di Pietro Bondanini. Quanto dura un fatto di cronaca? Tempo fa, a questa domanda rispondevo: Solo e non più degli attimi che si succedono in tutta la durata del fatto: quindi, la cronaca è cosa viva. Qui rilevo un cambiamento epocale: oggi, un fatto di cronaca rimane scritto per sempre! Del giornale nessuno ne ha mai conservato la copia, ad eccezione la direzione del giornale che lo inserisce nella sua collezione col rischio di passare al macero in caso di chiusura. Di quanto invece pervenga ai siti, via internet, rimane traccia e documentazione per una durata illimitata distribuita casualmente in miriadi di cartelle.
La cronaca nel passato?
All’epoca, continuavo col dire che nel passato la notizia dura quanto basta per essere compresa come scritta nell’agenda.
Scrivevo:
Rovistando in qualche vecchia scatola succede di trovare un ritaglio di giornale che avvolge un oggetto riposto qualche anno prima. Vi si leggono fatti allora giudicati importantissimi caduti nel dimenticatoio ed altri, insignificanti, divenuti avvenimenti storici; ma leggere oggi il giornale di allora ci fa solo sorridere: è come si vedesse una realtà deformata nella quale non ci si ritrova più.
Oggi non ci sono più scatole in cui rovistare. La soffitta è diventata il superattico e il giornale del giorno prima va a finire nel cassonetto della carta. Oggi non è più necessario cercare nel vecchiume. Internet funge alla bisogna: si tratta solo di possedere la cultura necessaria per valutare in modo appropriato e con senso critico immagini e testi del giornale on line!
I fatti che cercavo sul giornale, ora li trovo su Wikipedia l’enciclopedia libera con oltre dieci milioni di voci, e vedo scorrere la mia stessa vita con il carico di fatti ed emozioni che, tuttavia, per assumere la dimensione di evento, devono uscire dalla cronaca del passato perché l’ancora possa gettarsi sui altri fatti antecedenti o successivi, sino ad arrivare al presente. La routine che si ripete di giorno in giorno sino a quando un avvenimento davvero importante accade: un avvenimento che colpisce me, i miei conoscenti, la comunità d’appartenenza ed anche l’umanità intera.
Ecco un’ancora alla quale la memoria di tutti s’aggrappa e dalla quale nasce un processo di elaborazione degli antefatti che l’hanno preceduto.
Il processo dura sino a ritrovare l’evento originario da dove il succedersi di quelli trascorsi, dimenticati o ritenuti insignificanti sino ieri, prendono forma e dimensione nella memoria sino saldarsi come percorso di storia che inizia dal mito.
Se, come ho detto sopra, il succedersi degli eventi, dimenticati o ritenuti insignificanti sino ieri, prendono forma e dimensione nella memoria sino saldarsi col presente, vuol dire assumere coscienza del proprio essere per proiettarlo nel futuro: ciò vuol dire prendere coscienza della necessità di conformare il proprio progetto alle tendenze originarie, abbandonando le deviazioni che si sono trasformate in vie senza uscita.
Benedetto Croce, in “Logica come scienza del concetto puro”[1], sostiene che:
(…) “una proposizione filosofica o definizione o sistema (…) nasce nella mente di un determinato individuo, in un determinato punto del tempo e dello spazio, e tra condizioni determinate; ed è perciò, sempre, storicamente condizionata.” (…)
Sin qui mi trova concorde perché al problema di conoscere le emergenze future occorre ripercorrere gli eventi del passato. Continua con lo scrivere
(…) Senza le condizioni storiche, che pongono la domanda, il sistema non sarebbe quello che è. La filosofia kantiana non si poteva avere al tempo di Pericle, perché presuppone, per non dir altro, la scienza esatta della natura, svoltasi dal Rinascimento in poi, come questa le scoperte geografiche, l’industria, la civiltà capitalistica o borghese, e via discorrendo: e presuppone ancora lo scetticismo di Davide Hume, il quale a sua volta presuppone il deismo dei principi del secolo decimottavo, che, a sua volta, rimanda alle lotte religiose d’Inghilterra e d’Europa tutta nei secoli decimosesto e decimosettimo, e via discorrendo. D’altra parte, se Emanuele Kant rivivesse ai tempi nostri, non potrebbe scrivere la Critica della ragion pura senza modificazioni tanto profonde da farne non solo un libro, ma una filosofia affatto nuova, sebbene comprendente in sé la sua vecchia filosofia. (…)
Anche qui sono d’accordo, ma già ci sono indizi che portano il suo ragionamento verso una direzione insoddisfacente. E, infatti continua con lo scrivere:
(…) Del resto, il Kant rivive veramente ai tempi nostri, mutato nome (e che cosa è l’individualità contrassegnata dal nome se non un accozzo di sillabe?); ed è il filosofo del tempo nostro, in cui si continua quel pensiero filosofico che un tempo prese, tra gli altri, il nome scoto-tedesco di «Kant». (…)
… e, ai tempi nostri Kant non rivivrebbe davvero, a meno che volesse dar corpo ad un rimaneggiamento completo di ciò che ha scritto.
Tanto Croce, che Kant, come tanti altri filosofi moderni, usano la filosofia nella ricerca della Verità[2] e la Verità nella storia è il Divenire della natura. Io, all’opposto, propongo di non cercare la ricerca della Verità, e di osservare la storia nella natura per avere contezza del mio essere al presente. Non esiste una ragion pura ed una ragion pratica che per esse bisogna inventare il noumeno e formulare una critica del giudizio!
Oggi, basta vivere e ritrovare la “Verità in Dio”, partendo da “me stesso”!
Fine della prima parte.
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[1] Laterza, Bari 1971, pp. 184-193.
[2] La domanda principe della scienza riguarda cosa sia la verità. La scienza cerca la verità? No, non trova la verità perché la verità non esiste in ciò che appare. La scienza non dice mai ciò che è bianco e cosa è nero. Scopre solo il grigio in una sempre maggior gamma di gradazioni.
Featured image, un fatto di cronaca politica che ha fatto epoca: lo scandalo Watergate. Nella foto di Oliver F. Atkins si vede Nixon mentre lascia la Casa Bianca subito dopo le sue dimissioni del 9 agosto 1974.