Un uomo molto ricco organizza una festa nella sua splendida villa e, per l'occasione, fa realizzare una enorme piscina.
È vecchio e ormai sente che la morte pulisce le scarpe sul tappeto alla sua porta, così ha deciso di togliersi un ultimo sfizio: si è rivolto a un noto importatore di animali e ha popolato la piscina di feroci coccodrilli, piranha e squali.
I soldi, il potere, gli hanno concesso tutto nella sua lunga vita ma, a suo dire, non mai incontrato un uomo veramente coraggioso. Per questo, ora che la fine si avvicina, vuole esaudire questo ultimo balzano desiderio: scoprire se tra tutti i suoi amici e gli amici degli amici degli amici, ci sia un uomo degno di tale valore.
La sera della festa la villa presto si riempie di mille e mille volti: brindisi, balli, schiamazzi... A un certo punto il vecchio raduna tutti gli invitati attorno alla piscina: "Chiunque saprà attraversare questa piscina," dice ai suoi ospiti, "avrà la metà dei miei averi.".
Gli astanti, che avevano interpretato quello specchio d'acqua brulicante di bestie feroci, come una di quelle stravaganze tipica di certi annoiarti ricconi, ora ne comprendono lo scopo, ma ovviamente, nonostante la succulenta posta, si guardano bene dal gettarsi in acqua.
Allora, il vecchio raddoppia: "Chiunque saprà attraversare questa piscina, avrà tutti i miei averi.". Soliloqui, borbottii, commenti a fior di labbra, sospiri, ma... niente, ancora nessuno si muove.
Il riccone sta quasi per rinunciare, rassegnato al fatto che mai nella vita vedrà un uomo veramente coraggioso... Ma ecco che, improvvisamente, si sente un grido, il rumore di un tuffo e un uomo che, urlando come un ossesso, attraversa la piscina alla velocità della luce.
Il vecchio ora è commosso, piange. Felice come un bimbo, avanza a braccia aperte incontro al valoroso: "Ah, mio eroe. Lo sapevo, lo sapevo. Finalmente un uomo coraggioso!". "Coraggioso, un cazzo!" dice quello, "Chi è lo stronzo che mi ha spinto?".
Ho sempre pensato che questa fosse una bella metafora per descrivere la resistenza al cambiamento e le necessarie spinte che ogni resistenza necessita affinché il cambiamento si attui.
Qualunque sistema vivente, infatti, dal più piccolo al più complesso, vive il cambiamento come minaccioso, a volte con lo stesso terrore che suscita l'idea di attraversare quella vasca piena di pesci feroci e, quindi, tende a resistervi. Resistere al cambiamento è, insomma, una condizione naturale, persino quando in palio v'è la promessa di una vita migliore; persino quando cambiare significa aprirsi alla possibilità di non stare più male. Anzi, a volte, quando il malessere si è consolidato per un certo periodo di tempo, magari in situazioni di grave disagio o malattia, cambiare diventa paradossalmente ancora più difficile. Malattia, malessere, disagio, diventano fedeli amici, una insana compagnia che si oppone al cambiamento.
Bene conoscono, i professionisti dell'aiuto alla persona, il paradosso di tutti quei soggetti che, pur lamentandosi del loro malessere, a volte davvero invalidante, pur sapendo benissimo cosa dovrebbero cambiare della loro vita per stare meglio, cocciutamente resistono, come se -appunto paradossalmente- "stare male li faccia stare bene".
Di fronte a tale paradosso, alcuni modelli interpretativi, commettono l'errore di pensare tale resistenza come la prova che il soggetto non è ancora pronto per cambiare; mentre invece è possibile e necessario utilizzare proprio quella resistenza come energia propulsiva per facilitare il cambiamento -come in tutte le arti marziali dove è pratica comune dei più esperti sfruttare la forza dell'avversario per sconfiggerlo.
Affinché ciò sia accada è però fondamentale capire che tipo di resistenza al cambiamento ostacola il soggetto e utilizzarla a nostro favore attraverso adeguate tecniche, strumenti, strategie che si oppongano alla naturale omeostasi che tenderebbe a lasciare tutto immutato. Se, infatti, come spessissimo capita, un soggetto chiede razionalmente di cambiare, ma emotivamente resiste a tale cambiamento, risulterà impossibile aiutarlo in tale impresa affidandosi al solo potere del convincimento razionale.
Operare in favore del cambiamento significa, invece, stimolare la capacità di resilienza del soggetto, utilizzando appropriate metodologie di intervento che sappiano intervenire adeguatamente sul disagio affinché non si creda o si pretenda, come purtroppo spesso accade, che da un albero di mele possano nascere delle pere.
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Massimo Silvano Galli
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