La Tête la première: Amélie van Elmbt
Creato il 27 aprile 2013 da I Cineuforici
@ICineuforici
La Tête la première
(Belgio 2012, 89 min., col., drammatico)
Il Belgio sta vivendo
un particolare momento cinematografico. Oltre ai più noti frères Dardenne, c’è tutta una schiera di registi che si dedica
alla natura e al movimento che l’uomo, specialmente pre-adolescente, compie al
suo interno. La Tête la première è
l’emblema di tale fase.
Zoé (Alice de
Lencquesaing), ragazzina protagonista del film, è figlia dell’inquietudine
contemporanea. Fa dello stop a Seraing (periferia industriale di Liegi) per
lasciarsi alle spalle il passato, ma senza sapere quale sarà il suo futuro. A
bordo strada incontra un ragazzo, Adrien (David Murgia), sognatore romantico
che vorrebbe diventare attore. Per ora Zoé vuole solo andare a Lisieux, in
Francia, perché è un’ammiratrice di Santa Teresa e perché desidera incontrare
l’autore di poesie a lei care.Adrien
decide di accompagnarla. I due si provocano, bisticciano, si punzecchiano, ma
si amano, si sfiorano, si accarezzano, si corteggiano e si lasciano per
rincontrarsi di nuovo.
Si diceva del cinema
belga. Il primo lungometraggio di Amélie Van Elmbt è molto “belga”:
attori e
paesaggi“puri” e naturali, semplicità del linguaggio e pochi artifizi. È un
film talmente belga che si avvicina a quello del connazionale Bouli Lanners e
del suo Les Géants. Non per la storia
in sé, ma per come viene espressa. I personaggi sono persi, passivi in questa
natura ancora selvaggia (le Ardenne), ma che non spinge ad affrontarla. Non è,
insomma, l’Amazzonia di Herzog e di Kinski, ma è qualcosa che rende pigri,
assuefatti, oziosi. I francesi esprimono questo concetto con il verbo trainer. Nella natura l’uomo si trascina
con le membra pesanti, o, meglio, è lo spettatore che ha le gambe pesanti.
Infatti, i tre ragazzi di Lanners o i due eroi romantici di Van Elmbt sono
arzilli e pimpanti, ma è l’immagine, il ritmo e il montaggio che rende il tutto
molto “trascinato”. Il flâner
dei
dandy nelle strade cittadine, tanto care a Baudelaire, diventa qui il flâner
senza scopo di Zoé, David e dei
tre protagonisti di Lanners.
È solo un fenomeno
belga o internazionale? Con le dovute e necessarie differenze, si possono
ritrovare tali sentimenti in Beasts of the Southern Wild, nei film di Jeff Nichols, nell’ultima pellicola di Abel
Ferrara, di Another Earth e, in un certo
qual modo, anche di Melancholia. Si
tratta, allora, di una possibile corrente cinematografica, d’“un cinéma qui traine” soffocato dal peso
sociale e naturale. Lasciarsi trascinare dagli eventi, questa può essere la
chiave della fase artistica del secondo decennio del duemila.
Certamente La Tête la première non è un capolavoro;
anzi, difetta di artificialità narrativa e a volte d’ingenuità, ma è sotto il
riflettore di “questo dolce far nulla” che il lavoro di Van Elmbt può essere
apprezzato.
Mattia Giannone
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