La strada – Cormac McCarthy

Creato il 08 novembre 2012 da Maxscorda @MaxScorda

8 novembre 2012 Lascia un commento

Ai premi si puo’ credere o non credere ma col Pulitzer nel bene o nel male i conti vanno fatti, soprattutto quando e’ assegnato ad un romanzo che affida l’ambientazione ad un mondo post apocalittico, sorprendente laddove storicamente la fantascienza e’ considerata la figlia infelice della letteratura.
Se il minimalismo ricostruisce ambienti e situazioni con l’arte della sintesi, tramite l’uso accorto di denominatori comuni che univocamente legano le immagini coi vocaboli, McCarthy va oltre costruendo attraverso la sua tecnica quelle stesse situazioni partendo non dal quadro generale ma col dettaglio di pochi elementi straordinariamente particolareggiati, punti attorno ai quali ridefinire l’insieme, sorta di interpolazione mentale che lascia spazio alla visione interiore di definire gli esatti termini del racconto, liberi nel contempo di una visione tutta personale.
Altro espediente di straordinaria efficacia e’ la frammentazione del testo in piccoli paragrafi, riproduzione del meccanismo mnemonico nel quale pochi istanti conservati nei ricordi, tracciano la curva del giorno appena trascorso, tecnica questa che avvicina la scrittura al lettore rendendolo testimone degli accadimenti, osservatore cosmico, quasi divino che da vicino osserva cio’ che accade, leggendo nel contempo l’anima dei protagonisti.
Ancora una volta la scrittura agevola il processo rendendo tutto descrizione, pensieri, dialoghi e osservazioni, riproduzione interiore di chi vede e ripete a se stesso cio’ che sta osservando.
Questa e’ la forza de "La strada", la grandezza del testo: la suggestione che quanto si legge stia accadendo ora davanti ai nostri occhi e quelle parole non siano suggerite da altri che non la nostra mente.
L’immedesimazione e’ totale, spaventosa, dolorosa e le emozioni esplodono in un mondo ormai confuso tra fantasia e realta’ alla quale e’ impossibile opporre resistenza, consapevoli che McCarthy ha inventato la piu’ formidabile macchina da cinema tridimensionale della storia, proiettando il film attraverso la fantasia.
A questo proposito devo anche dire che il film di John Hillcoat acquista una grandezza ancora maggiore dopo la lettura del romanzo proprio per essere riuscito a spostare la prospettiva dalla prima alla terza persona lasciando inalterata l’angoscia del racconto e riproducendo l’esatta atmosfera vivida nei ricordi, desaturata nel presente, cosi’ bene evocata nel testo. Si potrebbero confrontante i due finali, simili ma profondamente diversi e chissa’ se si trovera’ l’occasione.
Testo esente da difetti? Potrebbe essere ma e’ importante leggerlo per riprendere contatto col silenzio, con la paura, con la morte e uscire dalla troppa luce dentro la quale ci nascondiamo.


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