In" Bastardi senza gloria" Quentin Tarantino sorprende verosimilmente. Deforma la storia vendicando la causa ebrea mediante un incendio esplosivo che provoca la morte del capo e degli obbedienti fautori del regime nazista nella Germania degli anni "30. Un film caratterizzato da componenti splatter tipiche del regista, note grottesche e caricaturali (simpatici i finti siculi), e lascia col fiato sospeso fino alla fine dell'intreccio della trama. Come in "Four rooms" o "Le iene", per non parlare di "Pulp fiction", ogni scena sembra svincolata da tutto il resto per differenti atmosfere e opposte intensità del gioco ricomponendosi pian piano nella sua nitida intelaiatura al termine del film. E, man mano che avanza appaiono sempre più chiari i personaggi che si mostrano nelle loro specifiche peculiarità e bizzarrie. Un argomento serio e doloroso come il regime nazista viene affrontato con lo sguardo "sopra le righe" tipico di Quentin Tarantino che devia il corso della storia offrendo all'ebrea protagonista, il luogo archetipo per i cineasti, ovvero un cinema, come ambiente vendicativo del totalitarismo. Un film capace di generare umori ambivalenti fino a un moto di sussulto emotivo interiore di rivalsa e di riscatto finale. Singolare è la legge del contrappasso ideata dallo sceneggiatore: evocando il marchio impresso agli ebrei, inventa come leit motiv l'incisione a crudo dei simboli del nazismo sulla fronte degli alti aguzzini di regime come memoria personificatrice di una banalità del male che mai potrà essere dimenticata.
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