Il cinema che preferisco si chiama Fratelli Marx; sta in Corso Belgio, non lontano dall’abitazione dei miei, nel quartiere dove ho intensamente vissuto l’adolescenza e passo di frequente durante la settimana. Per quanto sia stato aperto in tempi recenti, è già un luogo sovraccarico di ricordi, come capita a certe residenze di famiglia in cui si alternano e s’incrociano le vite di residenti occasionali.
Qualche giorno fa leggo sul giornale che è in programma La spettatrice, alla sala Groucho.
Mi accoglie la freschezza temperata di un’aria condizionata discreta; siamo in quattro, un solo uomo, io. La signora accanto a me indossa un improbabile abitino verde, fiorato.
Non tardo a scoprire l’omaggio esplicito al cinema di Claude Sautet, agli ultimi Un cuore in inverno e Nelly et Monsieur Arnaud, che amo particolarmente.
Mentre guido, al ritorno, penso ai meriti del film, che ha intuizioni sincere sull’incompiutezza degli amori non comunicati, sul tempo e sulle circostanze che ingannano, sulla solitudine di gesti e decisioni, esauriti dall’assenza d’intese.
È come se ricevessi la conferma che la nostra cultura é intrisa di un senso drammatico dell’esistenza che loro - i francesi - non portano nelle corde più intime, nello spirito e nel senso del corpo. Sembrano invece possedere il privilegio della fluidità dei sentimenti e della nudità, senza distinzione tra quella fisica (maschile o femminile che sia), e quella dell’anima, con i suoi percorsi insondabili.
(10 luglio 2004, lettera privata)
La spettatrice, di Paolo Franchi, con Barbora Bobulova, Andrea Renzi, Brigitte Catillon (Italia, 2003, 98’). Mercoledì 3 settembre, ore 1,30, Laeffe.
Magazine Cultura
Il cinema che preferisco si chiama Fratelli Marx; sta in Corso Belgio, non lontano dall’abitazione dei miei, nel quartiere dove ho intensamente vissuto l’adolescenza e passo di frequente durante la settimana. Per quanto sia stato aperto in tempi recenti, è già un luogo sovraccarico di ricordi, come capita a certe residenze di famiglia in cui si alternano e s’incrociano le vite di residenti occasionali.
Qualche giorno fa leggo sul giornale che è in programma La spettatrice, alla sala Groucho.
Mi accoglie la freschezza temperata di un’aria condizionata discreta; siamo in quattro, un solo uomo, io. La signora accanto a me indossa un improbabile abitino verde, fiorato.
Non tardo a scoprire l’omaggio esplicito al cinema di Claude Sautet, agli ultimi Un cuore in inverno e Nelly et Monsieur Arnaud, che amo particolarmente.
Mentre guido, al ritorno, penso ai meriti del film, che ha intuizioni sincere sull’incompiutezza degli amori non comunicati, sul tempo e sulle circostanze che ingannano, sulla solitudine di gesti e decisioni, esauriti dall’assenza d’intese.
È come se ricevessi la conferma che la nostra cultura é intrisa di un senso drammatico dell’esistenza che loro - i francesi - non portano nelle corde più intime, nello spirito e nel senso del corpo. Sembrano invece possedere il privilegio della fluidità dei sentimenti e della nudità, senza distinzione tra quella fisica (maschile o femminile che sia), e quella dell’anima, con i suoi percorsi insondabili.
(10 luglio 2004, lettera privata)
La spettatrice, di Paolo Franchi, con Barbora Bobulova, Andrea Renzi, Brigitte Catillon (Italia, 2003, 98’). Mercoledì 3 settembre, ore 1,30, Laeffe.
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