LA STORIA DI ARLECCHINO
Fra le maschere italiane è certamente la più conosciuta e popolare. Nativo di Bergamo bassa, parla il dialetto bergamasco, ma poi lo muterà in quello veneto, più dolce e aggraziato. Il suo vestito era dapprima tutto bianco, come quello di Pulcinella, suo degno compare. Col tempo, a furia di rattoppi con pezzi di stoffa di ogni genere, è diventato quello che oggi tutti conosciamo: un variopinto abito composto di un corto giubbetto e da un paio di pantaloni attillati. Arlecchino ha un carattere stravagante e scapestrato. Ne combina di tutti i colori, inventa imbrogli e burle a spese dei padroni avidi e taccagni dei quali è a servizio, ma non gliene va bene una. Arlecchino non è uno stupido, magari un po’ ingenuo, talvolta forse un po’ sciocco ma ricco di fantasia e immaginazione. In quanto a lavorare nemmeno a parlarne. Arlecchino è la più simpatica fra tutte le maschere italiane. Ancora oggi, dai palcoscenici dei teatri o nel mezzo di una festa di carnevale, incanta e diverte il pubblico dei bambini e non solo. Sulle origini di questo personaggio e del suo nome si è molto dibattuto, ciò che si sa per certo è che ad un certo momento della storia della commedia dell'arte il personaggio dello Zanni, cioè il servo inurbato, si evolve e diventa, verso la metà del cinquecento, un nuovo personaggio: Arlecchino, che è anche il nome di un demone 'ctonio, infatti, la maschera indossata potrebbe evocare in maniera abbastanza palese il ghigno nero del demonio. Un demone ancora più noto, con un nome che ricorda da vicino quello di Arlecchino, è stato l'Alichino dantesco che appare nell'Inferno come capo di una schiatta diabolica.