosto alla necessità di trasportare il mondo sonoro di un’epoca storica nel mondo verbale del romanzo: è un’impresa possibile? […]
La copertina del numero di
Historical Novels Review
che contiene il saggio
In una scena de La sorella di Mozart, Nannerl è rabbiosa e depressa perché le è appena stato detto che deve stare a casa e dare lezioni di pianoforte per sostenere la famiglia, mentre suo padre e suo fratello faranno un viaggio in Italia. Dal suo confronto con il più giovane e impetuoso Mozart emerge con chiarezza il carattere del grande compositore, per come Charbonnier l’ha immaginato, e il suo rapporto con la sorella.
“Io ho provato a convincerlo” mormorò dopo un sospiro “ma sai benissimo che è un’impresa impossibile. Cosa avrei dovuto fare? Rifiutarmi di partire anch’io?”
Gli parve di scorgere in lei un segno di assenso; ma era solo la sua immaginazione, perché Nannerl non si era mossa.
“Ci ho riflettuto e ho concluso che nessuno, nei miei panni, lo farebbe. Pensaci: dovrei rinunciare a un’opportunità tanto importante per la mia carriera, per la mia vita stessa? Neanche tu, al mio posto, lo faresti. Ammettilo.”
Lei si arrotolò su se stessa, creando un baratro tra sé e quelle parole.
“Io non posso restare in provincia, Nannerl. Qui la vita non è che una ripetizione di balletti stanchi per una marmaglia di ottusi. C’è tanta musica nuova dentro di me, e so che potrò farla esplodere solo nella libertà di conoscere il mondo.”
Lei forse era riuscita davvero a rendersi temporaneamente sorda.
La difficoltà fondamentale che incontrano i romanzieri alle prese con le figure storiche celebri è quella di superare le immagini consolidate e il forte attaccamento emotivo dei lettori rispetto a individui che essi sentono di conoscere già bene. Gli amanti di Mozart potrebbero trovare sgradevole vederlo dipinto come un ragazzino ambizioso ed egocentrico che, pur comprendendo i sentimenti di sua sorella, non riesce a distogliere lo sguardo dalla propria carriera. Charbonnier ha risolto il problema (come fanno molti) nel concentrarsi non tanto sul personaggio famoso, quanto sui meno famosi individui che lo circondano: Mozart emerge come una personalità decisa e sanguigna nel romanzo, ma le nostre simpatie si dirigono senza dubbio verso la sorella repressa. […]
Nannerl Mozart a 12 anni
Ma il problema della musica rimane; non è chiaro se sia possibile esprimere attraverso le parole quel che la musica significa e ha significato nelle vite di compositori e interpreti. L’autrice ha ammesso di aver saputo fin dal principio che per delineare il ritratto di Nannerl Mozart era necessario “raccontare non solo il suo amore per la musica, ma anche l’amore che la musica, in qualche modo, prova per lei. Dovevo tentare di esprimere la potenza di questa arte e la sua capacità di trasfigurare le emozioni, e comunicarle in modo a un tempo universale e soggettivo.”Charbonnier ha avuto la fortuna di poter attingere ad abilità personali, che l’hanno aiutata a entrare quasi fisicamente nel mondo musicale della sua protagonista. Ecco come descrive il processo attraverso il quale ha trasformato la musica in parole: “Ricordo quando ho scritto la pagina relativa alla Fantasia KV 397, un brano di Mozart che amo particolarmente. Volevo che suonarlo pacificasse Nannerl con i suoi fantasmi del passato e le facesse comprendere alcune cose che suo fratello le aveva detto, ma che lei non aveva voluto ascoltare. Allora ho programmato la ripetizione continuata del cd sul mio impianto stereo, quindi mi sono seduta sul divano, che è proprio accanto al pianoforte, con il computer portatile sullo sgabello del pianoforte stesso e lo spartito della Fantasia poggiato su una sedia. Ascoltando la musica che veniva dalle casse, osservando di tanto in tanto le note stampate, buttavo giù a ruota libera le immagini visive ed emotive che mi comparivano davanti agli occhi, e poi interrompevo il cd e mi alzavo e suonavo io stessa alcuni passaggi, e poi tornavo ad appuntare quel che mi veniva da appuntare, e intanto non riuscivo a impedirmi di piangere…”
