LA TAGLIOLA DI GRILLO
In questa bellissima contorsione, si sono adeguati alla volontà del capo unico che in quella consultazione mesi addietro aveva perso – ora lo sappiamo – solo temporaneamente la partita.
Così adesso, coperti da un tanga d’ordinanza piuttosto imbarazzante, provano a far capriole per giustificare questo sorprendente allineamento al pensiero di Grillo.
Del resto, tra “evasioni” ed espulsioni devono essere rimasti in casa i “migliori”, i più affidabili e rispettosi del potere e ciò che il mese scorso sembrava impossibile, ora è vero: si può contraddire la base, a condizione che lo staff lo voglia. Come per i talk show: hanno fatto un cimitero di “traditori” troppo sensibili ai richiami del piacere del salotto tv ma, da qualche settimana, i parlamentari cinquestelle volteggiano in quei salotti come farfalle in primavera.
L’etica si sposta, la norma ha meno spessore del celebre tanga, e tuttavia si presentano come difensori della democrazia, come chi ha la sola ricetta giusta per evitare nel Paese una svolta autoritaria. La sola ricetta starebbe quindi nella tagliola che Grillo ha loro imposto: se sgarri dalla linea, paghi duecentocinquantamila euro di multa di tasca tua. Questa è democrazia, questo il messaggio.
Ecco perché si vota tutti in coro, nonostante si tratti di piegare a gomito il percorso che a proposito di clandestini lo stesso M5S aveva descritto.
Erano stati due senatori del Movimento a presentare un emendamento con il quale si apriva la strada alla depenalizzazione del reato di clandestinità: pareva che questa ottima iniziativa avrebbe tenuto a battesimo una glasnost grillina. Un successivo post sul blog dei blog aveva chiarito invece l’atteggiamento del capo megafono: «Se durante le elezioni politiche avessimo proposto l’abolizione del reato di clandestinità… il Movimento Cinque Stelle avrebbe preso percentuali da prefisso telefonico».
Dura sconfessione dei suoi, richiamo estroverso e potente ad una furbizia alla quale si son sempre detti estranei.
Per questo, aveva fatto discreto clamore il fatto che, a gennaio, la base, chiamata ad esprimersi con un referendum on line, avesse ciò nonostante preferito sposare a maggioranza la depenalizzazione, a dispetto delle cautele del capo.
Ma la frattura si è ricomposta ieri, con quel voto che si è accodato a quelli della Lega di Salvini e di Fratelli d’Italia, il parco culturale che il mondo ci invidia.
Confusi tra elmi, corni, ampolline, i parlamentari cinquestelle si difendono come possono: hanno pubblicato una nota sul loro sito in cui, è bene che tutti sappiano, danno del «galoppino del Pd» a chiunque sostenga che avrebbero votato contro la depenalizzazione del reato di clandestinità.
Quindi, basta aprire gli occhi per meritarsi questa terribile “accusa”.
Come se quelli di Forza Italia “denunciassero” come piddini quelli per i quali i parlamentari Pdl avrebbero votato in aula sostenendo che il caimano riteneva davvero Ruby la nipote di Mubarak, e smentissero così di aver votato a quel modo.
Gira la testa?
È normale.
Invece, loro insistono: affermano di aver votato gli emendamenti che andavano in direzione della depenalizzazione; vero, tranne che alla fine han votato contro la legge: è facile fare i fighi con gli emendamenti.
Poi, lamentano che la legge contenesse quattro provvedimenti, benché tra loro connessi. Poi, non vogliono concedere al governo – dicono – nuove deleghe in materie tanto delicate; infine, denunciano, troppa discrezionalità per i giudici.
Tutte le scuse son buone, persino quelle pronunciate in un politichese da cadavere putrefatto, quando sei con le unghie conficcate in una lavagna.
(Toni Iop)