Dal 2000 ad oggi più di 1100 donne sono state uccise dal proprio partner. Sembra il dato di una guerra e forse lo è. Una guerra tra generi, tra uomini e donne, tra carnefici e vittime. Una guerra nascosta tra le mura domestiche, ritenuta quasi “privata”. Una guerra dimenticata.
La violenza domestica, spesso, si manifesta in modo subdolo. Non sempre si tratta di violenza fisica o almeno, non sempre nasce direttamente come tale, bensì sorge come violenza psicologica, difficile da riconoscere in principio. Una volta entrata nella cosiddetta spirale della violenza, tuttavia, è difficile per la donna uscirne. Ci vuole coraggio, ci vuole determinazione. Ci vuole quella cognizione di sé, quella sicurezza che il maltrattatore tenta in tutti i modi far venire meno in modo da avere il controllo totale, fisico e, ancor prima, psicologico, sulla sua vittima.
Ma vediamo come si articola questa spirale della violenza.
1. Intimidazione: l’uomo fa di tutto perché la partner viva in uno stato costante di paura. Minaccia di lasciarla, di andarsene se lei non lo ascolta, se non si sottomette. Se non ubbidisce. Spesso questa prima fase passa in sordina, confusa con quella che la nostra cultura ci indica come gelosia, partendo da espressioni comunissime, una per tutte: “Se fai questo (i.e. esci con le amiche, ti comporti in un certo modo, etc.) vuol dire che non mi ami”.
2. Isolamento: a seguito delle continue richieste e lamentele del compagno, la donna è spinta a isolarsi dal resto del mondo: si allontana dalla famiglia, dagli amici, dai colleghi di lavoro. In questo modo risulta ancora più in balia dell’uomo, sola se non fosse per lui. In questo modo il maltrattatore acquista maggiore controllo e potere.
3. Svalorizzazione: l’apice della violenza psicologica. I comportamenti dell’uomo sono volti a far nascere nella compagna insicurezza, senso di inadeguatezza e incapacità, che presto portano a una significativa perdita dell’autostima. La vittima, ormai sempre più succube, tende a giustificare quanto le accade.
4. Segregazione: non solo l’uomo allontana la donna da quelli che erano i suoi precedenti contatti (come accade nella fase dell’isolamento), ma la priva anche dei contatti casuali (i commercianti, il medico di base, i vicini di casa), quelli che la portano fuori di casa nella vita di tutti i giorni.
5 e 6. Violenza fisica e violenza sessuale: alla violenza psicologica segue e/o si accompagna la violenza fisica che spesso sfocia nella violenza sessuale e questo accade, si badi, anche nel caso in cui la donna si sente obbligata ad avere rapporti sessuali pur non opponendo evidente resistenza (ad esempio dopo essere stata picchiata).
7. False riappacificazioni: a momenti di violenza si alternano momenti di pentimento. E sono proprio questi momenti, in cui il partner sembra tornare quello di cui si è innamorata tempo prima, a spingere la donna a perdonare, a giustificare, a sperare in un cambiamento perenne. Un cambiamento che non arriva mai.
8. Ricatto sui figli: se le minacce e i maltrattamenti sono quotidiani o tali comunque da scatenare la paura della donna, allora giunge la ribellione. A questo punto l’uomo fa leva sui figli: minaccia di toglierli alla partner qualora non torni ad essere remissiva. A sopportare in silenzio.
Troppe donne sono vittime, a tutt’oggi, della violenza domestica. Una violenza nascosta, si diceva all’inizio, ma non per questo meno pericolosa. Semmai il contrario. E’ la paura a farci dimenticare che esiste. La vergogna. E’ più comodo fare finta di niente, girarsi dall’altra parte, alzare il volume della tv se sentiamo le urla delle nostre vicine di casa al di là del muro del salotto. Per non sentire.
Per fingere che sia solo un’altra leggenda metropolitana.