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“Tre parti ha la coscienza: percettore, percepito e intero. Tutti i semi e le formazioni mentali sono uguali.”(Thich Nhat Hanh)
“Questa strofa è un serpente: se non fai attenzione ti morderà. Leggendola puoi credere che insegni che la coscienza è suddivisa in tre parti; invece intende solo essere un mezzo abile per mostrarti qualcosa. Non lasciarti intrappolare dall'idea che la coscienza sia un qualcosa che si può suddividere in tre parti separate. Le suddivisioni sono soltanto uno schema, strutturato per aiutarci a comprendere la realtà della coscienza. Una volta compreso, possiamo smettere di fare suddivisioni. Supponiamo che io disegni un cerchio e lo divida in due con una riga verticale. Il cerchio è la base (la coscienza) e a partire da quella base si manifestano il soggetto e l'oggetto della coscienza. Queste due metà, però, non lasciano mai il cerchio, proprio come le onde non lasciano mai l'acqua: se pensi che una parte esista separatamente dall'altra sei appena stato morso dal serpente. Da giovane, quando studiavo gli insegnamenti del Vijnàptimàtra, il mio maestro illustrava questi versi disegnando l'immagine di una lumaca che striscia su una foglia. Disegnava le due piccole corna della lumaca come il percettore e il percepito, e il corpo come la base, la cosa-in-sé. La prima rappresenta il soggetto della percezione, la seconda l'oggetto della percezione, invece il corpo intero della lumaca rappresenta la base di entrambe e l'intera sostanza della percezione. Una volta il maestro prese una lumaca da un cespuglio per mostrarmela. Quando le tocchi uno dei peduncoli, la lumaca lo ritrae. Allo stesso modo, il lato percettore e quello oggetto percepito della coscienza possono non apparire sempre: in quel caso la percezione ritorna alla sua base, dove non se ne possono vedere í due aspetti di soggetto e oggetto. La coscienza ha tre parti: percettore, percepito e intero. Il soggetto (darSana bhdga) è il primo oggetto della percezione. Il secondo è l'oggetto della percezione (nimitta bhàga); il terzo aspetto, base dei primi due, è l'intero (svàbhàva bhaga). Il soggetto e l'oggetto nascono contemporaneamente; quando la lumaca estroflette i suoi peduncoli, li alza tutti e due insieme. La coscienza si può manifestare o no, sia che si manifesti la funzione di percettore sia che lo faccia quella di oggetto percepito. Quando la coscienza si manifesta diciamo che esiste. Quando non si manifesta diciamo che non esiste, ma questa idea dell'esistere o non esistere ci fa soffrire. Il soggetto della percezione si manifesta nel momento stesso in cui si manifesta l'oggetto della percezione, e non è possibile che si manifesti senza la sua base. L'intero è tutto. Questo vale per le otto coscienze e anche per ogni seme e per ogni formazione mentale. Anche i semi e le formazioni mentali hanno tutti le tre parti: soggetto, oggetto e base, perché appartengono tutti alle coscienze. Ogni formazione mentale, ogni oggetto della percezione, ogni seme nella coscienza ha questi tre aspetti che non possono essere separati gli uni dagli altri, possono soltanto coesistere. Se ne manca uno, gli altri due non possono esserci. Gli insegnamenti dell'Avatamsaka Sútra ci dicono che l'infinitamente piccolo contiene l'infinitamente grande e che l'infinitamente grande contiene l'infinitamente piccolo. Se è vero, allora l'infinitamente piccolo è della stessa natura dell’infinitamente grande. Un atomo, una foglia o uno sbuffo di vapore portano in sé tutte le informazioni necessarie a comprendere il cosmo intero. Quando scopriamo la verità di un atomo, scopriamo la verità dell'intero universo; quando comprendiamo una singola goccia nell'oceano, comprendiamo l'oceano intero. Se osserviamo abbastanza a fondo un sassolino possiamo vedere l'universo. Guardando una foglia, vi vediamo il sole e le nuvole. Guardando il nostro corpo, vediamo l'intero universo e tutto ciò che esiste nell'universo. Guardando una cosa sola in profondità, le comprendiamo tutte. I noumena e i fenomeni, la dimensione