
Nel progetto conoscitivo, nell’incontro con l’altro, teorizzato in antropologia, la sospensione del giudizio è necessaria per arrivare alla comprensione, ad un punto di vista in comune.
Ma siccome la conoscenza di ognuno passa attraverso le categorie della propria formazione, si tende a pre-comprendere le situazioni, anticipandole. Si proietta quindi un’esperienza passata su un fatto nuovo e questo ha la conseguenza di influenzare la nostra interazione con il mondo e limita la possibilità di conoscere.
Nel caso del ricercatore sul campo, dell’etnografo che deve restituire ciò che ha compreso di un’altra cultura alla società alla quale appartiene, la sospensione del giudizio è fondamentale per compredere e poi spiegare ‘il nativo’.
Come spiega Ugo Fabietti, professore di Antropologia Culturale all’Università di Milano-Bicocca, “Il problema cruciale per un ricercatore è cogliere il ‘punto di vista’ del nativo: cioè attribuire senso ad azioni e comportamenti, espressioni verbali e simboliche degli attori sociali locali (da qui l’importanza della lingua); richiede il raggiungimento di un elevato grado di familiarità con la vita e la cultura locale e comporta una necessità: la sospensione di buona parte dei criteri di giudizio del ricercatore. E problema più complesso diviene poi quello di riuscire a trasmettere in un linguaggio diverso, quello dell’antropologo, la cultura locale”.
Quindi è solo una volta abbandonato il pre-giudizio, una volta fatta una metaforica “tabula rasa” di quello che già sappiamo, che possiamo conoscere e comprendere gli altri.
