Com’è noto, l’agroalimentare è il settore che maggiormente ci rappresenta, con una sua ricchezza fatta di tipicità legate al territorio. Un bagaglio culturale enogastronomico che affonda le sue radici in secoli di tradizioni e che ha conquistato il mondo intero con la genuinità e il carattere unico dei prodotti italiani. L’italianità, oltre che sinonimo di qualità e personalità, diventa un valore aggiunto, espressione di ricerca e tutela: due aspetti importanti e ormai strategici se pensiamo alla continua evoluzione delle contraffazioni in campo alimentare.
Dall’olio alle carni, dal settore lattiero caseario per arrivare ai vini fatti con le polverine, la lista è lunga. Ricordiamo il caso delle mozzarelle Made in Germany che diventavano blu, ma anche innumerevoli frodi interne al nostro Paese legate ai fenomeni di speculazione agroalimentare. Con un fatturato di 132 miliardi nel 2014, il comparto in esame è il secondo del Paese dopo quello metalmeccanico. Numeri importanti che rivelano il peso e il valore di una realtà che ha davanti a sé sfide di portata globale.
Come proteggere questo proficuo e variegato settore? In primis, sono auspicabili normative più concrete, soprattutto in considerazione dell’aspettativa di domanda in ascesa a livello globale nei prossimi anni. Non dimentichiamo lo scandalo del vino al metanolo e di come oggi una contraffazione nell’era della comunicazione possa essere una macchia difficile da togliere, e che comunque minerebbe una di quelle realtà che ci distinguono e rappresentano nel mondo. Una ricchezza che nel tempo ci ha donato prestigio e perciò da difendere con costante vigilanza e severità.
La tecnologia, invece, ci può aiutare nel pratico. Anche qui il Paese ha le sue eccellenze nella ricerca condotta nei laboratori del Cnr e nelle università italiane. Qui torna centrale il tema dell’investimento proprio nella ricerca finalizzata al mantenimento di posizioni competitive nei prossimi anni. Di questo si è discusso all’Expo di Milano in una conferenza organizzata dal Dipartimento di scienze bio-agroalimentari del Consiglio nazionale delle ricerche (Disba-Cnr) e durante la quale sono state presentate le tecnologie che il Cnr, in collaborazione con diverse università, implementerà per tutelare i prodotti agroalimentari italiani.
Si è lavorato alla realizzazione di strumenti che nel breve periodo saranno accessibili per la loro praticità e funzionalità, fattori che prima relegavano tali applicazioni a tempi più lunghi e minore precisione. Un esempio è quello dell’analisi per mezzo della tecnica di Microarray che permette di analizzare il DNA e identificare con esattezza ceppi di appartenenza. La tecnica si basa sulla proprietà degli acidi nucleici di ibridarsi, cioè di riassociarsi automaticamente, fenomeno legato alla natura propria del DNA.
Per mezzo di una sonda caricata con un frammento di DNA del genoma che si vuole individuare, si avrà la possibilità di scoprire la sua controparte attraverso una campionatura da analizzare per stabilire se vi sia corrispondenza tra ciò che è dichiarato in etichetta e il prodotto stesso. Questo metodo è stato realizzato grazie alla collaborazione delle Università di Lodi e Catania. Si tratta, dunque, di uno strumento all’avanguardia che ci permetterà di proteggere da truffe nazionali ed estere alcune tra le nostre migliori tipicità nel settore della carne.
Possiamo, infatti, aspettarci nei prossimi anni un ulteriore aumento di contraffazioni estere dei prodotti italiani. Se pensiamo alla crescita della domanda di prodotti italiani grazie all’aumento della classe media in Asia e nel resto del mondo, possiamo affermare che tale domanda sarà intercettata da produzioni che d’italiano avranno ben poco. Ciò accade già per il formaggio più famoso del mondo. Il nostro parmigiano sta subendo una tragica sconfitta a livello globale, in quanto com’è noto, si è registrata una maggiore vendita di parmigiano contraffatto rispetto all’originale. Ciò, oltre a un furto che si traduce in un danno pari a milioni di euro, costituisce un danno all’immagine e all’identità.
