di Antonio Scarazzini
Polonia e Stati Uniti: un'alleanza in divenireLa Polonia harappresentato un continuum tra le strategie di sicurezza delle amministrazioniBush e Obama, dovendo ospitare entro il 2018il sistema di radar ed intercettori SM-3 per la difesa da attacchimissilistici: l'implementazione dell'Accordo di Cooperazione Strategicadell'agosto 2008 da parte dell'attuale Presidente ha tuttavia tenuto conto sia dellascarsa popolarità presso l'opinione pubblica polacca, sia dei risentimenti delvicino russo, indispensabile partner nel processo di non proliferazione.
Ridotto ilnumero di installazioni in Polonia a favore di un futuro perfezionamento dell'AegisCombat System adottato dalle navi americane nel Mediterraneo (Aegis BallisticaMissile Defense System – Aegis BMD), non si riduce il coinvolgimento nellacooperazione con l'alleato europeo da sempre favorevole ad accogliereinstallazioni americane sul proprio territorio: tributando un riconoscimentoall'impegno profuso dalle forze polacche in Afghanistan, Obama ha infattirassicurato il Premier Tusk decidendo il prossimo dispiegamento permanente diuno squadrone di caccia F-16 e di velivoli C-130 da trasporto presso la base diLask, cui si aggiungeranno nuovi programmi di assistenza ed addestramentocongiunto per potenziare l'interoperabilità delle forze NATO: mosse pocogradite al Cremlino, subito dichiaratosi pronto a rispondere alle provocazioniamericane, riadattando le difese presenti nell'enclave di Kaliningrad.
L'agendadiplomatica si è quindi focalizzata sulla cooperazione economica e sulcommercio bilaterale: gli scambi commerciali, per un valore di 6 miliardi, hannoportato i vertici dei due Paesi ad istituire un programma di incontri periodicifra esponenti governativi e del settore privato per consolidare il tuttoraesistente Dialogo Economico e Commerciale, gestito dal Ministerodell'Economia polacco e dal Dipartimentostatunitense del commercio in collaborazione con lo U.S. - Poland BusinessCouncil, organizzazione no-profit con base a Washington che sostiene lerelazioni commerciali fra i due Paesi.
Il “DoingBusiness Report” – redatto dalla Banca Mondiale per stilare una classifica deiPaesi di maggior attrattiva per gli investitori – vede attualmente la Polonia al settantesimoposto (su 183 Paesi), ma tra i primi cinquanta per quanto riguarda la protezionedegli investimenti. I dati delMinistero del Tesoro confermano che tra il 2004 ed il 2009 la Polonia ha saputosuscitare fiducia negli investitori esteri raccogliendo ben 92 miliardi didollari, in maggior parte diretti verso il settore terziario dove l'altolivello di formazione ha costituito un elemento vincente. Nel 2009 gli USA sicollocavano al quinto posto tra i principali fornitori di capitali con circa895 milioni di euro, pari al 9,1% del flusso totale di 9,9 miliardi di euro.
I datimacroeconomici degli ultimi mesi forniti dalla Banca Nazionale rivelano uncambio di passo nei rapporti fra i due Paesi: malgrado una lieve flessione nel2010 del flusso di investimenti, in calo a 7,5 miliardi, il primo trimestre del2011 hagià visto l'afflusso di 4,5 miliardi, in crescita del 20% rispetto allo stessoperiodo dell'anno precedente: la partecipazione americana è particolarmenteforte,con 8,4 miliardi di euro di investimenti attivi in Polonia ad opera dioltre 750 imprese, con un livello di apprezzamento per le potenzialità delmercato e della forza lavoro che hanno convinto il 67% degli investitoriamericani ad incrementare il loro impegno in particolare nei settori deiservizi, della difesa e, in particolare, dell'energia.
Uno spazioimportante è stato infatti dedicato alla “Global Shale Gas Initiative” (GSGI),inaugurata dal Dipartimento di Stato nell'aprile 2010 e dedicata allo sviluppodelle tecnologie di estrazione di questa forma non convenzionale di gasnaturale (cioè contenute in rocce scistose, sabbie compatte o strati dicarbone), ricavato da rocce metamorfiche (scisti, shale in inglese) situate aduna profondità di un chilometro e mezzo entro la crosta terrestre.
Shale Gas: la rivoluzione dell'energia made in USA
Tra i datieconomici di maggior rilievo emerge chiaramente il crescente impegno che le treprincipali majors dell'energia, ExxonMobil Chevron e ConocoPhillips, hannoprofuso per accaparrarsi la maggior parte delle ottantasei concessioniattualmente rilasciate per le prime trivellazioni esplorative nei giacimenti diroccia metamorfica.
