Per raccontarci questa insolita storia, che ha però degli importanti risvolti scientifici legati alla comprensione di come le stelle di grande massa terminano il loro ciclo evolutivo, abbiamo intervistato Andrea Pastorello, ricercatore dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova, che ha partecipato allo studio su SN 2007sv sottomesso per la pubblicazione alla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Partiamo innanzi tutto dalla prima identificazione di questa sorgente e come avete poi scoperto che non si trattasse di una supernova.
Questo transiente è stato scoperto dall’astrofilo svedese Grzegorz Duszanowicz il 20 dicembre del 2007 e confermato da un altro astrofilo, Tom Boles. A distanza di 4 giorni dalla conferma, con il telescopio Copernico della stazione osservativa INAF di Asiago a Cima Ekar, abbiamo ottenuto dalla sua luce lo spettro di classificazione. Spettro che mostrava caratteristiche assimilabili a quelle di una supernova di tipo IIn. Le supernovae di questo tipo sono oggetti molto interessanti perché le loro peculiarità spettrali derivano dal fatto che il materiale espulso interagisce con quello circumstellare ricco di idrogeno preesistente, quindi perso dal progenitore nelle ultime fasi di vita.
Nelle osservazioni effettuate nei giorni seguenti però non abbiamo osservato, con una certa sorpresa, quelle caratteristiche tipiche del materiale espulso a seguito di un evento di supernova. In particolare, la luminosità intrinseca dell’oggetto era rimasta molto al di sotto di quanto che ci si sarebbe potuto aspettare dall’esplosione di una supernova. Questo comportamento inatteso ci ha fatto pensare che in realtà non stessimo osservando una supernova di tipo IIn ma quello che nel nostro gergo chiamiamo un ‘impostore’ di supernova.
Questi sono degli outburst, quindi degli episodi eruttivi che si osservano in stelle instabili e molto massicce, 50 volte e più quella del Sole, chiamate Luminous Blue Variables (LBV). Un fenomeno simile è stato osservato nella nostra Galassia, nella stella Eta Carinae verso la metà del XIX secolo.
Una volta compreso che questo evento non era in realtà come pensavate, cosa avete fatto?
Anche se inizialmente questo evento era stato erroneamente classificato come esplosione di supernova, noi lo abbiamo considerato di grande interesse perché simili fenomeni sono molto rari: l’eruzione gigante di una Luminous Blue Variable è un evento raro quanto o forse più dell’esplosione di una supernova. Di conseguenza abbiamo iniziato immediatamente una campagna osservativa mirata a seguire l’oggetto in tutta la sua evoluzione. Siamo riusciti a seguirlo per un centinaio di giorni, dopo di che è diventato troppo debole.
Con quali strumenti avete condotto questa campagna osservativa?
Beh, dopo la prima classificazione con il telescopio Copernico, abbiamo seguito questo oggetto al Telescopio Nazionale Galileo e con strumenti messi a disposizione nell’ambito del nostro programma osservativo, tra cui il Nordic Optical Telescope, il telescopio di 2,2 metri di Calar Alto, il William Herschel Telescope, l’Hobby-Eberly Telescope in Texas e il Liverpool Telescope. Abbiamo avuto davvero parecchi strumenti a disposizione che ci hanno permesso di raccogliere molti dati su SN 2007sv.
E quali sono stati i risultati di questa indagine?
Completata la campagna osservativa, Leonardo Tartaglia, un nostro dottorando, ha fatto un grandissimo lavoro sia nell’analisi dei dati, sia anche nella ricerca di variabilità di questa sorgente, prima e dopo l’episodio eruttivo. La ragione di questo tipo di indagine è che si è vista una interessante connessione tra Luminous Blue Variables e la loro possibile – stavolta vera - esplosione come supernovae di tipo IIn. Quello che è già stato verificato dalle osservazioni e che non era previsto dalla teoria, è che alcune di queste LBV prima di esplodere definitivamente mostrano uno o più episodi eruttivi molto brillanti, simili a quello osservato in SN2007 sv.
Dunque quanto accaduto a SN 2007sv potrebbe essere una sorta di ‘canto del cigno’ di questa stella morente?
Sì, questo episodio ci fa ritenere che simili mega eruzioni che si osservano in stelle molto massicce siano una sorta di anticipazione del catastrofico destino finale della stella come supernova. Per questo il monitoraggio di alcuni di questi impostori che il nostro gruppo sta facendo è secondo noi un investimento di inestimabile valore, perché ci aspettiamo, in tempi scala sorprendentemente brevi, la loro esplosione terminale come supernovae. Questo sforzo coinvolge tutti i membri del nostro team che operano a Padova e ad Asiago, e in particolare Leonardo Tartaglia e la nostra post-doctoral fellow (AstroFit) Nancy Elias de la Rosa, i cui progetti sono finalizzati alla caratterizzazione di questi oggetti di grande interesse. All’inizio queste indagini sembravano un’avventura disperata, tenendo conto dei tempi evolutivi di una stella. Tuttavia abbiamo iniziato campagne osservative come quella di un LBV inquieto nella galassia NGC 3432, e soprattutto di quell’impostore denominato SN 2009ip, molto simile a SN 2007sv che, a distanza di tre anni, ha prodotto un outburst così luminoso da farci ritenere che quella stella sia definitivamente esplosa come supernova. Questo tipo di indagini ci farà sicuramente rivedere i modelli teorici che descrivono le fasi terminali dell’evoluzione delle stelle massicce, perché simili fenomeni eruttivi che precedono l’esplosione finale non sono previsti dalle attuali teorie.
Per saperne di più:
- l’articolo Interacting supernovae and supernova impostors. SN 2007sv: the major eruption of a massive star in UGC 5979 di L. Tartaglia, A. Pastorello, S. Taubenberger, E. Cappellaro, J.R. Maund, S. Benetti, T. Boles, F. Bufano, G. Duszanowicz, N. Elias-Rosa, A. Harutyunyan,L. Hermansson, P. Höflich, K. Maguire, H. Navasardyan, S.J. Smartt, F. Taddia, M. Turatto sottomesso per la pubblicazione alla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society
Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani