“Sopra la porta che dava sulla strada fu sistemata una grande insegna nera, sulla quale era scritto a lettere d’oro: G. & L. Lorimer: Studio fotografico”.
La storia di una bottega di Amy Levy è un romanzo tradotto ed edito dalla Jo March Agenzia Letteraria.
Gertrude, Lucy, Phyllis e Fanny Lorimer, sono quattro giovani sorelle in lotta per la propria indipendenza nella Londra di fine Ottocento. Trovandosi improvvisamente orfane, dopo la morte del padre, le quattro protagoniste della vicenda rifiutano di separarsi per evitare una sorte che altrimenti le vedrà assoggettate alla protezione di parenti e obbligate all’ospitalità di amici. Così, convinte che l’unione faccia la forza e con una ferrea volontà di riuscire, si rimboccano le maniche e lasciano la casa paterna per sistemarsi al numero 20 B di Upper Baker Street, un appartamento dove, in alcuni locali, grazie all’aiuto di un amico di famiglia, aprono uno studio fotografico. La fotografia è infatti la passione che le accomuna. Tra mille difficoltà, economiche e pratiche e altrettanti sacrifici, la forza della loro operosità le porta a farsi un nome. Le Lorimer entrano in contatto con una cerchia di artisti. Tra mostre e gallerie d’arte, ritratti e stampe, la moderna fotografia del tempo assicura pian piano, a queste quattro coraggiose ragazze, il loro posticino in società, anche se la vita non tarda, con i suoi imprevisti, a dividere i loro percorsi, spesso nel modo peggiore.
Fanny, la maggiore e la più debole delle quattro, sposa - prima che il suo timore di essere etichettata per sempre come zitella diventi realtà - un vecchio amore perduto, lasciando così le sorelle minori; Gertrude, è invece la sorella con la testa sulle spalle, una donna forte ma anche la più disillusa, colei che porta avanti lo studio fotografico di famiglia come una vera leader e si carica sulle spalle buona parte delle responsabilità, fin quasi a rinunciare alla propria felicità. La dolce e tenera Lucy invece, nutre un genuino sentimento d’amore per Frank Germyn: pittore che è solita fissare dalla loro finestra, che diventa buon amico di famiglia e che ricambia il suo sentimento; ma la loro felicità non è così scontata, una dura prova li attende. Infine la piccola Phyllis, la bellissima, angelica, sognatrice e viziata sorellina minore per la quale un amaro destino porta tristezza e sgomento nella vita delle sorelle.Amy Levy traccia un quadro di rivendicazione e indipendenza femminile in una società restrittiva per la donna dell’epoca e lo fa attraverso quattro donne e un’impresa fotografica che, alla fine, rimarrà soltanto a due di loro, alle due sopravvissute ai cliché dell’epoca, alle intemperie della vita, grazie alla fermezza del loro cuore di donna.
Personalmente ritengo l’idea alla base originale e di contenuto, ma la narrazione spesso mi è risultata lenta. Avrei voluto divorare questo romanzo in pochi giorni e invece mi sono ritrovata a procedere con una certa lentezza, forse per i cambi repentini in alcuni passaggi che non mi hanno fatta assaporare la storia nel suo insieme. Ho avuto come l’impressione che le emozioni andassero scovate all’interno del testo, come se si nascondessero tra le righe, senza mai essere dirette. Forse mi aspettavo un “Piccole Donne” europeo, una nuova Jo March nella figura di Gertrude, ma così non è stato. La concretezza e la genuinità del romanzo però insegnano quanto è stata e quanto è dura la realizzazione per le donne, al di là del ruolo, talvolta di comodo, di essere moglie e madre.
Il libro è molto bello da maneggiare, curatissimo e la copertina assolutamente meravigliosa. Un romanzo consigliato a chi ama storie che narrano spaccati di vita in tutta la loro crudezza, fatica e speranza. Antonella Iuliano
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