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La supernova a rilascio lento

Creato il 25 febbraio 2016 da Media Inaf
Immagine ai raggi X del resto della supernova 1572, una supernova di tipo Ia osservata nel 1572 dall'astronomo danese Tycho Brahe. Crediti: ASA/CXC/Rutgers/J. Warren, J.Hughes et al.

Immagine ai raggi X del resto della supernova 1572, una supernova di tipo Ia osservata nel 1572 dall’astronomo danese Tycho Brahe. Crediti: ASA/CXC/Rutgers/J. Warren, J.Hughes et al.

Gli scienziati hanno scoperto una supernova di tipo Ia che, a tre anni di distanza dalla sua esplosione, continua a essere più brillante del previsto. Le osservazioni, effettuate con il telescopio spaziale Hubble e pubblicate sul numero di ieri della rivista The Astrophysical Journal, suggeriscono che la potente esplosione abbia prodotto grandi quantità di un isotopo pesante del cobalto che, attraverso il proprio decadimento nucleare, avrebbe fornito una porzione extra di energia al sistema. Questo studio potrebbe aiutare gli scienziati a individuare i progenitori delle supernove di tipo Ia, rare e preziose esplosioni cosmiche, spesso utilizzate per misurare le distanze di galassie lontane, nonché a comprendere meglio i meccanismi alla base di tali esplosioni.

«Le supernove di tipo Ia sono diventate molto importanti per la fisica un paio di decenni fa, quando sono state utilizzate per dimostrare che l’espansione dell’Universo sta accelerando», dice Or Graur, primo autore dell’articolo e ricercatore presso il Dipartimento di Astrofisica dell’American Museum of Natural History e presso l’Università di New York. «Nonostante ciò, ancora oggi non sappiamo con precisione che tipo di stelle inneschi un’esplosione di questo genere. Sono state condotte numerose ricerche per dare risposta a questa domanda, ma ancora non ne abbiamo trovata una chiara e univoca».

La teoria attualmente più accreditata indica che le esplosioni di supernove di tipo Ia hanno origine da sistemi binari all’interno dei quali almeno una delle due stelle è una nana bianca, ovvero il resto caldo e denso di una stella che aveva inizialmente una massa relativamente piccola, fino a qualche volta quella del Sole. L’esplosione che ne risulta è in grado di produrre grandi quantità di elementi pesanti. La luce osservata dai ricercatori quando esplode una supernova di questo tipo è dominata dal decadimento radioattivo di una serie di isotopi di elementi pesanti: un isotopo del nichel (56Ni), uno del cobalto (56Co) e uno del ferro (56Fe). Sebbene la luminosità di picco venga raggiunta in tempi relativamente brevi, e molti ricercatori smettano di monitorare queste sorgenti a distanza di circa 100 giorni dall’esplosione, la luce emessa da quel corpo luminoso in raffreddamento continua ad essere irradiata per anni.

Nel passato, una serie di studi prevedevano che circa 500 giorni dopo l’esplosione i ricercatori avrebbero dovuto osservare un forte calo di luminosità di queste supernove. Tuttavia, non sono stati mai osservati cali di questo tipo. Nel 2009 Ivo Seitenzahl, ricercatore presso l’Australian National University e co-autore dello studio, aveva ipotizzato che il responsabile di questa mancata osservazione fosse il 57Co, un isotopo del cobalto più pesante e più stabile del 56Co, che potrebbe fornire una fonte di energia supplementare a distanza di circa 2-3 anni dall’esplosione.

I ricercatori hanno testato questa previsione utilizzando il telescopio spaziale Hubble e osservando la supernova di tipo Ia chiamata SN 2012cg tre anni dopo la sua esplosione. SN 2012cg si trova nella galassia NGC 4424, a circa 50 milioni di anni luce di distanza da noi. Dal punto di vista astronomico, quasi dietro l’angolo.

Un'immagine scattata dal telescopio spaziale Hubble della galassia NGC 4424, che si trova a circa 50 milioni di anni luce di distanza da noi. Nei riquadri due zoom di SN 2012cg, una supernova di tipo Ia osservata a circa un anno di distanza. Crediti: NASA/Hubble Space Telescope

Un’immagine scattata dal telescopio spaziale Hubble della galassia NGC 4424, che si trova a circa 50 milioni di anni luce di distanza da noi. Nei riquadri due zoom di SN 2012cg, una supernova di tipo Ia osservata a circa un anno di distanza. Crediti: NASA/Hubble Space Telescope

«Abbiamo visto la luminosità della supernova evolvere seguendo le previsioni di Ivo», spiega Graur. «È interessante notare, però, che la quantità di 57Co necessario a produrre la luminosità osservata era circa il doppio di quella prevista. Queste informazioni forniscono vincoli importanti per i modelli di formazione ed esplosione di una supernova Ia. Detto in altri termini: ora abbiamo un nuovo pezzo del puzzle che ci dice come sono fatte le supernove di tipo Ia, uno degli strumenti più importanti della cosmologia moderna».

«Quando ho sviluppato la mia previsione, nel 2009, non credevo che avremmo potuto verificare la presenza di 57Co nelle supernove di tipo Ia durante l’arco della mia vita», racconta Seitenzahl. «Sono davvero entusiasta del fatto che ora, appena sette anni pià tardi, siamo già in grado di ottenere vincoli osservativi su questi modelli».

Rimane da chiarire un dubbio, circa i risultati, poiché la luminosità in eccesso potrebbe essere dovuta ad un fenomeno chiamato “eco luminosa” anziché al 57Co. L’eco luminosa si verifica quando la luce di un’esplosione interagisce con una grande nube di polvere, che disperde la luce in tutte le direzioni. In questo caso, la luce proveniente dall’esplosione raggiungerebbe la Terra due volte: la prima volta direttamente dalla supernova, e qualche anno dopo come risultato dell’eco. Per escludere questa possibilità sarà necessario raccogliere osservazioni di altre supernove di tipo Ia più vicine alla Terra.

Per saperne di più:

Fonte: Media INAF | Scritto da Elisa Nichelli


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