I colossistatunitensi e altre multinazionali, come Marathon Oil e Talisman, hannotrovato in Polonia terreno ideale per estendere la rivoluzione che negli USA hatoccato il mercato (ed i prezzi) del gas naturale tra il 2000 ed il 2008. Rilevatal'esistenza di un quarto delle riserve mondiali di gas non convenzionale, ilperfezionamento delle tecniche di trivellazione orizzontale, combinata all'hydraulicfracturing (pompaggio di acqua per sfaldare la roccia e liberare il gas), hareso economicamente sostenibile il processo di estrazione. Gli USA sono cosìdiventati in breve tempo il principale estrattore mondiale di shale gas, cheora conta per circa il 22% dell'intera produzione di gas naturale e per il 32%delle fonti non convenzionali. Grazie al progressivo coinvolgimento dellegrandi multinazionali (Exxon Mobil in primis, ma anche Total e Statoil) lasempre crescente produzione di shale gas ha abbattuto le importazioni di GasNaturale Liquefatto (GNL), le cui eccedenze riversate in Europa si sonotradotte in una caduta dei prezzi.
Ladiversificazione del mix energetico e la riduzione della dipendenza dalleimportazioni rappresentano obiettivo primario anche per il governo di Tusk, cheha espresso ad Obama la viva intenzione di perseguire entro il 2020 gliobiettivi di riduzione delle emissioni fissati dall'UE, combinati conl'implementazione della GSGI ritenuta fondamentale per un Paese che copre il75% del consumo interno di energia con le importazioni dalla Russia. Daun'analisi preparata dalla stessa Chevron per la Shale Gas Conferencetenutasi a Varsavia lo scorso aprile, è possibile evincere le ragioni di uncosì grande interesse: il largo sostegno politico e dell'opinione pubblica hareso semplice il rilascio della concessioni, malgrado la proprietà statale deiterreni, offrendo le migliori garanzie per gli investimenti esteri;la maggior trasparenza della struttura deicosti renderebbe poi il gas polacco più competitivo rispetto a quello importatodalla Russia, con un prezzo di 7 dollari per MMBtu (Million British TermalUnit) contro gli 8,50 $ fissati dai contratti standard a lungo termine. Con 5,3Mmc di riserve stimate dall'Energy Information Agency (EIA), la Polonia detiene inoltre il30% delle riserve europee di shale gas, concentrati in particolare nei bacinidi Lublino (dove è presente Chevron con 4 concessioni), Podlasie e del MarBaltico, dove ConocoPhillips ha iniziato a sondare un possibile giacimento dioltre 1,4 Mmc.
Per quantole norme in materia ambientale suscitino più di una perplessità sullepossibilità di inquinamento delle falde acquifere derivante dal pompaggio dienormi quantità di acqua e additivi chimici, lo sfruttamento delle forme diidrocarburi non convenzionali permetterebbe di contenere un possibile aumentodelle importazioni di fronte alla probabile riduzione della quota destinataall'energia nucleare. Sommando l'attuale capacità di produzione interna, checopre il 40% del consumo di gas, e le potenziali nuove fonti, i tempi diesaurimento potrebbero infatti arrivare a sfiorare i novant'anni e, dunque,pare più che opportuno il sostegno dell'UE e dei governi europei all'iniziativa“Gas Shales in Europe” (GASH), un progetto di individuazione e mappatura deigiacimenti di shale gas all'interno dell'Unione, per certificare le zone in cuioperare le successive trivellazioni.
Il frontedella cooperazione euro-atlantica in materia di energia e la GSGI, pur ancora allo statoembrionale, sembrano quindi in grado di offrire all'Unione Europea un quadro diriferimento per la soluzione di uno dei principali fattori di debolezza nellesue relazioni esterne. Per quanto sia ancora difficile stabilire l'efficacia“commerciale” dello shale gas in Europa, le probabili ricadute positive intermini di riduzione dei prezzi, sicurezza energetica e riduzione delleemissioni (grazie ad una graduale sostituzione del carbone con il gas, inparticolare in Europa orientale) sembrano quantomeno sufficienti per sostenerele attività di ricerca che alcune aziende europee (Total, OMV, ENI) hanno giàin Francia, Germania ed Austria. Un processo che anche la Cina (100.000 i Mmc diriserve stimate dall'EIA) e l'India hanno sposato aderendo al GSGI per poterusufruire delknow-how americano e per ridurre la loro posizione di importatori netti dienergia.
* Antonio Scarazzini è Dottore in Studi Internazionali (Università di Torino)