Magazine Cinema
Origine: UK, USA, Germania
Anno: 2014
Durata: 122'
La trama (con parole mie): Issa Karpov, giovane esule ceceno musulmano giunto ad Amburgo clandestinamente, si trova al centro di un complicato intrigo spionistico legato a doppio filo alla sua ingombrante figura paterna, un ex signore della guerra, ed alla lotta al Terrore operata dalle principali agenzie americane. Quando la questione riguardante la fortuna nascosta del genitore di Issa porta quest'ultimo ad essere conteso tra i servizi segreti tedeschi e statunitensi ed una giovane avvocatessa diviene, di fatto, la sua unica speranza in termini non solo di asilo politico, ma anche umani, l'affare si complica.Toccherà a Gunther Bachmann cercare di concludere l'operazione senza compromettere nessuno dei partecipanti alla stessa.
Personalmente, e considerati i miei gusti quasi per Natura "datati" - come giustamente converrà anche il mio antagonista Cannibal Kid -, ho sempre adorato il film di spionaggio nell'accezione "anni settanta" del termine, con quel gusto per l'attesa a fungere da motore più ancora di quanto possa fare l'azione stessa: dai mitici Il giorno dello sciacallo e Tutti gli uomini del Presidente fino ai più recenti Munich e Homeland, fatta eccezione per l'abulico La talpa - diretto dal del resto da queste parti considerato sopravvalutatissimo Tomas Alfredson - si può dire che, quando si nuota in questo burrascoso ma apparentemente quieto mare, al Saloon si ha una più che discreta garanzia di successo.Questo La spia - A most wanted man, uscito ormai da qualche mese in sala spinto principalmente dalla presenza - l'ultima, in termini di realizzazione della pellicola - del compianto Philip Seymour Hoffman, e diretto da Anton Corbijn, già apprezzato quantomeno per la tecnica con il discreto Control ed in seguito massacrato per il terribile The american - che, almeno sulla carta, finiva per esplorare territori associabili a quelli portati sullo schermo da questo film, salvo naufragare clamorosamente nel trash involontario - può considerarsi una delle missioni portate a termine con successo dal genere spionistico.
Fotografato - e narrato - con un piglio apparentemente algido e distaccato ed al contempo poggiato sulle spalle di una sceneggiatura che, dietro i fiumi di parole e gli intrighi, finisce per essere al contrario molto appassionata - così come l'interpretazione del già citato Seymour Hoffman, che seppure non in mostra come fu con The Master regala un'altra grande perla agli amanti della settima arte -, A most wanted man - nuova conferma dell'incapacità dei responsabili agli adattamenti italiani - accompagna l'audience sfruttando la curiosità e la tensione rendendo le due ore piene di visione assolutamente godibili e per nulla rese indigeste da quella che, di fatto, è una battaglia combattuta tutta lontana dal campo - fatta eccezione per la splendida sequenza conclusiva -, senza risparmiare critiche alle dinamiche legate alla politica ed alle lotte di potere, trovando un setting interessante e fondamentalmente sconosciuto al grande pubblico - Amburgo, città portuale e pulsante, nonostante la maggior parte delle riprese siano state realizzate a Berlino - e ricordando a chi ne ha amato i momenti di sospensione le prime due stagioni dell'anche in questo caso già citata Homeland.
Ed è proprio la sospensione, il cardine di un lavoro come questo: l'incertezza pronta a regnare sempre e comunque, un filo che può spezzarsi da un momento all'altro, cambiando gli equilibri di una partita in corso da ore in assoluta parità: il charachter di Gunther Bachmann, malinconico e dipinto a mezze tinte, è il simbolo perfetto di una storia che non ha e non può pensare di avere lieti fini, la cronaca di amori solo sognati e legami tra padri e figli che esplodono nel momento in cui la politica non ha la possibilità di fare lo stesso rispetto ai conflitti tra Paesi, etnie, leader più o meno ambiziosi.
Issa Karpov, simbolo di ogni speranza destinata a spegnersi, è anche, in una certa misura, un'ammissione di colpa ed un tentativo di mostrare quantomeno alcuni degli scheletri nell'armadio della Vecchia Europa di fronte agli altrettanto sporchi ma decisamente più capaci di ignorarli States: ed il ricatto, la manipolazione, la menzogna tipici di questo tipo di prodotti diventano una cornice che, più che confondere il pubblico, o spingere in direzione di domande che possano fornire una qualche risposta, quasi affascina e stimola interrogativi che possano far indagare rispetto a quanto a fondo, come esseri umani, siamo disposti ad addentrarci nel lato oscuro, per poter mettere le mani su quello che ci interessa stringere.
Il problema principale si presenta, poi, quando alla fine della lotta finiamo per ritrovarle vuote.
MrFord
"Wanted man in California,
wanted man in Buffalo
wanted man in Kansas City,
wanted man in Ohio
wanted man in Mississippi,
wanted man in ol' Cheyenne."
Johnny Cash - "Wanted man" -
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