La strategia d’impiego della marina militare italiana

Creato il 18 ottobre 2013 da Eurasia @eurasiarivista
Italia :::: Giovanni Caprara :::: 18 ottobre, 2013 ::::  


L’operazione Mare Nostrum rappresenta l’ultimo intervento, in ordine di tempo, della Marina Militare Italiana. Sono cinque le unità di altura coinvolte nella missione, oltre all’appoggio aereo con elicotteri, velivoli Piaggio, i Breguet Atlantic ed i droni. In ordine economico, l’impegno è abbastanza gravoso, e la cifre sono oggetto di contendere fra la stampa specializzata, come il Sole 24 ore, ed i dati resi dal Ministero della Difesa, dove la differenza oscilla dai quattro ai dieci milioni al mese. Il punto di partenza per calcolare l’importo, lo si potrebbe desumere dal costo giornaliero della fregata Maestrale, impiegata in Mare Nostrum, che sembra si avvicini ai 60.000 euro.

L’operazione dovrebbe svolgersi congiuntamente con il sistema di pattugliamento europeo Frontex e con quello di rilevamento dell’Unione Europea Eurosur, ma il primo non ha unità nel canale di Sicilia ed il secondo sarà pienamente operativo solo a dicembre. Il Ministro della Difesa Mario Mauro ha definito questa iniziativa come un rafforzamento del dispositivo di sorveglianza e soccorso in alto mare, ma l’invio di due fregate, con capacità antiaree ed antisommergibile, lascia trasparire un impiego diverso della flotta italiana, la quale con tutta probabilità sarà chiamata ad operazioni militari, forse congiuntamente con la marina libica.

Di fatto, la collaborazione fra i paesi che si affacciano sul Mediterraneo torna ad essere oggetto di approfondimento. La tecnologia industriale europea della difesa è imperniata sulle capacità operative poste all’implementazione ed alla produzione di beni a servizio delle Forze Armate appartenenti alla UE, una peculiarità per lo sviluppo economico e per la proiezione militare e diplomatica dell’intero sistema continentale. Gli attori partecipanti sono tra loro difformi sul piano finanziario, ma tutti rappresentano un valore aggiunto in questo contesto; alcuni sono strutturati per la produzione e l’integrazione di piattaforme e sistemi d’arma, altri sono specializzati nei sistemi e sottosistemi sia nell’ambito motoristico quanto nell’ingegneria meccanica. Le alleanze politiche, strategiche ed economiche dell’Industria Europea della Difesa, l’European Defence Technological and Industrial Base, ha iniziato dal 2000 un percorso di aggregazione verso nuove aziende con accordi di cooperazione imperniate sull’export. La crisi finanziaria internazionale ha ingenerato un profondo impatto negativo in ordine di domande, sicché i Governi dell’EDTIB sono stati costretti a rivedere al ribasso i programmi di investimento sulla difesa, andando a ledere significativamente la capacità militare congiunta nell’ambito delle cooperazioni NATO, in particolare nel distaccamento delle unità di altura per la Forza di intervento rapido e per la missione Active Endeavour a prevenzione di terrorismo e traffico d’armi. Sotto il profilo economico, l’EDTIB ha tentato di contenere l’effetto della crisi sul comparto industriale continentale, promuovendo l’iniziativa di esportare beni verso i paesi emergenti extraeuropei, senza però riuscire ad arginare completamente le ricadute dei tagli alle spese sulla competitività finanziaria, ed in particolare sui livelli occupazionali.

Un tentativo di impulso al mercato è giunto dalla fusione di aziende protagoniste nel settore, ad esempio il trattato franco-italiano siglato nel novembre 2005, ma i risultati sono stati variabili in termini finanziari, dunque non risolutivi. La sfida che gli Stati Membri dell’UE si sono posti, è quella di arginare la crisi identificando nuove aree di sviluppo come i segmenti di mercato dell’elettronica e della sicurezza, finalizzando le risorse ed ottimizzando le iniziative verso accordi bilaterali fra gruppi anche di diversa nazionalità, ma sempre in ambito dell’EDTIB. In questo insieme si colloca in controtendenza l’implementazione della flotta italiana, con il varo delle modernissime fregate FREMM, i sommergibili a propulsione AIP ed otto pattugliatori. Per le prime è previsto un ulteriore stanziamento di 749 milioni di euro per la realizzazione di ulteriori due unità, oltre le quattro già finanziate dalle legge di stabilità 2013. La decisione finale dovrà concretizzarsi tra il 2014 ed il 2015.

