In realtà il Paese appare oggi profondamente diviso (ripeto: sia a sinistra, sia a destra) sulla strada da percorrere. Questa divisione appare più chiaramente (e drammaticamente) a sinistra, poiché quest'ultima, da un lato, possiede una ricchezza di tradizioni e di posizioni politico-culturali che la destra non ha, e dall'altro lato perché la sinistra deve compiere uno sforzo doloroso di revisione del proprio passato. Ma per diversi settori della sinistra (i settori innovatori) è ormai chiaro che il problema fondamentale del Paese è quello della crescita economica, la quale è ferma da 15/20 anni: una stagnazione che non ha un corrispettivo (lo ha ricordato su questo giornale Lucrezia Reichlin) non solo nell'esperienza di Francia e Germania, ma nemmeno in quella dei Paesi più poveri della periferia europea. Senza crescita economica, i ceti più deboli sono destinati a subire danni sempre più gravi, e le disuguaglianze sociali, da noi già così stridenti, sono destinate non a ridursi, bensì ad aggravarsi. «Se le dimensioni della torta non crescono - hanno scritto due esponenti della sinistra innovatrice, Enrico Morando e Giorgio Tonini nel loro libro su L'Italia dei democratici - non basteranno la buona volontà e l'amore di giustizia di chi taglia le fette a fare la felicità dei commensali: le potenzialità delle politiche redistributive - che il governo dei democratici certamente adotterebbe - incontrano un limite insormontabile nella dimensione del prodotto». Di qui i formidabili problemi che stanno di fronte a una sinistra moderna. Occorre rimuovere gli ostacoli che frenano la produttività del lavoro (l'aumento dei salari, ricordano Morando e Tonini, non può venire da un ulteriore, impossibile aumento della spesa pubblica, ma solo da un aumento della produttività: a tal fine sono necessarie però riforme nella normativa che regola il lavoro). Occorre infrangere i veti di gruppi privilegiati e di corporazioni avvinghiati alle loro posizione di rendita. E occorre ridurre l'eccessivo premio che, in Italia, va oggi all'anzianità: nella scuola, nella giustizia, nella pubblica amministrazione, si progredisce nella carriera non per meriti, ma per anzianità. Questo criterio antimeritocratico, che blocca gravemente la mobilità sociale, ha dato vita a una società chiusa e corporativa come la nostra, sulla quale grava una maledizione tremenda: essa non garantisce più un futuro ai propri giovani, molti dei quali, fra i migliori, devono andare raminghi in altri Paesi, dove la preparazione culturale e scientifica e la serietà professionale valgono ancora qualcosa.
La strada delle riforme pur nella diversità
Creato il 08 gennaio 2013 da Leone_antonino @AntoniLeoneIn realtà il Paese appare oggi profondamente diviso (ripeto: sia a sinistra, sia a destra) sulla strada da percorrere. Questa divisione appare più chiaramente (e drammaticamente) a sinistra, poiché quest'ultima, da un lato, possiede una ricchezza di tradizioni e di posizioni politico-culturali che la destra non ha, e dall'altro lato perché la sinistra deve compiere uno sforzo doloroso di revisione del proprio passato. Ma per diversi settori della sinistra (i settori innovatori) è ormai chiaro che il problema fondamentale del Paese è quello della crescita economica, la quale è ferma da 15/20 anni: una stagnazione che non ha un corrispettivo (lo ha ricordato su questo giornale Lucrezia Reichlin) non solo nell'esperienza di Francia e Germania, ma nemmeno in quella dei Paesi più poveri della periferia europea. Senza crescita economica, i ceti più deboli sono destinati a subire danni sempre più gravi, e le disuguaglianze sociali, da noi già così stridenti, sono destinate non a ridursi, bensì ad aggravarsi. «Se le dimensioni della torta non crescono - hanno scritto due esponenti della sinistra innovatrice, Enrico Morando e Giorgio Tonini nel loro libro su L'Italia dei democratici - non basteranno la buona volontà e l'amore di giustizia di chi taglia le fette a fare la felicità dei commensali: le potenzialità delle politiche redistributive - che il governo dei democratici certamente adotterebbe - incontrano un limite insormontabile nella dimensione del prodotto». Di qui i formidabili problemi che stanno di fronte a una sinistra moderna. Occorre rimuovere gli ostacoli che frenano la produttività del lavoro (l'aumento dei salari, ricordano Morando e Tonini, non può venire da un ulteriore, impossibile aumento della spesa pubblica, ma solo da un aumento della produttività: a tal fine sono necessarie però riforme nella normativa che regola il lavoro). Occorre infrangere i veti di gruppi privilegiati e di corporazioni avvinghiati alle loro posizione di rendita. E occorre ridurre l'eccessivo premio che, in Italia, va oggi all'anzianità: nella scuola, nella giustizia, nella pubblica amministrazione, si progredisce nella carriera non per meriti, ma per anzianità. Questo criterio antimeritocratico, che blocca gravemente la mobilità sociale, ha dato vita a una società chiusa e corporativa come la nostra, sulla quale grava una maledizione tremenda: essa non garantisce più un futuro ai propri giovani, molti dei quali, fra i migliori, devono andare raminghi in altri Paesi, dove la preparazione culturale e scientifica e la serietà professionale valgono ancora qualcosa.
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