Anche nel settore caseario miglioramenti di tecniche già esistenti renderanno possibile l’individuazione della presenza di latte o caglio diversi da quelli stabiliti dai disciplinari, in percentuali già del 2-5% a differenza di un precedente 15%. Avremo così maggiore accuratezza di analisi e tutela del vastissimo patrimonio caseario italiano. Un settore, anche questo, che nei prossimi anni aumenterà le proprie vendite all’estero e che potrà così difendersi da speculazioni interne ed estere. Anche un altro prodotto tipico italiano per eccellenza, l’olio di oliva, sta vivendo un periodo difficile a causa dell’epidemia che ha infettato gli ulivi pugliesi.
Come se ciò non bastasse, il nostro olio sta subendo la concorrenza aggressiva di Paesi come la Spagna e avrà presto nuovi competitori come il Messico e lo Stato del Texas. Rimane tuttavia certo che il valore aggiunto dell’olio italiano, apprezzato in tutto il mondo, farà sempre la differenza. Proprio per questo anche l’olio sarà tutelato con tecnologie che ne permetteranno l’analisi per riconoscere la provenienza geografica e per individuare le possibili miscele con altri oli. Tali tecnologie riguarderanno la purezza, la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare e tecniche di cromatografia abbinate alla spettrometria di massa.
La risonanza magnetica nucleare al protone, per esempio, permette di rilevare le componenti minori presenti nell’olio come aldeidi, terpeni e steroli e quelle maggiori come gli acidi grassi. Con la risonanza magnetica al carbonio, invece, si avranno informazioni sulle catene grasse e la loro distribuzione sullo scheletro del glicerolo. Questo tipo di analisi è così accurato da rivelare anche le variazioni chimiche che l’olio subisce in base all’altitudine o all’irrigazione di una determinata cultivar.
Così, la ricerca italiana potrà fare sempre di più a difesa e sostegno del nostro ricchissimo comparto agroalimentare. Successi come questi mostrano come sia necessario aumentare i fondi in questo settore. La ricerca è essa stessa strategica nel sostegno a questo come altri settori nei quali l’Italia dovrà competere per mantenere il suo status. Più cresceranno le nuove classi medie, ormai emancipate, e quindi desiderose di consumare prodotti “simbolo” del panorama internazionale, più aumenterà il bisogno delle imprese italiane di consolidare la propria offerta.
Ciò passerà attraverso una sinergia tra innovazione tecnologica, educazione al Made in Italy e promozione del territorio che faccia del consumatore di domani un soggetto esigente nella ricerca di un prodotto realmente simbolo ed espressione della nostra storia e della nostra terra. La provenienza territoriale, quale valore aggiunto su cui investire, e la tecnologia, quale garante dell’identità legata al territorio, dovranno essere un binomio imprescindibile. È opportuno, anzi doveroso, che in questo settore le realtà regionali italiane lavorino congiunte con le istituzioni nella realizzazione di una strategia che diventi il “modus operandi” per il domani.
Già le sinergie tra diverse università nella ricerca di sistemi di cui godranno tutte le regioni ci indicano la strada da seguire. Uniti si troveranno le energie e le idee per sviluppare al massimo gli strumenti che ci permetteranno di contrastare l’aggressiva speculazione nei confronti del patrimonio alimentare. I nostri avversari sono vicini a noi e le epidemie, come quella che ha colpito gli ulivi pugliesi, ci ricordano che dobbiamo tenere alta la guardia e vigilare.
È quindi opportuno e consigliato avere una visuale a 360 gradi e operare in un’ottica di lungo periodo per garantire la massima efficienza e prontezza nelle risposte. La globalizzazione ha innescato un fenomeno di ritorno alle origini come reazione a forze che tendono all’omologazione industriale e culturale. Il pericolo di una perdita dell’identità forse non si paleserà mai, ma l’Italia è chiamata a dare il suo contributo e giocare un ruolo che potrebbe essere di primo livello, se si troverà convergenza di idee e assunzione di responsabilità sia da parte imprenditoriale che politica.