“La terra del silenzio” di Gabriella Becherelli si aggiudica la prima posizione nella sezione A (libro di prosa edito) della Quarta Edizione del Concorso Letterario Nazionale “Oubliette 04” promossa dalla web magazine artistica Oubliette Magazine. Di seguito la critica letteraria redatta da Giovanna Albi. Buona lettura!
Un libro intelligente quello di Gabriella Becherelli, che parte da un pensiero leibziano che improvvisamente attraversa Mark: “Le anime sono specchi viventi o immagini dell’universo delle creature”.
È Mark un giovane architetto, invecchiato spiritualmente anzitempo per una sorta di inerzia psichica che lo caratterizza dacché ha incontrato il dolore. Ha finito col confondere la monotonia con la pace interiore, evitando di elaborare i lutti, specie quello dei suoi genitori, cercando di dimenticare distraendosi o impegnandosi nel suo lavoro.
Ma, come si sa, la vita chiede il redde rationem e anche per l’architetto arriva il momento di interrogarsi sul suo passato integrandolo col presente per superarlo ed arrivare ad una evoluzione della sua anima. E siccome, lo dice la filosofia, le cose non capitano per caso, il suo pensiero corre inconsciamente proprio al filosofo di Lipsia, nato nel 1646, tuttologo che ha superato precocemente rispetto ai tempi l’empirismo di Locke e il dualismo di Cartesio.
L’apporto del dotto pensatore ha dato una svolta fondamentale alla filosofia e il testo della Becherelli abilmente dimostra come “la filosofia sia migliore del prozac” e possa aprire finestre infinite di riflessione in un ragionamento che torna unico e compatto in se stesso, se si segue dal di dentro il percorso coerente leibniziano.
Ora, benché, come noto, esista la teoria della farfalla di Lorenz, studioso del Novecento, che consiste nel riconoscere che piccole variazioni nelle condizioni iniziali producano grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema e, applicato alla meteorologia, questa tesi fece sorgere nello studioso il famoso dubbio: “può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in texas?”.
Leibniz riduce fino a farlo scomparire l’elemento “caos” per sostenere che c’è del provvidenzialismo nel progetto divino, che coincide con la monadologia. È la monade “un centro di forza, unico e indivisibile; una particella spirituale, un riflesso dell’universo, ognuna un centro di rappresentazione , una finestra sul mondo”. Ebbene, Mark entrando in tale consapevolezza della vita come rappresentazione (come poi sosterrà anche Heidegger) si ricollega alla sua vita passata che sembra essersi interrotta nel suo continuum coscienziale venti anni prima e, attraverso un improvvisa intuizione creativa, si dedica alla scrittura, vivendo su un doppio livello: quello della realtà fisica e quello della mente. Considerato, però, che “la materia è soggettiva rappresentazione” riesce, grazie a Leibniz, a superare il dualismo cartesiano “ res cogitans”/”res extensa”, considerando lo stesso corpo null’altro che una rappresentazione monadica, quindi spirituale. Il che lo avvia un das dasein, una ricerca spirituale profonda: “L’architettura era stata la struttura portante della sua esistenza, in quel momento intuì che stava per mettere in atto una performance tutta nuova: la ricerca della struttura del sé.”
Ecco la svolta: il lavoro dell’acuta autrice da filosofico diventa psicologico; quando parliamo del sé ci riferiamo alla nostra parte più autentica, quella che persiste sbaragliate le sovrastrutture intellettuali, quella che vibra con la nostra intelligenza emotiva e creativa.
Il viaggio interiore di Mark è un audace esperimento di autocoscienza che ci porta dritto dentro lo stadio di “appercezione” della monade, che è stato puro di consapevolezza cosciente. Con anticipazioni, però, freudiane, perché il procedimento include elementi inconsci che poi coincidono junghianamente con la nostra parte creativa.
