La strada è un romanzo post apocalittico di Cormac McCarthy, autore di cui desideravo leggere qualcosa da diverso tempo, così quando scoprii che fra i suoi lavori era presente un romanzo di fantascienza me lo sono procurato.
La storia di La strada è molto cupa e angosciante, e per certi versi mi ha ricordato Io sono leggenda di Matheson, per altri - stilistici soprattutto - qualcosa di Hemingway.
Lo scenario inquietante e desolato contrasta con l'intimo rapporto fra l'uomo e il figlio, e la loro marcia verso sud alla ricerca di cibo e riparo è sempre molto coinvolgente.
Citazioni da La strada
Pagina 7
Ricordati che le cose che ti entrano in testa poi ci restano per sempre, gli disse. Forse dovresti rifletterci. Però certe cose uno se le dimentica, no? Sì. Ci dimentichiamo le cose che vorremmo ricordare e ricordiamo quelle che vorremmo dimenticare.
Pagina 9
Nevica, disse il bambino. Guardò il cielo. Un unico fiocco grigio che planava leggero. Lo prese in mano e lo guardò disfarsi come se fosse l'ultimo esercito della cristianità.
Pagina 11
diceva che i sogni giusti per un uomo in pericolo erano sogni di pericolo, e tutto il resto era il richiamo languido della morte.
Pagina 13
Quanto colore invece nei sogni. In che altro modo poteva chiamarti a sé la morte? Poi ti svegliavi in un'alba fredda e tutto si riduceva immediatamente in cenere.
Pagina 15
Mai è un sacco di tempo.
Pagina 16
Guardò il bambino. Vuoi aspettarmi qua? No. Dici sempre così. Mi dispiace. Lo so. Ma lo dici sempre.
Pagina 17
Io dormivo qui. In un lettino contro questa parete. Migliaia di notti a sognare i sogni della fantasia di un bambino, mondi di volta in volta generosi o terrificanti ma mai il mondo che sarebbe stato davvero.
Pagina 18
L'ultimo esemplare di una data cosa si porta con sé la categoria.
Pagina 20
che differenza c'è fra ciò che non sarà mai e ciò che non è mai stato?
Pagina 22
Non ti preoccupare, ripeté l'uomo. Prima o poi tutti gli alberi del mondo cadranno. Ma non addosso a noi.
Pagina 41
Aveva una barba quadrata che era stata mozzata via con le forbici e la figura di un uccello tatuata sul collo, opera di qualcuno che degli uccelli aveva un'idea molto approssimativa.
Pagina 44
quella luce avara che chiamavano giorno
Pagina 56
Arrivati a un incrocio si sedettero nella penombra del crepuscolo, l'uomo stese a terra i pezzi della cartina e li studiò. Ci puntò sopra il dito. Questi siamo noi, disse. Siamo esattamente qui. Il bambino si ostinava a non guardare. L'uomo continuò a studiare l'intricata matrice di strade in rosso e nero, tenendo il dito sull'incrocio dove gli sembrava che potessero trovarsi. Come se lì accucciate vedesse le loro due figure in miniatura.
Pagina 57
Quel cane era un intreccio di ossa con la pelle stesa sopra.
Pagina 58
Cercò di pensare a qualcosa da dire ma non gli venne in mente nulla. Aveva già provato quella sensazione, qualcosa che andava oltre l'intorpidimento e la disperazione sorda. Il mondo che si riduceva a un nocciolo nudo di entità analizzabili. I nomi delle cose che seguivano lentamente le cose stesse nell'oblio. I colori. I nomi degli uccelli. Le cose da mangiare. E infine i nomi di ciò in cui uno credeva. Più fragili di quanto avesse mai pensato. Quanto di tutto questo era già scomparso?
Pagina 75
Rimasero a terra, in ascolto. Ce la farai? Quando sarà il momento? Quando sarà il momento non ci sarà tempo. È questo il momento. Bestemmia Dio e muori. E se si inceppa? Non può incepparsi. Ma se si inceppa? Saresti capace di fracassare quel cranio adorato con un sasso? C'è un essere simile, dentro di te? Di cui tu non sai nulla? Ci può essere? Tienilo stretto. Ecco, così. L'anima è un soffio. Abbraccialo. Bacialo. Svelto.
Pagina 85
Quello che riusciva a sopportare di giorno di notte diventava insopportabile, e rimase sveglio per paura che l'incubo si ripresentasse.
Pagina 86
Usci fuori nella luce livida, rimase lì in piedi e per un attimo vide l'assoluta verità del mondo. Il moto gelido e spietato della terra morta senza testamento. L'oscurità implacabile. I cani del sole nella loro corsa cieca. Il vuoto nero e schiacciante dell'universo. E da qualche parte due animali braccati che tremavano come volpacchiotti nella tana. Un tempo e un mondo presi in prestito e occhi presi in prestito con cui piangerli.
Pagina 95
Si era preparato a morire e ora che non sarebbe più morto ci doveva riflettere su.
Pagina 101
Non poteva ricostruire il mondo perduto per compiacerlo senza trasmettergli anche il dolore della perdita
Pagina 101
una parte di lui rimpiangeva di aver trovato quel rifugio. Una parte di lui continuava a desiderare la fine.
Pagina 107
anche rispetto agli standard del nuovo mondo puzzava da morire
Pagina 107
Non siamo ladri. Il viandante protese un orecchio. Come?, gridò. Ho detto che non siamo ladri. E allora cosa siete? Non c'era modo di rispondere alla domanda.
Pagina 112
La gente si preparava sempre al domani. A me sembrava assurdo. Il domani non si stava certo preparando per loro. Non sapeva neppure che esistessero.
Pagina 113
Non c'è nessun Dio e noi siamo i suoi profeti.
Pagina 115
Dove gli uomini non riescono a vivere gli dèi non se la cavano certo meglio.
Pagina 186
quando l'uomo si stese a terra capì che non si sarebbe più rialzato e che quello era il posto dove sarebbe morto.
Pagina 188
Ma chi lo troverà se si è perso? Chi lo troverà, quel bambino? Lo troverà la bontà. È sempre stato così. E lo sarà ancora.
Pagina 192
Nelle terre dove vivevano ogni cosa era più antica dell'uomo, e vibrava di mistero.
La strada: giudizio finale
Verso la fine m'ha fatto storcere un po' il naso l'ennesima ripetizione dello schema fisso dell'uomo che vuole allontanarsi da solo e del bambino che cerca rassicurazioni: questi dialoghi sempre identici - per quanto vivi e caratterizzanti - alla lunga mi hanno scocciato (l'ho già detto che sono sempre identici?), per questo motivo nella mia classificazione priva di criterio La strada di Cormac McCarthy non riesce ad andare oltre alle sei confezioni di tonno in scatola.