La teoria dell'Iceberg

Da Marcoscataglini
La fotografia non dovrebbe rivelare tutto, la fotografia dovrebbe essere per due terzi mistero, mistero che la terza parte visibile indica, sottintende, ma non mostra direttamente. Senza mistero, una foto perde la sua forza. Se una foto evidenzia compiutamente (ammesso sia possibile) un volto, un luogo, un albero, o qualsiasi altro soggetto, non ci affascina, non ci prende. Secondo Wim Wenders, "ci sono paesaggi, siano essi città, luoghi deserti, paesaggi montani o tratti costieri, che addirittura reclamano a gran voce una storia. Essi evocano le loro storie, le creano". Ammirarli, e poi fotografarli, significa allora riuscire a far intravvedere allo spettatore la storia potenziale che il soggetto esprime, lasciargli intuire che quello che sta vedendo è solo una traccia, una parte del tutto, che molto altro resta da scoprire, anzi da immaginare (nel vero senso del termine!).
Immagini che non lasciano spazio all'immaginazione sono immagini povere, vuote, fiacche. E' il "principio dell'Iceberg" di Hemingway, secondo cui è solo 1/8 della storia quella che bisogna raccontare, lasciando intuire i restanti 7/8, sommersi, che quella storia accompagnano. E' qui la bravura del narratore, ancora di più è qui la bravura del fotografo! E' anche il principio che Pete Turner definisce "cercando Cheetah", ovvero l'importanza di avere un progetto, un'idea, una storia da raccontare, prima di uscire nel mondo e trovare le foto. "Uscire con un'idea permette di evitare un approccio psicologico alla ricerca dell'immagine da realizzare intesa come puramente casuale. L'esistenza di un progetto fornisce una guida per quella giornata di riprese, ma il fotografo deve essere sensibile agli eventi inattesi, riuscendo a coglierli fotograficamente o addirittura creare l'occasione fotografica", ha detto il grande fotografo americano in un'intervista. E' difficile, infatti, senza avere un'idea in testa, uscire nel mondo (avendo solo scelto una meta) e fare le fotografie di cui parlavo prima, che rivelano i particolari di una storia che spetta poi allo spettatore completare. In fondo è questo che distingue una foto di successo da una fallimentare: non lascia indifferente, ma fa venir voglia di comprendere di più, di immaginare cosa c'è oltre. E' questo che ce la stampa in testa e la rende indimenticabile. Pete Turner, che realizza reportages, parla appunto di "andare a cercare il leopardo", cioè l'avventura, ma è ovvio che avere un progetto può anche significare restare in casa a fotografare un sasso, se da questo si può ricavare una foto bella e che intrighi chi la guarda! Il punto è essere creativi e "connessi" con l'ambiente circostante. Perché in fondo, come diceva Oscar Wilde, "lo scopo dell'Arte è semplicemente quello di creare uno stato d'animo"...

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