“Milano Finanza” ha riportato un costo unitario di 300 milioni per ogni singolo pattugliatore, che dovrebbero essere inseriti nel bilancio a seguito di una indagine del Centro Studi e Ricerche del Mezzogiorno, della Banca d’Italia ed Assoporti. Alcuni economisti hanno ipotizzato che su una base di 100 euro investiti, il sistema finanziario nazionale dovrebbe trarne 249, dunque un impatto positivo sul prodotto interno lordo che potrebbe agevolare un impulso nella dinamica economica italiana. Una ulteriore ricaduta al sistema Italia, arriverebbe dai proventi dell’export, secondo la valutazione del Capo di Stato Maggiore della Marina: su tre unità prodotte una sarebbe esportata. I ricavati delle vendite saranno diretti a sostenere l’industria della Difesa ed entro i prossimi 5 anni dovrebbero essere dismesse 26 unità. Le fregate FREMM, rappresentano il più importante programma militare congiunto in ambito europeo, con un investimento complessivo di 11 miliardi di euro ripartiti fra Francia, 6,5 miliardi, ed Italia, 4,5. I fondi verranno stanziati dal Ministero per lo Sviluppo Economico e da quello della Difesa nel prossimo biennio per un importo pari a 261 milioni nel 2014 e 268 nel 2015, che si sommano ai 321 erogati nel 2013. Le aziende partecipanti al progetto sono la Orizzonte Sistemi Navali, costituita da Fincantieri e Finmeccanica, e la francese Armaris. In particolare, nel programma di sviluppo sono interessate: la Selex Sistemi Integrati, la Oto Melara e la Wass, un comparto produttivo di grande valenza per l’economia e per l’alta tecnologia nazionale, con importanti capitali sociali ed un alto livello occupazionale; la sola Finmeccanica ne conta oltre 39.000. Quello della cantieristica navale, si attesta come settore in crescita: i ricavi della Finmeccanica nel 2012 hanno superato i 17 milioni di euro, che si associano ai 15 di Fincantieri. Quelli relativi al primo semestre del 2013, analizzati nel settore Difesa e Sicurezza, mostrano segnali positivi, seppur in calo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma sono migliori nei confronti degli introiti previsti in sede di bilancio dalla Finmeccanica. La curva dei guadagni è favorevole a quelli stimati nel comparto Aerospazio e Difesa e dunque nel complesso il risultato è migliore se confrontato con le aspettative. La consegna delle unità di superficie è già in essere, con l’ultima che dovrebbe prendere il mare nel 2021. Un investimento notevole, in ragione del momento di crisi, ma recuperabile nel corso della vita minima di attesa operativa delle unità navali, stimata a circa 30 anni. Tale limite è imposto dalla fatica delle strutture e dal deterioramento degli apparati, che ingenerano una significativa lievitazione dei costi relativi alla manutenzione. Attualmente, le fregate Grecale, Libeccio e Maestrale hanno superato la soglia critica, rendendole pertanto obsolete, ma mantenerle operative è un preciso intento del Governo allo scopo di recuperare il ritardato rinnovamento dell’intero sistema aeronavale. L’industria della difesa italiana in materia di vendite ed a livello occupazionale, è uno dei comparti produttivi più attivi dell’intero sistema del paese, infatti annovera quasi 64 mila addetti. L’Italia è al settimo posto nel mondo tra i produttori di sistemi d’arma, sia di seconda fascia che complessi, e la Finmeccanica è fra le prime dieci aziende nel settore. In termini di volume di affari nel campo tecnologico, riferito all’integrazione dei sistemi, ai singoli apparati o sottosistemi, partecipano attivamente gruppi come l’Avio e l’Iveco. La scelta del Governo italiano di approvare la costruzione delle nuove fregate, ha un fondamento preciso: lo scenario futuro avrà la Marina Militare come attore protagonista a garanzia della libera navigazione per favorire le opportunità economiche e commerciali, non solo in aree come quello del Pacifico o dell’Oceano Indiano, quanto nel Mediterraneo stesso, perché dal Golfo Persico transita il 40 per cento dei beni sia come merce importata che esportata dell’intera Europa. L’economia è condizionata dalla possibilità di importare a costi competitivi l’energia e le materie prime; attraverso il mare l’Italia scambia il 54% delle merci, importa il 75% del petrolio ed il 45% del gas per il fabbisogno energetico interno.

