A giudicare dalla mole di studi critici, traduzioni e rappresentazioni teatrali delle opere di Heinrich von Kleist (1777 – 1811) risalenti agli ultimi decenni del Novecento, si sarebbe portati a considerarlo alla stregua di una figura letteraria contemporanea.
Nel caso di Kleist, si tratta invece di una scoperta tardiva iniziata in Italia solo a fine Ottocento, vale a dire dopo circa novant’anni di pressoché assoluto silenzio dalla tragica morte del poeta tedesco avvenuta nel 1811.
Sebbene la vita e le opere di Kleist denotino certi atteggiamenti tipici della sua epoca, in particolare del Romanticismo, egli si presenta, nel complesso, come una personalità estranea al proprio tempo. Kleist supera la mentalità dei suoi contemporanei e anticipa molti aspetti caratteristici del pensiero moderno.
Dai contemporanei Kleist fu quasi sempre incompreso, se non criticato e persino odiato. Per molti decenni, sia in Germania che in Italia, la sua figura è quindi rimasta avvolta da una fitta cortina di nebbia, se non dimenticata, per lo meno accantonata, fino a quando ci si è resi conto che il messaggio di Kleist è più che mai attuale per la nostra cultura e sensibilità.
Sul “Dizioniario critico della letteratura tedesca” (U.T.E.T., 1976) leggiamo: “L’opera di Kleist si colloca al di fuori delle scuole contemporanee del Classicismo e del Romanticismo. Kleist, nonostante la profonda ammirazione di Heine e Hebbel, soltanto dopo molte generazioni viene riconosciuto come uno dei più notevoli drammaturghi tedeschi. L’elemento paradossale, assurdo dei contenuti della sua opera e l’inconfondibile ritmo del suo linguaggio, unico nella letteratura tedesca, esplosivo ed insieme articolato con durezza e violenza, l’hanno fatto diventare l’eroe delle generazioni del XX secolo. L’opera di Kleist, non riconducibile ad alcuna poetica del tempo, è oggi più interessante che mai, alla luce delle più recenti teorie filosofiche sulla lingua e sul soggetto e della psicoanalisi materialistica. In nessun’altra figura della letteratura tedesca del XIX secolo si è manifestata così creativamente la moderna crisi dell’idealismo…”.
L’opera di rivalutazione di Kleist, sia in Italia che in Germania, ha conosciuto negli ultimi decenni momenti inimmaginabili. Al grande lavoro di riscoperta di Heinrich von Kleist ha dato un notevole contribuito la scrittrice Christa Wolf, autrice del riuscitissimo romanzo “Kein Ort, Nirgends” pubblicato nel 1979 e uscito in Italia con Rizzoli nel 1984 col titolo “Nessun luogo, da nessuna parte”.
La Wolf ci fa toccare con mano la tremenda sensazione provata da Kleist di vivere irrimediabilmente fuori dal proprio tempo: “Vita invivibile. Nessun luogo, da nessuna parte. A volte avverte fin dentro al midollo il fastidioso moto rotatorio del globo terrestre. Una volta o l’altra lui sarà scaraventato fuori, oltre il bordo di questo globo angusto…”.
Ed, a fine romanzo, cedendo la parola al suo protagonista: “Il nostro tempo sembra voler produrre un nuovo ordinamento di cose, e noi non vivremo nulla di tutto questo, soltanto il rovesciamento delle vecchie…Questa nostra fede incrollabile che l’uomo sia destinato a perfezionarsi urta contro lo spirito di ogni tempo… Il mondo fa quello che gli riesce più facile: tace”.
Written by Fiorella Carcereri