La teologia della liberazione e la risposta della Chiesa

Creato il 09 aprile 2013 da Uccronline

 

di Marco Fasol*
*saggista e professore di storia e filosofia

Negli anni Settanta si affermava in Sudamerica la teologia della liberazione, elaborata soprattutto da alcuni teologi come Gustavo Gutierrez, domenicano e Leonardo Boff, francescano.

Questo movimento di liberazione nasceva nel contesto drammatico della povertà di massa dell’America Latina dove milioni di emarginati conducevano una vita di sofferenze e sfruttamento ad opera di oppressori senza scrupoli. Alcuni teologi prendevano giustamente ispirazione dalla storia biblica che nell’Esodo descriveva l’uscita del popolo ebreo dall’Egitto come un cammino di liberazione dalla schiavitù, guidato da Mosè, al quale era stato rivelato il nome del Dio della misericordia, nel roveto ardente. Questa base biblica veniva tuttavia adulterata da alcuni teologi americani attraverso l’analisi marxista che notoriamente legittima la lotta di classe, armata e quindi inevitabilmente violenta.

L’episcopato sudamericano, riunitosi a Puebla, nel 1979 prese le distanze da questo movimento teologico evidentemente eterodosso e due celebri documenti successivi, firmati dal cardinal Ratzinger, nel 1984 e 1986 ne sancivano definitivamente il giudizio di condanna, in quanto i metodi marxisti, animati dall’odio e dalla ribellione violenta erano ovviamente incompatibili con il Vangelo. Di fronte al problema sociale della povertà di massa, l’episcopato sudamericano ha dunque scelto l’opzione preferenziale per i poveri, rifiutando la guerriglia e l’opposizione violenta.

Può essere interessante per noi, alla luce dell’inattesa nomina di Papa Francesco, prendere coscienza dell’atteggiamento adottato dal cardinal Bergoglio, nella sua precedente veste di arcivescovo di Buenos Aires, una delle grandi metropoli sudamericane, circondata da quella “corona di spine” che è costituita dalle baraccopoli dove vivono milioni di poveri in condizioni spesso disumane. I bambini sono devastati dal paco, una droga per poveri, derivata dai residui di fabbricazione della cocaina; l’alcolismo è diffuso e comporta violenza nelle famiglie. Come se non bastasse, la crisi economica argentina del 2001 ha esasperato queste condizioni di miseria diffusa. In questo contesto di povertà materiale e spirituale, l’arcivescovo Bergoglio ha istituito tante parrocchie nei quartieri operai, le villas miseria, inviando numerosi preti giovani a benedire nuove mense popolari, a celebrare battesimi senza discriminazioni sulle famiglie di provenienza. Il cardinale stesso, ogni tanto, usciva dalla curia di Plaza de Mayo, prendeva la metro per poi salire su qualche autobus e fermarsi in questi quartieri, a mangiare con i poveri il locro, la minestra di carne e mais che cucinano all’aperto in grandi pentoloni.

La più recente Conferenza dell’episcopato latinoamericano svoltasi nel maggio 2007 ad Aparecida, in Brasile, ha fatto propria questa prassi pastorale del cardinale Bergoglio, che ha presieduto la redazione del documento finale. Ha richiamato il clero ad annunciare il vangelo andando incontro alla gente, senza aspettare che la gente venga in chiesa. Bergoglio ha detto con chiarezza: “Se la Chiesa segue il suo Signore, esce da se stessa, con coraggio e misericordia. Non rimane chiusa nella propria autoreferenzialità. Il Signore opera un cambiamento in colui che gli è fedele, gli fa alzare lo sguardo da se stesso. Questa è la testimonianza, la missione.”  E quando affronta il tema dell’amministrazione del battesimo, Bergoglio difende i diritti dei bambini: “Il bambino non ha nessuna responsabilità dello stato del matrimonio dei suoi genitori. E poi spesso il battesimo dei bambini diventa anche per i genitori un nuovo inizio. Di solito si fa una piccola catechesi prima del battesimo… in seguito i sacerdoti e i laici vanno a visitare queste famiglie per continuare con loro la pastorale postbattesimale. E spesso capita che i genitori, che non erano sposati in chiesa, magari chiedono di venire davanti all’altare, per celebrare il sacramento del matrimonio.”

Quando un giornalista gli ha chiesto di raccontare qualche episodio di questa evangelica “teologia della liberazione”, Bergoglio ha riferito una sua esperienza significativa: “Proprio qualche giorno fa ho battezzato sette figli di una madre sola, una povera vedova che fa la donna di servizio… mi aveva detto: ‘padre, sono in peccato mortale perché non ho fatto battezzare i miei figli’.  Era successo questo perché non aveva i soldi per far venire i padrini da lontano o per pagare la festa, perché doveva sempre lavorare… Alla fine ho detto: facciamo tutto con due padrini soli, in rappresentanza degli altri. Sono venuti tutti qui e dopo una piccola catechesi li ho battezzati nella cappella dell’arcivescovado… abbiamo fatto poi un piccolo rinfresco, Coca Cola e panini. La signora mi ha detto: ‘Padre, non posso crederlo, lei mi fa sentire importante. … Le ho risposto: ma signora, che c’entro io? E’ Gesù che la rende importante.”

Secondo il cardinal Bergoglio, il documento finale di Aparecida si fonda su tre pilastri. Il primo è la prassi pastorale dal basso verso l’alto, nel senso che sono i gruppi e le associazioni dei fedeli che forniscono i suggerimenti e le iniziative di evangelizzazione che verranno poi valutati e organizzati dalla gerarchia. Anche le fasi della redazione dei documenti sono rimaste aperte al contributo di tutti. Il secondo punto chiave è che per la prima volta una Conferenza dell’episcopato latinoamericano si riunisce in un Santuario mariano. Alle celebrazioni eucaristiche partecipavano migliaia di fedeli, così i vescovi prendevano contatto con il popolo di Dio, sentivano e vedevano l’assemblea viva della gente cristiana. Comprendevano il valore della pietà popolare con le sue devozioni, i suoi canti, le sue preghiere.  Il terzo pilastro è che la testimonianza cristiana deve uscire in missione. “Se si rimane nel Signore, si esce da se stessi. Non si rimane fedeli come i tradizionalisti o i fondamentalisti, alla lettera. La fedeltà è sempre un cambiamento, un fiorire, una crescita. Il coraggio apostolico è seminare la parola di Dio. E’ lo Spirito Santo che fa tutto il resto.

Non dobbiamo comunque pensare che questa nuova teologia della liberazione rimanga silenziosa di fronte ai politici ed agli speculatori finanziari. Bergoglio ha diagnosticato ancora ai tempi della grave crisi economico-finanziaria argentina del 2001, la drastica diminuzione della classe media, precipitata sotto la soglia di povertà relativa. Ha denunciato: “In questo momento c’è un disastro nel campo dell’educazione. Nella città e nelle zone abitative attorno a Buenos Aires ci sono due milioni di giovani che non studiano né lavorano… La crisi argentina deriva dalla speculazione globale, animata dall’idolatria del denaro, che è il nuovo vitello d’oro che ci allontana dalla Legge di Dio, come era accaduto ai tempi di Mosè per il popolo ebraico idolatra”.  Conclude Bergoglio: “E’ curioso vedere come l’idolatria cammini sempre insieme all’oro. E dove c’è idolatria, si cancella Dio e la dignità dell’uomo”.

Le citazioni del card. Bergoglio sono ricavate dal libro di Gianni Valente: Francesco, un Papa dalla fine del mondo (Ed. Emi, Bologna, 2013)


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