Da quanto fin qui detto, si comprende che il testo in oggetto è di nicchia e si rivolge ad appassionati quantomeno, se non ad esperti, di psico-filosofia, e il romanzo è di formazione e di rieducazione emotiva, nella certezza che siamo la casa di “Psiche” che, fondendosi con “Eros”, raggiunge il miglior mondo interiore possibile che è poi riflesso del mondo in cui viviamo che per Leibniz è “il migliore dei mondi possibili”.
Il tutto presuppone la fede nell’esistenza di Dio, come mano creatrice, monade perfetta, e accosta ad una visione mitologica e religiosa: “Ogni mito inizia con una parola: In origine”, disse, sussurrandola fra le labbra. Quindi Mark deve risalire alla fonte del suo sé, per il trionfo del bene sul male, il quale pur esiste ( sia metafisico che morale) ma poco è di fronte alla forza del bene insita nelle infinite monadi che coincidono con i singoli individui e con le loro componenti infinite.
Il mondo è ”energia e materia spirituale” (si sente nel testo l’influenza junghiana e delle filosofie orientali) e “Mark interpreta questi concetti immaginando un mondo parallelo, sotto la guida consapevole della mente di ogni essere”.
“Consapevolezza” è un termine di Leibniz che ben si coniuga con la “compassione” orientale, che nasce nel momento in cui si rendiamo edotti di essere parte della stessa sostanza spirituale, in cui si fondono elementi maschili e femminili, i noti ying e yang. Attraverso la sua creatività scrittoria, l’architetto si riappropria della sua parte femminile carente.
“I saggi dell’antica Cina pensavano che sia nello stato fisico che in quello psichico, si manifestasse la stessa realtà… I numeri potevano quantificare, dare forma alla conoscenza interiore coincidente allo stato di coscienza”. Ecco che la filosofia di Leibniz si sposa coi più antichi principi orientali, per cui egli applica alla dimensione filosofica quanto scoperto in matematica rispetto al calcolo infinitesimale. Il tutto avviene attraverso un fervido incontro di pensiero razionale, intuitivo ed emotivo, in cui vige anche il principio junghiano della sincronicità.
Rincontra una fanciulla, conosciuta venti anni prima e con lei (che non è altro che la sua parte femminile) si compie il processo ascensionale di purificazione della monade Mark, non senza evitare una totale immersione dentro di sé, alla ricerca del suo passato ineludibile. Compie tra realtà e fantasia un viaggio in Messico in cui vive cinque giorni nella Terra del silenzio, ai confini del dicibile, giorni che simbolicamente rappresentano quella dimensione border nella quale viviamo quando cerchiamo di reintegrare nell’essere le passate esperienze, gettandole in una nuova prospettiva.
Fare silenzio dentro di sé, recedere in se ipsum per ripartire con una nuova consapevolezza di ciò che è intrinseco, tolti orpelli, ruoli, e sovrastrutture. Potrei continuare ad libitum, tanto mi interessa il lavoro della scrittrice Becherelli, ma scoprirei troppo la trama, mentre chiudo dicendo che in un secolo come il nostro, in cui si corre veloci verso il Nulla, c’è bisogno di un ritorno a opere che inducono alla riflessione e alla ricostruzione di sacrosante certezze che sono depositate ab origine nel nostro sé, stante l’innatismo di Leibniz, che si ricollega a Platone.
Congratulazioni a Gabriella Becherelli per l’ottimo risultato.
Booktrailer realizzato in collaborazione con Libera il Libro
Link diretto finalisti del Quarto Concorso Letterario Nazionale “Oubliette 04” QUI
Written by Giovanna Albi
Per i vincitori della Prima Edizione del Concorso “Oubliette 01″ clicca QUI.
Per i vincitori della Seconda Edizione del Concorso “Oubliette 02″ clicca QUI.
Per i vincitori della Terza Edizione del Concorso “Oubliette 03″ clicca QUI.