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La talpa

Creato il 19 febbraio 2013 da Ildormiglione @ildormiglione

La talpaMichael Cane è stato Harry Palmer, la spia britannica di film come “Ipcress” o “Funerale a Berlino“, specie nel triennio dal ’65 al ’67. Il periodo rappresentato era principalmente quello appena terminato della guerra fredda, in cui la Gran Bretagna giocava il ruolo di “amica” degli Stati Uniti. Nel 2011, a quasi 50 anni di distanza, Tomas Alfredson, promettente regista svedese, realizza il film “La talpa“, che riporta la mente, o la memoria storica, a quei giorni. In questo caso il protagonista non è Harry Palmer, personaggio della penna di Len Deigthon, ma George Smiley, creato dalla penna di John le Carrè e interpretato dal poliedrico Gary Oldman (chi ha buona memoria lo ricorderà anche in “Una vita al massimo” e “Leon“). La spy story assomiglia al gioco “Indovina chi”, in cui da piccoli indizi si deve arrivare alla conclusione del puzzle che dà il nome alla pellicola, ossia l’identificazione di una talpa ai piani alti dell’intelligence britannica. Tuttavia, appena il film inizia, ci si rende subito conto che non si assisteranno ad effetti speciali stile 007 con inseguimenti, sparatorie e tante belle donne, ma si guarderà un film che, se guardato con aspettative diverse, potrebbe persino risultare noioso. Alfredson decide di riportare lo spettatore in quegli anni, e per quelli più giovani, abituati a ben altre spy stories, sarà assolutamente una prima volta. Il tema è quello della guerra fredda ed il film non fa altro che adattarsi in uno stile freddo, fatto di stanze claustrofobiche, che sembrano enormi per via delle perfette riprese paesaggistiche al chiuso, di fumo di sigaretta tanto che si avrà l’impressione di sentirne l’odore, di carte ingiallite e di incessanti dialoghi. Proprio come è stata la guerra fredda, qui non si spara, ma si parla e si combatte a colpi di dialettica e di intelligenza. Per il suo peculiare svolgimento, il film quindi sembra assomigliare più ad una storia di amore e tradimento, in cui vengono descritti uomini soli, alienati, che hanno rinunciato alle proprie vite per servire una causa e che trovano nei colleghi la loro unica famiglia. La talpa è quindi il fallimento di un sistema e di una famiglia. Sarà George Smiley quindi a dover scoprire chi è questa talpa che rovina l’idillo perfetto della famiglia perfetta, e per farlo dovrà indagare nelle vite dei suoi colleghi e amici, scoprendo intrecci che si sviluppano lungo il film, in una sorta di andirivieni di luoghi e tempi. Il film infatti si muove tra presente e passato, distruggendo quella linearità classica delle spy stories, ma risultando più fedele alla distruzione della sopracitata famiglia. Questo perchè Alfredson decide di parlare degli uomini e non delle loro pistole, pur sottolineando i momenti di crudeltà e violenza che anche una guerra fredda crea indelebilmente. Emblematico di questa scelta sarà la trattazione, nel film sottile e molto molto delicata e soprattutto più definita solo e soltanto nel finale (a differenza del romanzo in cui è trattata in maniera più esplicita), dell’omosessualità, che in quegli anni, e purtroppo non solo, era un argomento tabù, specie in organi di potere. Ma Alfredson non dimentica la storia che sta raccontando e, grazie ad un cast fenomenale che comprende Tom Hardy (“Bronson“, “Il ritorno del cavaliere oscuro” o “Lawless“), Colin Firth (protagonista premio Oscar de “Il discorso del re“)e Mark Strong (“RocknRolla“, “Revolver” o “Sherlock Holmes“),  la condisce con situazioni sull’orlo della scoperta, fallimenti al limite e tensione per la scoperta della talpa, un po’ come accade nel gioco “Indovina chi”. Inutile negare che chi si aspetta un film adrenalinico, pieno di intrecci rapidi e colpi di scena inaspettati, sicuramente rimarrà deluso e subirà un effetto quasi soporifero; chi invece ama i film con uno stile retrò (pazzesche a riguardo le riprese all’interno delle auto con la tecnica tipica degli anni ’70), impregnati di atmosfere grigie e fredde che vadano oltre la semplice storia per indagare sulle relazioni tra i personaggi, allora rimarrà folgorato da un talento incredibile come quello di Alfredson. I pochi primi piani la dicono lunga: è come se il film volesse farci vedere la situazione da lontano, nella sua completezza. A volte ci riesce, altre volte no, ma di certo permette di vedere.

Voto 8/10



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