La tazza farnese

Creato il 12 luglio 2013 da Scarabocchiarte @scarabocchiarte
Una musica rinascimentale riempie la sala, per un attimo mi sembra di avere un vestito che mi intralcia il cammino e le ballerine di feltro che strusciano silenziose su questi marmi lucidissimi.Alzo la testa. Ahimè! Mi ritrovo nel ventunesimo secolo, ancora estasiata da tale meraviglia.La guardo attraverso la teca. Ci sono una sfinge, su cui siede una donna, che ha delle spighe in mano; un uomo con la barba, su un albero, che regge una cornucopia; un giovane, che impugna un aratro, e che porta in spalla un sacco di sementi; due donne sedute, una delle quali  ha in mano un piatto di libagioni, proprio come quello che sto guardando; infine, ci sono due uomini, che vengono portati in volo da un mantello gonfiato dal vento; all’esterno è decorato da una grande Gorgone. Secondo il cartello posto di fianco: << è un’illustrazione Egizia che rappresenta le piene del Nilo e l’utilità di queste piene per la fertilità dei campi e la prosperità dell’Egitto>>.E’ il pezzo più rilevante dei circa duemila reperti custoditi dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, trovarsi in presenza di questo reperto è un’esperienza che ti fa battere il cuore, gli occhi non si stancano di percepirne i particolari, risulta difficile distogliere lo sguardo, vieni praticamente rapita e catapultata in un’altra epoca. “La Tazza Farnese” è un piatto da libagione di epoca ellenistica, fabbricato in agata. Fu proprietà di Federico II, di Alfonso di Aragona, quindi già era a Napoli, poi l’acquistò Lorenzo il Magnifico, finchè finì nelle mani dei Farnese, quando ne acquisirono la collezione.La “Raccolta” inizia contemporaneamente a Roma e a Parma e i reperti, venivano custoditi nel Palazzo Ducale di Colorno e nel Palazzo di famiglia a Piacenza, non essendo ancora realizzato il
magnifico Palazzo Farnese di Caprarola su disegno del Vignola(1507-1573) e ultimato due anni dopo la morte dell’architetto, nel 1575.La “Collezione” fu arricchita negli anni da diversi ritrovamenti archeologici avvenuti a Caracalla e in altri siti di Roma, da opere di Raffaello, Sebastiano del Piombo, Tiziano, Michelangelo e tante altre.Furono acquisite le “collezioni di Orsini “ ( Bibliotecario dei Farnese) e una notevole quantità di Pitture Fiamminghe, essendo Alessandro Farnese, comandante dell’Armata delle Fiandre e nominato reggente dei Paesi Bassi.Verso la metà del XVII secolo a Parma, inizia la raccolta di gemme con pezzi che provengono dalle collezioni di Papa Paolo III (Alessandro Farnese) e Lorenzo il Magnifico, che si andarono ad aggiungere a quella di Ranuccio II Farnese.Nel 1731 morto senza eredi Antonio Farnese, l’ultimo della dinastia, il patrimonio passò a sua nipote Elisabetta.Avendo Filippo V di Spagna sposato Elisabetta (Farnese), il loro primogenito Carlo di Borbone, duca di Parma e Piacenza, re di Napoli e Sicilia, e poi alla morte del padre, re di Spagna col nome di Carlo III, spostò la collezione a Napoli, nella sua Reggia, tra il 1735 e il 1739.Carlo ordinò la costruzione di una <<Illustre dimora>> che ospitasse queste opere. Nacque LA REGGIA DI CAPODIMONTE, ideata e pensata per dare sistemazione alla collezione Farnese .Il trasferimento della collezione fu portato a termine quasi 60 anni dopo da Ferdinando IV di Borbone, che fece spostare a Napoli anche la “Collezione Romana”, costituita soprattutto da sculture e reperti archeologici.Oggi “La Collezione Farnese” è dislocata, una parte al Museo Archeologico Nazionale (gemme e reperti archeologici e sculture) , una parte alla Reggia di Capodimonte (la pinacoteca), un’altra al Palazzo Reale, senza considerare che un centinaio di dipinti furono restituiti a Parma nei primi decenni del Novecento. La Biblioteca Farnesiana è confluita invece nella Biblioteca Nazionale di Napoli.Passeggiare in questi Palazzi riempie il cuore di gioia, è da cotanta bellezza, che abbiamo l’onore di custodire, che nasce l’orgoglio di essere napoletani.

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