La strada giusta…

Da Lupussinefabula

Fine anno. Ultima ora di lezione in una classe. Dico arrivederci a un alunno, convinta e consapevole che non ha capito niente né di quel che gli volevo comunicare né  della vita.

Per la parteche riguarda quanto volevo comunicargli, poco male: le mie parole non sono evangelo, ma sicuramente lui non si è accorto di aver perso qualcosa che avrebbe potuto farlo riflettere se non renderlo addirittura più uomo. Per la parte che riguarda la vita, egualmente poco male: ha ancora moltissimo tempo davanti a sè, di occasioni ne avrà ancora tante per crescere, mi auguro che le sappia davvero cogliere.

English: Dante Alighieri’s portrait by Sandro Botticelli. Tempera 54,7 x 47,5 cm. (Photo credit: Wikipedia)

C’è una parte del mio cuore in grande apprensione per lui, perchè per tutto l’anno ho provato ad ascoltarlo e lui, per tutto l’anno, di fronte all’ennesimo insuccesso si ostinava a definirsi ‘molle’.

E’ una mollezza simile all’accidia, quella che lo assale, una mollezza di cui nessuno, nemmeno i miei colleghi, è riuscito a penetrare la dura scorza nonostante l’interesse, le possibilità di dialogo, le occasioni di ascolto… tant’è che spesso ci siamo ritrovati a chiederci, noi insegnanti, se davvero tutta questa apatia non fosse altro che una scusa per non studiare. Non siamo stati in grado di darci una risposta, nel timore che, davvero, questa accidia lo stesse soffocando.

Nei giorni scorsi , improvvisamente, mentre preparavo una delle ultime lezioni sulla Divina Commedia, non so come, mi sono trovata di fronte ad una risposta inaspettata da dare a L. (e anche a me stessa!).

Dante, nel suo percorso attraverso le profondità dell’Inferno, si distacca gradualmente dal peccato allontanandosi dalla selva, ma questo allontanamento progressivo non è casuale; Dante può allontanarsi dalla selva del peccato nel momento in cui ‘guarda in volto’ il proprio peccato nelle figure dei dannati, nel momento in cui guarda in faccia il proprio peccato e lo riconosce, come se i dannati non fossero altro che uno specchio del volto di Dante stesso.

Senza perdermi in ulteriori meandri danteschi, prima che questo post diventi esso stesso una selva (incompiuta!), ciò che è diventato palese dopo mesi in cui brancolavo nel buio, è stato questo: L., l’alunno ‘molle’, non riesce ad uscire dalla sua accidiosa mollezza perchè non dà un nome al suo ‘peccato’, alla sua mollezza. E se non conosco il mio nemico non posso combatterlo.

Così stamani, salutandolo, gli ho raccomandato di ‘curare’ questa mollezza per ripartire con più grinta il prossimo anno, indipendentemente dalla bocciatura o dalla promozione; e nel far questo gli ho spiegato questo insegnamento dantesco (dato che proprio quest’anno con la classe di L. abbiamo letto l’Inferno). Lui un po’ ha sorriso (forse avrà pensato che sono proprio fissata con Dante!) e allora lo ho invitato con maggiore fermezza: ‘Non sto scherzando, trova un nome alla tua mollezza, cerca di capire cosa è la tua mollezza; trova il nucleo del problema, trovane la causa e solo allora potrai risolverla, con volontà e impegno’.

Ora che sono ritornata a casa e sto scrivendo questo diario, ricomincia a prevalere in me l’idea del prof di Inglese: ‘Forse questo si sta inventando qualche problema psicologico immaginario per gabbarci e convincerci che sta soffrendo e che per la sua sofferenza si merita di ‘essere portato’ alla sufficienza’.

Sarà o non sarà? Il prof di Inglese è un’ottima persona, e se è arrivato a pensare questo, può darsi che abbia ragione.

Forse a volte li ascoltiamo tanto, forse troppo, i nostri adolescenti (e non parlo solo di noi professori!) e non consentiamo loro di fare la cosa più giusta che ci sarebbe da fare: ammettere le proprie insufficienze e ‘piegare la schiena’. Abbiamo un volto troppo molle di madre, quando invece dovremmo avere l’aspetto più normativo di padri.

Chissà la strada giusta qual è… forse nemmeno il tempo ce lo dirà; forse una strada giusta, in fondo, non esiste. Questo fa parte dell’humanitas, che non è scienza esatta ma è solo qualcosa di inestricabilmente più complesso.



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