“La stanza del naturalista” di Pierfrancesco Liguori
2 gennaio 2013 di Vincenzo D'Aurelio
Pier Francesco Liguori, “La stanza del naturalista”, ed. Ananke, Torino 2012
Pier Francesco Liguori (classe 1959) è nella vita un antropologo fisico che si occupa di archeologia e antropologia forensi applicate ai crimini di guerra. Dotato di un’ottima abilità narrativa, nel 2010 ha esordito con il romanzo Il custode delle reliquie (Torino, 2010), ambientato sullo sfondo della magnifica città di Otranto, e oggi, a distanza di quasi due anni, presenta il suo nuovo lavoro dal titolo La stanza del naturalista (Ed. Ananke, Torino 2012): un thriller nel quale si intrecciano storie familiari maledette, scienza, alchimia e storia. L’autore, che ormai da diversi anni vive e lavora a Torino, sceglie la città di Maglie – sua città natale – come luogo narrativo perché, pur essendosi formato accademicamente a Firenze, è in essa che è gemmata la radice della sua formazione culturale e precisamente in quel liceo classico intitolato a Francesca Capece dove Teodoro De Angelis, uno dei tre personaggi principali del racconto, insegna scienze. Sono sempre quei ricordi legati alla giovinezza, agli amici e alla loro comune passione per la scoperta e la ricerca che permettono al Liguori di incarnare nelle figure del monsignore Eugenio Guarnera e dell’archeologo Luca Leonardi personaggi realmente esistiti. Così come nella migliore tradizione del genere storico-fantastico, l’autore integra abilmente elementi storici con elementi fantastici creando una trama verosimile capace di confondere anche i cultori di memorie patrie. Tre personaggi – Guarnera, De Angelis e Leonardi – che per pura curiosità e amore per la scienza si trovano a investigare su di un mistero che ruota attorno alla famiglia Montenero e al loro avo Gregorio Sebastio, scienziato per alcuni e negromante nelle credenze popolari. Cadaveri, bramosia e disperazione si controbilanciano a immagini di quietezza dove protagonista è il vivere quotidiano di una tipica cittadina del Sud in cui gli aspetti folklorici e culturali si incarnano nelle abitudini, negli usi e nella lingua di personaggi come Agatuccia e Ernesto Barretta, rispettivamente governante e amministratore di casa Guarnera, oppure in quello di Ennio Deodato Pascazio, anziano medico in pensione ma ancora fedele al giuramento di Ippocrate.
Ceramica Maglie, piatto in porcellana flow-blue, Collezione privata Cosimo Giannuzzi (ph. C. Caroppo – Maglie, 2011)
Se con i personaggi l’autore riesce a sviluppare dialoghi intensi e intellettivamente tesi, dalle memorie patrie, invece, genera gli indizi e gli spunti dell’indagine. In questo modo il Liguori riesce a porre il lettore davanti a elementi concretamente visibili e accertabili tanto che i suoi personaggi tendono ad assumere caratteri prossimi alla realtà storica. L’autore questa sua abilità la conosce molto bene e perciò, come in una sorta di ipnosi, costantemente trasferisce la narrazione dal piano dell’invenzione a quello della realtà e viceversa accostando a personaggi come il De Angelis figure di illustri salentini come, per esempio, lo studioso salentino Luigi Maggiulli oppure il Giuseppe Gabrieli, bibliotecario dal 1903 della Reale Accademia dei Lincei ma, ancor prima, preside dello stesso liceo magliese (1900-02) dove proprio l’immaginario De Angelis insegna. Numerosissimi sono i richiami storici, quindi, sia che si tratti di personaggi, come il medico Van Heeck (1579-1620), sia che si tratti di titoli di libri, come il Tesoro messicano (1651), ma ancor più pungente è il richiamo alla famosa incisione di una veduta di Maglie eseguita nel 1778 da Louis Jean Despréz (1743-1804), pittore e architetto francese, pubblicata nel Voyage Pittoresque ou description des Royaumes de Naples et de Sicilie (1781) e divenuta immagine distintiva di una fine produzione di ceramiche flow-blue note come “ceramica Maglie”. Questi oggetti che, come scrive il Liguori nel suo libro, sono la passione di collezionisti – e il Sebastio è uno di questi anche se, invero, ne appare ossessionato – sono stati realmente catalogati e studiati da Cosimo Giannuzzi, sociologo e studioso magliese, che ha pubblicato un saggio dal titolo La veduta settecentesca di Maglie nella ceramica (2007) ovvero proprio quel catalogo che i tre investigatori avranno per le mani. Ancora una volta, dunque, il Liguori intreccia finzione e realtà con una tale maestria capace di disorientare il lettore che, a un certo punto, rinuncia di asservire la sua immaginazione alla finzione non riuscendo più a distinguere nella narrazione il limite esistente tra ciò che l’autore inventa e ciò che la storia realmente racconta.
Non è facile dare un giudizio tout court su quest’ottimo lavoro del Liguori ma basterà dire che il romanzo contiene tutto ciò che ci si aspetta da un thriller con l’aggiunta di una straordinaria capacità narrativa che non si esaurisce nel racconto ma lascia il lettore con la curiosità di “andare a vedere in loco ciò che ossessionò Gregorio Sebastio”.