assoluta e la dimensione storica, sono sempre appaiati, non sono due entità distinte. Ogni cellula del nostro corpo contiene tutti i nostri antenati e le generazioni future. Ogni seme, ogni formazione mentale e ogni coscienza che abbiamo in noi contiene il cosmo intero, tutto il tempo e tutto lo spazio. Non occorre fare lunghi viaggi per scoprirlo; non occorre meditare su molti soggetti per ottenere questa intuizione. Se puoi percepire a fondo la vera natura di ogni formazione mentale, salutare o non salutare, puoi raggiungere la piena illuminazione. Fai luce su una cosa e potrai comprendere tutto ciò che esiste. Nell'uno puoi identificare il tutto. Il seme della rabbia che hai dentro ha in sé le tre parti anche prima che sì manifesti come formazione mentale. Il seme della rabbia tocca anche tutti i tuoi altri semi, compresi quelli di amore e di riconciliazione. Com’è che la rabbia contiene anche amore, che l'amore contiene anche la rabbia? Proprio come un fiore è fatto di elementi di non-fiore, la rabbia è fatta di elementi di non-rabbia. L'uno contiene il tutto. A causa della nostra tendenza a ragionare in termini discriminativi, pensiamo che in noi il seme della rabbia e quello dell'amore siano separati. Ognuno degli insegnamenti del Buddha contiene tutti gli altri. Se osserviamo a fondo la Prima Nobile Verità, quella dell'esistenza della sofferenza, vi vediamo le altre tre: le cause della sofferenza, la possibilità di liberarci dalla sofferenza e il modo per liberarci dalla sofferenza. Guardando in profondità la sofferenza scopriamo il modo per uscirne. L'interessere - l'uno che contiene il tutto - è un aspetto molto importante dell'insegnamento del Buddha, forse è quello che più ci aiuta a liberarci dalla sofferenza. Non c'è niente che dobbiamo imparare: se impariamo una cosa sola a fondo, possiamo comprendere tutti gli insegnamenti. Dobbiamo allenarci a pensarla in questo modo. Ognuna delle nostre afflizioni, delle nostre formazioni mentali non salutari, contiene in sé il Buddha e la liberazione. La rabbia comprende tutti i fattori che l'hanno generata. Se la rabbia che è in noi non contenesse la liberazione, come potremmo trasformarla in non rabbia? Un abile coltivatore non butta via i rifiuti di cucina ma li trasforma in compost: col tempo, i rifiuti si trasformeranno in un cesto di verdura fresca. Nel nostro compost ci sono molti fiori profumati. Se sappiamo come far fermentare le nostre afflizioni, l'avidità, l'odio, l'ignoranza, l'orgoglio, il dubbio, le opinioni, l'agitazione, il torpore, la distrazione, possiamo trasformarli in pace, gioia, liberazione, felicità. Non occorre buttar fuori niente dalla nostra esistenza. Di fatto, non c'è nulla che possiamo buttar fuori dalla nostra esistenza: se possiamo spingere fuori una cosa, dovremmo spingere fuori tutte le altre, perché l'uno contiene il tutto. In cucina, in un giorno d'inverno, si sta bene al calduccio; la nostra sensazione di calore e di agio non è dovuta alla stufa in cucina, è dovuta al freddo che fa fuori. Se fuori non facesse freddo non avremmo quella sensazione confortante quando entriamo in una cucina tiepida. Le sensazioni piacevoli sono fatte di sensazioni spiacevoli. Le sensazioni spiacevoli sono fatte di sensazioni piacevoli. Questo è perché quello è. Una formazione mentale contiene tutte le altre formazioni mentali. Ogni seme contiene tutti gli altri semi. Il seme della rabbia ha in sé il seme dell'amore. Il seme dell'illusione contiene in sé il seme dell'illuminazione. Nelle nostre cellule ogni gene contiene tutti gli altri geni. In un ambiente positivo, un gene potenzialmente malato si può trasformare lentamente in un gene sano. Questa intuizione può aprire molte porte alle terapie avanzate. Questo è l'insegnamento del Buddha. Quando ce lo dimentichiamo andiamo alla deriva nel mondo della nascita e della morte, invece quando trasformiamo la nostra dimenticanza in presenza mentale capiamo che non occorre rifiutare o scartare proprio nulla.” (Thich Nhat Hanh)
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