Il risultato è una fantasia verbale trascinante per il lettore così come la musica è trascinante per chi la ascolta:
Una violenta cascata di suoni invade l’intero spazio, e le mani velocissime percorrono la tastiera da un estremo all’altro, incrociandosi, e ancora due accordi diradati e un finale inverosimile, che stravolge ogni premessa. E’ un gioco di bambini che rincorrono la palla, a piedi scalzi, e ti fanno la linguaccia, oppure un carillon che si bea della propria petulanza, e ti martella con quei suoni appuntiti, e tu pensi: prima che il brano si concluda, dovremo tornare all’inizio; dovremo recuperare il dolore, e chiudere il cerchio. E invece no. E invece il gioco si ripete con infantile insolenza, e i bimbetti lo chiudono in una risata leggera che è un gaio sberleffo.
La fondamentale caratteristica della musica che si può trasportare sulla pagina forse è proprio la sua intrinseca capacità di commuovere l’ascoltatore. […]
Ma qual è la valenza dell’arte musicale in se stessa? La musica è sufficientemente importante, nella storia dell’umanità, da legittimare un interesse esclusivo, da riuscire a illuminare addirittura un’epoca? […] Se i racconti di guerre e battaglie, sconvolgimenti politici e scoperte straordinarie hanno riguardato le donne in modo periferico, io credo che esista una relazione peculiare tra le donne e la musica, che rappresenta una sorta di microcosmo nella storia. Come Charbonnier ha dimostrato così acutamente ne La sorella di Mozart, le donne potevano avere lo stesso talento degli uomini, lo stesso ineffabile sentire per la musica, la stessa abilità nell’interpretarla, ed essere comunque ostacolate nel realizzare tale potenziale da strutture sociali che dicevano: “le signore educate non devono suonare il violino, o esibirsi in pubblico, o competere con gli uomini”. […]
La musica evidenzia a un tempo il potere e i limiti delle donne, e proprio per questo, credo, io stessa mi sono dedicata alla storia di questa arte non solo come studiosa, ma anche come autrice di narrativa. Trasferire l’esperienza della musica sulla pagina, sia dal punto di vista dell’ascoltatore sia dell’interprete, rappresenta una sfida da molti punti di vista. […]
Forse il premio più gratificante che può venire dall’aver scritto un libro di qualunque genere risiede nello scoprire che un lettore ne ha ricavato qualcosa di buono. Tempo fa trovai su un blog un commento di una ragazza che aveva letto il mio romanzo Liszt's Kiss, e che dichiarava di aver deciso di suonare il pianoforte appena giunta all’ultima pagina; e questo ha interamente ricompensato il mio difficile, estenuante processo di scrittura, revisione e promozione del libro stesso.
In fin dei conti, qual è lo scopo del romanzo storico? Quello di riportare alla vita alcuni aspetti del passato; quello di far respirare la storia, qui e ora, sulla pagina. Se, dunque, il lettore riesce a vedere gli ambienti descritti, tastare la stoffa degli abiti, sentire l’odore dei cibi o degli escrementi, soffrire per la ferita inferta da una spada o gioire per la brezza che spira sulla riva del mare, lo scopo è raggiunto; ma lo è ancor più se il lettore riesce a udire la musica che ha sottolineato le vite dei personaggi. Se anche questo accade, quella porzione di storia sarà stata apprezzata in modo nuovo.
Spero che molti altri romanzieri decidano di cimentarsi con la musica e i musicisti. Benvenuti! Centinaia di storie aspettano di essere raccontate.
Susanne Dunlap