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La storia di don Stefano, pusher consapevole

Creato il 21 luglio 2014 da Massimoconsorti @massimoconsorti
La storia di don Stefano, pusher consapevoleI preti, si sa, sono fatti della stessa materia degli uomini e delle donne, carne, sangue, ossa e qualche volta anche lacrime (di queste ultime, in verità, ultimamente non c'è traccia). E anche se dovrebbero avere qualche vincolo in più rispetto ai cosiddetti laici, i preti ci stanno dimostrando che sono uomini, ma uomini più degli uomini peccatori che vanno da loro a confessarsi per liberare l'anima dai peccati. Ora pensate, facciamo che sia un film di John Landis, al parrocchiano che ogni domenica prima della messa, andava a confessarsi da don Stefano Maria Cavalletti. A Stresa, è notorio, bestemmiano come in ogni altra parte d'Italia; qualche vaffanculo scappa e ci può scappare anche un parcheggio in divieto di sosta. Le corna invece sono un affare più complicato e quindi i cattolici, fedeli al loro credo “fallo purché non si sappia”, non sono così propensi a rivelare il peccato, “tanto – dicono – non lo sa nessuno”. Pensate al pensionato che andava ogni domenica a confessarsi da don Stefano Maria Cavalletti e gli diceva contrito: “Don Stefano, ho rubato una mozzarella al supermercato, non avevo un euro e non posso mangiare perché la Asl non mi paga la dentiera. Che faccio, ogni tanto rubo o muoio di fame?” E don Stefano che gli risponde: “Figliolo è peccato... non lo fare mai più... e per penitenza 35 rosari con i misteri dolorosi”. Tutto bene, penitenza secondo le regole e qualche smadonnamento del peccatore che senza denti dovrà sibilare 35 rosari. Se non che il reverendo, secondo le cronache, è un reverendo di mondo pur non avendo fatto il seminario a Cuneo, e lo beccano in un appartamento mentre spaccia e consuma droga, cocaina, mica uno spino da morti da fame, white suffle a gogò che, come in un film, tenta in tutti i modi di gettare nel water senza riuscirci mentre, in un momento di disperazione totale cerca di strappare il passaporto dove c'è la sua foto in abito clericale. Finora le cronache giudiziarie hanno parlato di preti mafiosi, camorristi, pedofili, truffatori, collusi con i ricattatori e i corrotti, a volte “ambasciatori” di reclusi con tanto di pizzini in tasca, ma un prete che spacciasse coca non era ancora mai stato beccato con le dita nella marmellata e una banconota da cinquanta euro arrotolata nel naso. E non ci si venga a raccontare la storia che i preti non sono tutti uguali, che ci sono gli eroi e i vigliacchi, perché gli eroi fanno solo il loro mestiere, gli altri sono solo uomini, purtroppo.

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