"Prego il lettore di non andare in cerca di messaggi. È un termine che detesto perché mi mette in crisi, perché mi pone indosso panni che non sono miei, che anzi appartengono ad un tipo umano di cui diffido: il profeta, il vate, il veggente. Tale non sono; sono un uomo normale di buona memoria che è incappato in un vortice, che ne è uscito più per fortuna che per virtù, e che da allora conserva una forte curiosità per i vortici, grandi e piccoli, metaforici e materiali". Con queste parole Primo Levi dà il benvenuto e, allo stesso tempo, si congeda da tutti coloro che hanno scelto di intraprendere il viaggio all'interno della sua scrittura, nata da un'esperienza unica e irripetibile, e poi accresciuta da stimoli, particolari, suggestioni, sempre all'insegna di un'esposizione cristallina, di una ricerca non artificiosa, di una costruzione fondata sull'esperienza e sulle conoscenze in vasti campi del sapere. Scrittore ma prima di tutto uomo, precipitato inaspettatamente in uno dei vortici più bui, ma poi riemerso alla vita, all'attività piena, al lavoro salvifico. Uomo che ha voluto raccontare tante storie, oltre alla Storia in sé, composte unendo la sua abilità di narratore alla passione per la chimica, che l'ha occupato per ben quarant'anni.
La mostra I mondi di Primo Levi. Una strenua chiarezza (allestita nella Corte Medievale di Palazzo Madama, in piazza Castello a Torino, e visitabile fino al prossimo 6 aprile) è stata promossa dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi in occasione del settantesimo anniversario della liberazione di Auschwitz. Fondamentale, dunque, l'attenzione al contributo straordinario che, da Se questo è un uomo a I sommersi e i salvati, lo scrittore ha dato alla conoscenza del Lager. Ma di rilievo eccezionale sono anche altre scoperte, offerte al visitatore: le idee di Levi a proposito della scrittura espresse direttamente attraverso la sua voce, in numerose interviste spesso inedite; la sua attività di chimico, illustrata per mezzo di strumenti d'epoca concessi dal Museo dell'Università di Torino; le sue prove di scultore in filo di rame proposte per la prima volta al pubblico. Una personalità multiforme, le cui varie sfaccettature (inesausta curiosità per l'animo umano, grande ironia e una costante ricerca del dialogo soprattutto con i più giovani) vengono riproposte attraverso una successione di momenti espositivi di impianto nuovo e originale; l'allestimento, nella sua essenzialità, è particolarmente curato sul piano estetico ed è stato pensato in modo tale che la mostra possa diventare itinerante facendo tappa in numerose altre città italiane ed estere. Illustrazioni inedite, videoinstallazioni, oggetti d'epoca, audiovisivi, pannelli esplicativi, rendono il percorso particolarmente ricco e interessante, offrendo innumerevoli occasioni per ragionare sulla letteratura e sulla vita.
Il visitatore viene accolto da una serie di pannelli in cui è raffigurata la storia di Carbonio, primo racconto scritto da Primo Levi, poi inserito nel volume Il s istema periodico (1975). "Il nostro personaggio giace dunque da centinaia di milioni di anni, legato a tre atomi d'ossigeno e a uno di calcio, sotto forma di roccia calcarea: ha già una lunghissima storia cosmica alle spalle ma la ignoreremo. Per lui il tempo non esiste, o esiste solo sotto forma di pigre variazioni di temperatura, giornaliere e stagionali, se, per la fortuna di questo racconto, la sua giacitura non è troppo lontana dalla superficie del suolo. La sua esistenza, alla cui monotonia non si può pensare senza orrore, è un'alternanza spietata di caldi e di freddi, e cioè di oscillazioni (sempre di ugual frequenza) un po' più strette o un po' più ampie: una prigionia, per lui potenzialmente vivo, degna dell'inferno cattolico. A lui, fino a questo momento, si addice il tempo presente, che è quello della descrizione, anziché uno dei passati, che sono i tempi di chi racconta: è congelato in un eterno presente, appena scalfito dai fremiti moderati dell'agitazione termica".
E dove termina il racconto delle rocambolesche avventure dell'atomo di carbonio, inizia il percorso oscuro e claustrofobico lungo il ricordo di un incubo, concretizzato in una serie di schermi neri su cui spiccano lapidarie le citazioni tratte da Se questo è un uomo, il libro d'esordio pubblicato nel 1947. "Il mio nome è 174517. Siamo stati battezzati"; "Nulla è più nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli"; "Un uomo scarno sul cui volto e nei cui occhi non si possa leggere traccia di pensiero"; "In viaggio verso il nulla, in viaggio all'ingiù"; "Spingo vagoni, lavoro di pala, mi fiacco alla pioggia, tremo al vento; già il mio stesso corpo non è più mio"; "La nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo". Ma non è solo il momento di rinchiudersi nell'intimo della memoria: il 1947 è anche l'anno in cui Levi viene assunto dalla SIVA (Società Industriale Vernici e Affini), tra Torino e Settimo torinese, dove rimarrà fino al 1974. Ha inizio un periodo di intenso lavoro e di sentita partecipazione a tutte le attività che possano promuovere la valorizzazione della figura dei reduci, come portatori di testimonianze preziose, come donatori di verità: nel 1954, infatti, partecipa a un viaggio a Buchenwald organizzato dall'ANED (Associazione Nazionale ex Deportati), il primo di una serie di "viaggi della memoria".