di Emiliano Morozzi
31 Maggio 1972, ore 22.30, la “strategia della tensione” sta per mietere altre tre vittime innocenti, tre carabinieri, Antonio Ferraro (31 anni), Donato Poveromo (33 anni) e Franco Dongiovanni (23 anni) che perdono a causa dell’esplosione di una bomba nascosta dentro una vecchia Fiat 500. È forse uno degli episodi meno conosciuti di quel periodo buio che va dalla fine degli anni Sessanta ai primi anni ottanta, nel quale la ancor fragile Repubblica Italiana ha rischiato di essere soffocata dalle spire di veri e propri criminali senza scrupoli nascosti sotto le rispettabili vesti di uomini delle istituzioni.
Parlare di quel difficile momento storico richiederebbe un’analisi molto approfondita che non può essere esaurita in una pagina di post, ma viste le recenti scomparse di due persone che, nel bene e nel male, sono state protagoniste di quegli anni, mi è sembrato giusto ricordare le vittime di tutte quelle stragi, molte delle quali sono rimaste senza colpevole. Da un lato il potere costituito e il suo lato oscuro, incarnato dall’enigmatica e controversa figura di Giulio Andreotti, dall’altra tutti coloro che contro quelle forze che tramavano nell’ombra hanno combattuto, pagandone il prezzo sulla propria pelle e sulla propria dignità come Franca Rame, stuprata da un gruppo di neofascisti a causa del suo impegno politico in difesa di chi era accusato ingiustamente di aver compiuto atti di terrorismo.
Tante, troppe volte infatti uomini delle istituzioni hanno cercato di addossare la colpa di quei fatti di sangue a sedicenti gruppi anarchici, depistando le indagini per non far conoscere la cruda verità, cioè che quello della strategia della tensione era in realtà terrorismo di stato. I colpevoli ormai non possono essere più puniti, ma è sempre giusto ricordare tutte quelle vittime innocenti e continuare a chiedere giustizia. Il tragico elenco comincia il 12 dicembre 1969, con la strage di Piazza Fontana quando due estremisti neofascisti collocano una bomba all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano, provocando la morte di diciassette persone e il ferimento di altre ottantotto. I due presunti autori della strage, gli estremisti Franco Freda e Giovanni Ventura, appartenenti alla formazione neofascista Ordine Nuovo, vengono assolti nel 1987 con sentenza definitiva, dopo una serie infinita di depistaggi. Sui mandanti politici di tale sanguinoso attentato invece, nessun indizio.
La strage di Piazza Fontana (cadutilipolizia.it)
La scia di sangue continua a martoriare il paese per altri 15 anni e le indagini della magistratura sui mandanti degli attentati spesso finiscono per cozzare contro un muro di gomma che lascia impuniti i veri colpevoli. Così a Peteano, il colonnello Manganelli attribuisce la responsabilità della morte dei tre carabinieri ad un gruppo anarchico di Trento, quando dietro la strage c’erano due terroristi neofascisti e ne risultò coinvolto anche il segretario dell’Msi Giorgio Almirante, accusato di favoreggiamento. Le bombe esplodono con inquietante frequenza: il controverso anarchico Gianfranco Bertoli con un ordigno uccide quattro persone di fronte alla Questura di Milano, una bomba neofascista uccide otto persone durante una manifestazione contro il terrorismo in Piazza della Loggia a Brescia, i treni vengono presi di mira e la stazione di San Benedetto Val di Sambro diventa tragicamente famosa per i due attentati all’Italicus (a bordo del treno si doveva trovare nientemeno che Aldo Moro, poi scampato all’attentato per una fortunata coincidenza) e al Rapido 904. Un’altra stazione, quella di Bologna, diventa teatro di quello che è il più atroce atto di terrorismo della storia dell’Italia repubblicana: alle ore 10.25 del 2 Agosto 1980, una bomba, di fabbricazione militare, esplode nella sala d’aspetto di seconda classe, uccidendo 85 persone e ferendone altre 200. La polizia e il presidente del consiglio Cossiga attribuirono le cause dello scoppio a circostanze fortuite, ma divenne presto nota la causa dolosa della strage. Anche in questo caso, come in quasi tutti gli altri, non sono mai stati conosciuti e condannati i nomi dei mandanti delle stragi.
Ormai sono passati più di trent’anni da quei tragici fatti di sangue e sono rimasti pochi coloro che ancora chiedono verità e giustizia: come scrissi altrove, la storia del nostro paese è costellata di occasioni mancate per fare chiarezza su vicende oscure e ancora una volta ci siamo accontentati della “giustizia all’italiana”.
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