Ci sono “storie di una fotografia” che vale la pena raccontare, e “storie di fotografi” che si sente il dovere di condividere. E la vita di Erich Salomon, uno dei padri del fotogiornalismo, è una storia assolutamente da raccontare.
La passione per la fotografia nasce in Salomon proprio per caso: assunto da una casa editrice con il compito (ingrato) di gestire la cartellonistica pubblicitaria, non manca di appassionarsi ai nuovi strumenti di “scrittura con la luce” che stanno prendendo sempre più piede. Salomon unisce ad una bruciante passione tutte le sue capacità: è poliglotta,e dunque si insinua poco a poco nell’elite diplomatica dell’epoca, e soprattutto sa esattamente quello che la gente vuol cedere. Nasce così il suo primo colpaccio: con una fotocamera nascosta sotto il cappello e un pulsante di scatto occultato nella tasca della giacca, riuscì a fotografare le fasi finali di un processo che ha appassionato e diviso l’opinione pubblica.Il processo Krantz visto dall’occhio indiscreto di Salomon
La capacità di Salomon di camuffarsi e infiltrarsi nei luoghi più improbabili cresce come cresce esponenzialmente la sua fama: il suo ritratto di Stresemann, scattato nel treno che sta conducendo l’allora ministro degli esteri tedesco ai negoziati del Patto Briand-Kellogg, è considerata la prima paparazzata della storia (e quanta differenza che i teleobiettivi utilizzati per carpire nobili capezzoli nei giorni nostri…). Il segreto, poi, è non accontentarsi: alla firma dello stesso trattato, Salomon è ancora in prima fila, piazzatosi sulla sedia rimasta momentaneamente vuota del delegato polacco. Un po’ come quando si giocava a nascondino e ci si piazzava a due passi dal palo, fingendo di non essere interessati alla questione. Il trucco funzionò perfettamente.Il ministro degli Esteri, tedesco, Gustav Stresemann, fotografato da Erich Salomon nel treno che lo porta a Parigi per il negoziato
La popolarità di Salomon non si limita a questo punto all’ambiente editoriale o al pubblico dei lettori: nel corso di una successiva conferenza, è il ministro degli Esteri francesi a eternare la sua fama, domandando agli altri diplomatici: “Dove è finito Salomon? Qualcuno lo vada a chiamare, o la gente penserà che questa conferenza non aveva alcuna importanza!” Quello che segue è uno dei suoi scatti più noti: vi si legge un sottile clima di complicità fra fotografo e personaggi ritratti, diplomatici che appaiono quasi sollevati dal riconoscere finalmente la presenza del fotografo, e che giocano con lui amabilmente. Lo trovo bellissimo.Aristide Briand indica Salomon e urla: “Eccolo! Il re degli indiscreti!”. Parigi, agosto 1931
E’ decisamente meno bella la fine della storia, perché Salomomn – internato dai nazisti nel campo di concentramento di Auschwitz – saluterà il mondo terreno nel luglio del 1944. Restano i suoi scatti, la sua storia appassionante e il termine “candid camera” con cui un giornale londinese definì le sue foto, e che ancor oggi utilizziamo con una certa frequenza. Alfonso d’Agostino Per approfondire: Erich Salomon in Maestri della fotografia -Romeo Martinez