Magazine Cultura

La tempesta.

Creato il 30 settembre 2013 da Enricobo2

La tempesta.

dal web


Mi suda il collo. Me la ricordo da quando ero piccolo questa frase. La ripeteva mio papà, quando qualche cosa che gli sembrava grave e stazionava nell'aria come i prodromi di un violento acquazzone che sta per arrivare a  far disastri e a portare via tutto. Acqua e grandine, come quelli che a fine estate arrivano dalla parte di Biella. Li sentiva nell'aria, che sembrava più pesante del solito, come fosse un gorgogliare lontano che si avvicinava in fretta, preannunciato da un colore scuro scuro nel cielo di nord ovest. Nuvole grigio scure che occupavano la parte bassa di un cielo, già rovinato, che da tempo aveva perduto la chiarezza e l'azzurro estivo. Quando arriva fa danni, danni gravi, spacca tutto e tu non puoi fare nulla, anche cercare di mettersi al riparo è impossibile se sei in campagna, guardi in alto e speri invano che giri verso Spinetta, tanto lì avevano già la Montecatini che soffiava veleno, cosa vuoi che sia. Quando stanno per arrivare queste cose, quelli che stanno sotto, nel campo, possono solo guardare in su, non hanno nessuna possibilità di interferire, di modificare, di cambiare il corso delle cose, solo subire. Uno dice, beh lì è la natura che fa il suo corso, che ci vuoi fare. Eh no! 
Anche quando le cose le conducono gli uomini, accade tutto nello stesso modo, solo che il disastro lo guidano loro, con pervicace incoscienza, con totale dispregio di quanto succederà inevitabilmente, quello che conta è la situazione del signore degli anelli del momento, conta solo lui e quando si avvede che sta per crollare, con sguardo terreo, preferisce che tutto perisca con lui, una specie di punizione per chi non lo ha aiutato, salvato, amato, difeso abbastanza, Lui, che tanto ha fatto per questa feccia priva di riconoscenza. Che muoiano tutti, visto che deve, Lui, perdere tutto. E' sempre stato così, i più grandi infami della storia, prima di scomparire, vinti dal rivolgimento delle cose e dei tempi, prima di lasciare o tentare di fuggire verso l'amara via dell'esilio, hanno cercato di bruciare la città o far saltare il fortino. Sotto, nella città bassa, la folla muta, guardava il cielo gonfio di nubi. Qualcuno piangeva, conscio di quanto stava per accadere, altri non capivano, altri ancora invocavano il nome salvifico del tiranno, che venisse a trarli fuori dall'impaccio, mentre lui dalla torre dava fuoco alle polveri; qualcuno ballava sulla tolda della nave. Stamane il cielo è nero, mi suda il collo, ragazzi.
Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:
Nave sanza nocchieroIl seme dell'odioMianLa crescita del PIL.Elezioni.
Moralità assoluta.

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Magazines