Altro ruolo sarà l’apporto marittimo alle politiche dell’UE e della NATO, perché in Europa sono quattro le marine di rilievo: Francia, Spagna, Inghilterra ed Italia. L’esigenza di una maggiore cooperazione, si palesò durante la crisi Libica, dove si rese necessaria una rapidità di reazione al di fuori del Paese africano, senza coinvolgere le truppe terrestri. Il compito venne svolto con successo sulla base della velocità di intervento, della sorveglianza e deterrenza, le quali sono possibili solo con elevate capacità operative. Quest’ultime sono fondamentali anche per opporsi alla pirateria, al terrorismo ed alla guerra asimmetrica, ossia dal confronto fra Nazioni dalla forte capacità militare ed economica. Dunque, è necessario garantire la difesa e la sorveglianza integrata marittima, non solo nelle acque nazionali, ma la si deve estendere dal Golfo di Aden all’Oceano Indiano con il preciso scopo di limitare le ripercussioni sulla terra ferma delle attività criminose provenienti dal mare, sostenendo la legalità ed il libero scambio economico. Le unità della MMI, incrociano continuamente nello Stretto di Sicilia con la consegna di monitorare i flussi migratori e per tutelare i pescherecci. Sono nel Corno d’Africa nell’operazione antipirateria Atlanta, nell’Oceano Indiano a protezione delle navi mercantili e nel Golfo di Aden nell’ambito del progetto Ocean Shield. La flotta italiana dovrà proiettarsi verso una flessibilità di impiego a supporto di attività diverse, spaziando dalla cooperazione militare a quella umanitaria, dove le forze armate italiane si sono già distinte. Il contributo nel ruolo interforze tattico della MMI in ambito UE e NATO, è di appoggio alle forze di terra in quelle aeree oppresse dalle guerre civili, dalle calamità naturali e più in generale da situazioni di emergenza, come in Libano, in Libia e Haiti, dove sono stati tratti in salvo sia cittadini italiani sia stranieri con la flessibilità dei mezzi, come l’utilizzo della portaerei Cavour trasmutata a ruolo di nave ospedale e non più di proiezione di forza. Nell’attuale contesto di crisi economica e nel quadro di risanamento delle finanze, probabilmente si renderà necessario uno snellimento ed una ristrutturazione delle unità sia di superficie quanto di quelle sottomarine. In questo ambito si colloca la nuova classe FREMM, di cui è stato impostato il sesto esemplare con la consegna stimata per il 2017.

Tali fregate hanno un dislocamento di 6000 tonnellate e sono propulse da due motori elettrici alimentati da quattro generatori diesel da 2100 KW. Possono raggiungere i 29 nodi ed a 15 nodi sono in grado di una autonomia di 11.000 Km o 55 giorni di crociera. I sistemi di bordo, principalmente sono composti dal radar di navigazione a bassa probabilità di intercettazione LPI SPN-730 / Selex SPN 753, dal radar di scoperta IR SASS Galileo, da due sistemi di puntamento multi sensore, sia infrarosso che radar MSTIS NA 25X, radar per appontaggio elicotteri e l’IFF SIR-M5 PA. Le unità dispongono inoltre della tecnologia per la comunicazione Datalink Link 11,16 e 22 M-DLP e della satellitare SATCOM. Il sonar attivo è montato sul bulbo Thales 4110CL, dotato anche di telefono subacqueo, con trasduttore WASS composto da 500 idrofoni. Le FREMM ASW montano un sonar rimorchiato a profondità variabile attivo a bassa frequenza Thales 4249 ed un sonar antimine WASS SNA-2000-I. La difesa antinave ed antisommergibile è affidata ai missili a lungo raggio del tipo MBDA Teseo Mk2 Block IV, al sistema combinato missile/siluro a medio raggio tipo MBDA Milas ed a due sistemi lanciasiluri con caricamento semi-automatico da 324 mm per gli MU 90 Impact. Quest’ultimo è un siluro ad alta velocità, che sembra essere in grado di eludere le contromisure, oltre alla peculiarità di una versatilità d’impiego, sia a quote elevate che su bassi fondali, in ambienti acustici perturbati e molto severi. Tra il 2007 ad oggi, le fregate FREMM classe Bergamini, hanno ricevuto alcune modifiche, innanzi tutto con un allungamento della poppa, sembra per bilanciare un appruamento evidenziatosi durante le prove in mare, ma ufficialmente a permettere un più agevole appontaggio per gli elicotteri EH-101. Altra implementazione ha riguardato le scorte di carburante e la dotazione dei lanciatori verticali Sylver, con una cadenza di tiro pari ad 8 missili al secondo, accoppiato al sistema missilistico antiaereo SAAM-ESD per migliorare la difesa aerea con i vettori Aster 15 e 30, ed antinave Scalp. A questo è associato il radar multifunzione 3D EMPAR SPY-790, il quale è in grado di svolgere contemporaneamente compiti di sorveglianza aerea a medio raggio e guida missili. Dispone del rilevamento tridimensionale, tracciamento fino a 12 bersagli multipli e 300 tracce simultanee. E’ del tipo passivo a singola faccia rotante ed opera in banda C e G, con una portata di oltre 100 Km ad una velocità di rotazione dell’antenna pari a 60 giri al minuto. L’antenna inclinabile, è in grado di generare un fascio elettronico con una scansione compresa nell’arco di +/- 45° in profondità e di +/- 60° in elevazione. La scoperta di superficie è affidata al sistema RASS che opera in banda E ed F. La versione FREMM multiruolo disporrà di depositi automatici per le munizioni dei due cannoni a tiro super rapido da 120 colpi al minuto Oto Melara 76/62, usato come protezione anti-aerea, anti-missile e per la difesa di punto. Agevolato dal calibro, può essere impiegato anche in altri ruoli, come il bombardamento navale e costiero. Il cannone è controllabile da remoto ed è armato con munizioni convenzionali, dalle incendiarie alle perforanti, fino ai proiettili a frammentazione con spoletta di prossimità.

