Magazine Cultura
Trovi di tutto: dai pensionati e uomini del quartiere che si fanno il calicetto (i primi ad ogni ora del giorno, i secondi a partire dal tardo pomeriggio), famiglie intere, giovani adolescenti, studenti universitari, ex-ragazzi di fuori (ma ancora fanciulli dentro) che si sbafano il loro meritato panino, in un ambiente caldo, familiare, senza fronzoli. Familiare è anche la gestione del locale, ora affidata dai genitori ad Alessandro, un mio omonimo più o meno coetaneo che condivide con me una sanissima passione inglese: non alludo solo alle birre ma a Slowhand: Eric Clapton. Sono più di 15 anni che frequento la paninoteca ed ogni volta Alessandro, ad una certa ora, spegne la radio e infila nello stereo uno dei cd della sua sterminata raccolta. Sempre ottima musica di tutti i generi, dal rock al blues, dal country al jazz fino anche a del buon pop. Ma non so se è una coincidenza, 9 volte su 10, c'è sempre Manolenta ad accompagnare le mie serate. Ormai ce lo siamo confessati a vicenda da tempo, il nostro amore per il chitarrista inglese. E venerdì è successo di nuovo. Avevo appena terminato di addentare l'ultimo morso del mio gustoso panino quando ascolto delle note a me familiari. Mi bastano poche battute, 2 o 3, riconosco la prima traccia dell'ultimo album dell'inglese: Clapton. Mi alzo, mi affaccio alla cucina e vedo il faccione sorridente di Alessandro che mi guarda e dice: “Te lo go messo apposta per ti!”. E giù una grossa risata insieme! Ci scambiamo alcune battute sul disco, siamo felici di esserci di nuovo trovati su un terreno comune, bello come è la musica. Basta poco a volte per instaurare un feeling fra due persone, non è niente di speciale ma allo stesso tempo è qualcosa di grande: in fondo io non so quasi niente di Alessandro e lui di me, abbiamo parlato solo di Clapton e di musica in tutti questi anni, ma il rapporto è bello proprio per questo. Magari qualcuno potrebbe sorridere di ciò, è la cosa giusta da fare infatti, e ci rido sopra anche io.
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