Anna Lombroso per il Simplicissimus
È proprio come quando chi ruba due mele al mercato va in galera, mentre i grandi ladroni, quelli delle grandi opere pensate per promuovere speculazioni, quelli delle banche strozzine, quelli della troika invece prosperano nella grande cuccia della legalità.
Si perché con orgoglio demoniaco il governo rivendica di aver inserito nel nostro codice penale gli ecoreati così “….chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni….. “. Però se chi appicca il fuoco lo farà nei 12 inceneritori che quello stesso governo ha programmato, se sarà non un manovale della camorra in una della tante terre dei fuochi, un piccolo imprenditore irresponsabile che non sa come disfarsi dei materiali di risulta – colpevoli, eh, colpevolissimi – ma invece un signore delle discariche, uno di quei boss che da decenni si arricchisce del brand monopolistico dell’immondizia, uno di quegli imperatori del business delle discariche, allora tutto è in regola, anzi allora è un mecenate, un difensore dell’ambiente che mette riparo finalmente all’ennesima emergenza che si è abbattuta chissà come mai sul nostro paese, come le sette piaghe d’Egitto.
Perché bruciare rifiuti è reato, incenerirli a spese nostre e inquinandoci, invece è un servizio pubblico: l’articolo 35 dello Sblocca Italia, infatti, definisce i termovalorizzatori “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente ”. E il comma 7 stabilisce l’applicazione del “potere sostitutivo” in modo da aggirare l’opposizione di tutte le regioni interessate dai 12 insediamenti, uno in Piemonte, Veneto, Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania e Puglia, due in Toscana e Sicilia. che hanno già fatto sapere di non essere disposte ad accettare questa imposizione autoritaria esercitata in nome del bene comune.
Il braccio di ferro è fissato è fissato per il 9 settembre quando si terrà la Conferenza Stato Regioni. E si vedranno di fronte gli interessi opachi del governo Renzi e i presidenti di regione, alcuni dei quali del Pd, ancora una volta richiamati all’ordine di scuderia per approvare interventi inutili, dannosi e dunque inspiegabili se non per appagare appetiti e realizzare profitti a spese dei cittadini e dell’ambiente. Il presidente delle Marche ha fatto notare sia pure sommessamente che da poco è stato chiuso l’impianto di Macerata, che non serviva più, la governatrice dell’Umbria, fiera del successo della raccolta differenziata, non li vuole proprio soprattutto in un’area già fortemente interessata da fenomeni di inquinamento industriale. Perfino De Luca dice no: per realizzare un termovalorizzatore servono almeno quattro anni. Tra quattro anni, ha dichiarato, ci saranno 700 mila tonnellate di rifiuti da smaltire, per i quali basta l’impianto di Acerra. Per non dire di Emiliano, che si è impegnato in campagna elettorale con i cittadini che hanno espresso la loro opposizione, per non dire di Chiamparino che di impianti ne ha già “uno e gli basta”.
Se qualcuno avesse ancora dei dubbi sulla qualità di questo governo, sulla sua decodificazione aberrante del preminente interesse nazionale, tutto lo Sblocca Italia, i suoi tunnel, le sue superstrade, le sue trivellazioni, le sue scelte di fondo: realizzare opere pesanti, costose e largamente inutili col gioco delle tre carte virtuale dei fondi pubblici e del contributo dei privati, senza provvedere al risanamento idrogeologico, rappresentano davvero una allegoria, un caso di studio simbolico e rivelatore. Che una volta di più riconferma come le emergenze protratte artificialmente e sapientemente alimentate siano diventato il puntello della crescita secondo Renzi e i suoi padroni locali e esterni.
E i rifiuti sono da anni una emergenza coltivata con cura, un affare condiviso da manager in doppiopetto che hanno criminalmente attentato alla nostra salute insieme a malandrini in costume tradizionale, interi territori sono avvelenati, non solo quella che un tempo era la Campania Felix, ma anche l’operosa Lombardia, se non molto tempo fa si è appreso che alcune iniziative di edilizia residenziale e commerciale di Milano erano state previste su terreni che nascondevano nel sottosuolo discariche di rifiuti industriali. . Per limitarci ai rifiuti solidi, l’Italia ne produce circa 180 milioni di tonnellate all’anno, 32 di rifiuti urbani, 50 di rifiuti industriali, 70 di rifiuti delle attività di cave, miniere e residui di costruzioni, 28 di altri rifiuti. Ogni italiano ne fabbrica circa 500 chili di urbani, e circa 3000 chili di rifiuti totali, pari a cinquanta volte il suo peso.
E allora verrebbe ragionevolmente da farsi qualche domanda. Perché se si producono troppi rifiuti, nessun governo occidentale ha mai davvero agito sulla produzione e sul commercio per ridurli all’origine?. Perché si è fatto così poco per promuovere e “premiare” la raccolta differenziata? Perché non si è imposto alle aziende di ridurre imballaggi, l’impiego di materiali pesanti e dannosi? Su quale base per lo stoccaggio sono state scelti sistematicamente siti inappropriati, pericolosi per l’inquinamento delle falde idriche, per l’instabilità dei terreni, per la distruzione di risorse territoriali preziose, per la densità della popolazione coinvolta?
Le risposte le sappiamo già: ogni crisi, ogni problema degenerato negli anni in emergenza ha trovato le stesse soluzioni straordinarie. Affidare la loro gestione a privati, possibilmente secondo regimi temporanei ma imprevedibilmente duraturi, sotto il controllo benevolo di commissari straordinari, sospendendo “necessariamente” tutte le regole ordinarie in regime di appalti e incarichi, ma anche quelle sui controlli e la salvaguardia sanitaria e ambientale, che, si sa, a volte se non si piò far nulla per contrastare la febrre, è meglio manomettere il termometro. Escludendo infine i cittadini dalle scelte che li investono direttamente, addirittura manu militari, con l’esercito schierato in tenuta anti sommossa.
E dire che in questo caso più ancora che in altri sarebbe “strategico” e di “preminente interesse nazionale” quel controllo sul territorio che si fa con il coinvolgimento delle popolazioni locali, per fermare chi abbandona i rifiuti, trasforma pingui terreni in discarica, brucia materiali velenosi avvelenandoci, chi sotterra porcherie rimuovendole dalla vista e seppellendo vergogna e reato ma non i loro effetti sull’aria, sulle falde, del suolo.
Invece a sancire l’esproprio di sovranità dello Stato e la sottrazione di potere decisionale dei cittadini e dei loro rappresentanti, a consentire ai soggetti imprenditoriali di venir meno alle loro responsabilità così come a enti locali inadeguati, impotenti e incompetenti di subire le pressioni opache del malaffare, si sceglie d’autorità la strada peggiore, quella che toglie vigore alla “filosofia” dei Rifiuti Zero e alle buone pratiche, quella che aggira la speranza di realizzare un Piano nazionale del Riciclo, con le sue ricadute ambientali e occupazionali, quella che stravolge perfino la semantica convertendo l’incenerimento in “attività di recupero” così da spianare la strada a nuovi impianti piccoli o grandi, non contemplati dai Piani regionali, e avviando la ristrutturazione largamente insana di impianti obsoleti, in modo da fare di interi territori siti “dedicati” a bruciare rifiuti, quindi soggetti a un inevitabile degrado e a una fisiologica esclusione dal Bel Paese, la cui memoria sarà conservata solo sotto forma di formaggio.