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La strage degli innocenti e il potente paranoico: Elias Canetti

Creato il 25 febbraio 2011 da Bruno Corino @CorinoBruno

La strage degli innocenti e il potente paranoico: Elias Canetti
In Massa e potere, Canetti ha dato una definizione geniale del concetto di potere. Quando accadono degli eventi drammatici, s’invoca sempre l’imprevedibilità. Eppure, se si leggesse con maggiore attenzione quanto Canetti ha scritto quarant’anni fa, tanti fatti diventerebbero non solo prevedibili, ma persino banali nella loro concatenazione logica. Per Canetti, il potere è sopravvivenza. Potere e sopravvivenza sono, per Canetti, due modi diversi per dire la stessa cosa. Il potere c’è, perché c’è la sopravvivenza: significa che abbiamo visto la morte e abbiamo avuto la meglio noi. Non c’è sopravvivenza se non c’è rischio di morte. Ma Canetti distingue due gradi di sopravvivenza: il primo grado è quello dell’eroe, e pensa essenzialmente al guerriero. Il secondo, è quella del potente paranoico. Canetti non ha una visione positiva dell’eroe, per lui è un assassino, uno che vive per ammazzare, ma è un assassino che ammazza legalmente. Perciò le masse si dimostrano entusiaste per lo scoppio della guerra: questo avviene perché la guerra è autorizza legalmente ad uccidere. Noi pensiamo di difendere il bene contro il male, quelli che uccidiamo sono i cattivi, mentre noi siamo i buoni; quindi la guerra non è una malvagità, non è il piacere dell’essere cattivi. Nel soldato, uccidere è il modo più radicale per liberarsi dalla morte, non lo fa per sadismo o per piacere. La guerra suscita entusiasmo fino a quando si vince, se si perde si ha il senso della disfatta, della non sopravvivenza. E allora è facile che dalla massa aizzata si passi alla massa in fuga. Quindi la guerra, fino a quando le cose vanno bene suscita entusiasmo, perché offre la preziosa occasione della sopravvivenza, cioè l’esperienza del potere.
Il potente perfetto, per Canetti, è il potente paranoico; che differenza c’è rispetto al caso dell’eroe? L’eroe vuole sopravvivere, sfidando personalmente il rischio di morire, cerca e accetta il rischio di morire; è pur sempre un assassino, ma coraggioso, in qualche modo leale, perché accetta che gli altri lo possano uccidere: c’è un duello fra lui e la morte. Diverso è il comportamento che il paranoico potente ha di fronte alla morte: di fronte alla morte, della quale ha un terrore ossessivo, il potente paranoico fugge, si nasconde: ma questo non fa che accrescere la sua angoscia, perché egli vede la morte ovunque. Il potente paranoico (la paranoia è essenzialmente il complesso di persecuzione) vede il pericolo dovunque e in chiunque lo circondi: tutti sono nemici, tutti vogliono fargli del male. Se tutti sono nemici, egli si sente autorizzato ad ammazzare chiunque: è questo il ragionamento inconsapevole del potente paranoico. C’è un principio fondamentale in questo ragionamento: se gli altri uomini muoiono io soltanto sopravvivo. La morte degli altri gli dà la certezza della sopravvivenza. Più il potente paranoico uccide, meno corre il rischio di essere ucciso, di avere dei nemici, per cui questo comportamento di fuga è paradossale: più cerca di scappare dalla morte, più se la trova davanti; quindi si fugge, paradossalmente, dalla morte andando verso la morte e seminando la morte intorno. Questo avviene quando il potente paranoico si trova nella condizione di disporre dello strumento del comando, però il potente, in quanto tale, è già tutto nella sua paranoia; sarebbe un potente anche se non avesse la possibilità di comandare. Normalmente noi riconosciamo la figura del potente paranoico in colui che, effettivamente, dispone dello strumento del comando, che ha la possibilità di ordinare la morte di altri, e di essere obbedito in questo. La figura del potente paranoico è uguale sempre e dappertutto, possono cambiare i pretesti in base a cui uccidere, ma non cambierà la ragione fondamentale del perché lui uccide e fa uccidere: la sopravvivenza.


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