Nel progetto di acquisizione della classe Bergamini, sei fregate avranno compiti multiruolo e quattro saranno configurate per l’ASW. Se la crisi inciderà in modo negativo sullo stato di avanzamento del programma, è plausibile supporre che sarà bloccato proprio a quest’ultima appena impostata. In tal caso, probabilmente, tutte le unità della classe Bergamini dovranno essere configurate come multiruolo per la difesa antinave, antiaerea, per l’attacco al suolo in profondità, il bombardamento contro costa ed antisommergibile. Per raggiungere un compromesso, il Ministero della Difesa potrebbe valutare di ridurre le FREMM ad otto e destinarne due alla guerra antisommergibile. Tale analisi è nel computo di una condizione più ampia che coinvolge l’intera flotta, destinata ad essere ridotta a sole 22 unità, almeno secondo una stima del Ministero della Marina Militare. La Francia, ha disposto la costruzione di nove FREMM in versione ASW, e due per la difesa aerea. L’ultimo varo è previsto per il 2022. L’accordo fra Italia e Francia non è limitato alla sola produzione congiunta delle fregate, ma le due Nazioni hanno istituito un comitato bilaterale che ha la finalità di favorire una visione di insieme sui futuri progetti, sia in materia di difesa quanto di sicurezza europea, oltre che di cooperazione per lo sviluppo di sistemi d’arma, con lo scopo di coordinare ed ottimizzare le capacità tecniche. L’Italia è il primo paese compartecipante per gli armamenti con la Francia, in particolare sui sistemi missilistici contraerei, aria-terra e lanciarazzi.

La cooperazione continua nell’ambito elicotteristico, UCAV ed aerospaziale. Quest’ultimo è imperniato sui satelliti radar ed ottici, i quali agevoleranno un punto di vista attualizzato della situazione tattica relativa alle missioni di prevenzione e risoluzioni delle crisi, ed in campo civile soddisferà i bisogni crescenti nelle telecomunicazioni dei principali attori istituzionali. Dismesso l’ultimo incrociatore e con la Garibaldi che sarà probabilmente rinnovata e convertita in portaelicotteri, la nave di maggior valore resterà la Cavour, ma la forza navale ha nelle fregate il suo punto di forza. Alla precedente classe Maestrale ora sono affiancate proprio le FREMM. Per versatilità d’impiego, però, i cacciatorpedinieri recitano la parte dei protagonisti: fra questi i recenti Andrea Doria e Caio Duilio, che sono delle ottime piattaforme di lancio, con dotazioni all’avanguardia in tutti i compartimenti delle unità. La componente subacquea è formata da sei battelli, in particolare con i due formidabili 212A propulsi dai silenziosissimi motori AIP a celle di combustibile, che hanno consentito alla MMI una innovazione sia in termini tecnologici che di impiego. In definitiva, la scelta di abbandonare o proseguire nell’assemblaggio delle FREMM, decreterà la continuità della Marina Militare Italiana nell’assolvere o meno i compiti istituzionali e le collaborazioni internazionali, per confermare la presenza dell’Italia nell’ambito delle alleanze geopolitiche e strategiche, nelle operazioni umanitarie ed a garanzia della sicurezza dei mari.

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Tagged as: marina milirate italiana, Mediterraneo, NATO, operazione mare nostrum

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