La torta di Jack O’ Lantern

Da Mammachebuono123

Come fosse finito un fantasma nella cucina di un’osteria non era difficile capirlo. I fantasmi possono essere dovunque. Ben più arduo invece era intuire come avesse potuto diventare un aiuto cuoca, un sous chef, via! Tutto era accaduto la notte di Halloween.
Prima di diventare un fantasma Jack O’ Lantern non era stato proprio un buon cristiano, anzi: viveva alle spalle della madre anziana,  tendeva allo sperpero ed era quasi sempre ubriaco. Inoltre, non aveva mai lavorato. Vista la sua condotta nessuna donna lo amò e se ne prese cura, tranne sua madre fino a che fu in vita, poi… Ne lui, dal suo canto, era  facile all’innamoramento  o a stabilirsi, come un vero uomo. Fino al giorno in cui…la vide.
Lei si chiamava Jenna Chubby,  era la moglie dell’oste e lavorava in cucina. Non che fosse particolarmente bella, ma si sa l’amore è cieco. Di lei lo attraevano prima di tutto il piglio deciso, la foga di donna sicura; poi la figura imponente, le braccia forti e il viso bianco e rosso della salute.  Era lei a cacciarlo fuori dall’osteria  a notte fonda, imprecando contro di lui e tutto il genere maschile. Quand’era arrabbiata gli pareva ancora più bella, così forte nella sua veemenza che gli insulti a raffica diventavano sonetti. Quindi, fu per lui, amore vero, dal primo all’ultimo bicchiere; amore cieco e pure sordo.  Solo con una donna così si sarebbe messo a posto, per sempre! Che dire: pur di avere le sue attenzioni avrebbe venduto l’anima al diavolo.
Non è che se qualcuno vuole vendere l’anima al diavolo lo deve dire due volte, basta solo una, ché lui è sempre alla ricerca e non aspetta altro, infatti…
Nel bel mezzo di una delle sue solite bevute fino a sfinirsi, il diavolo gli si avvicinò e come un amico qualsiasi si mise a parlare del fascino che certe donne erano in grado di suscitare e poi, ancora, pontificò sul fatto che alcune erano specialiste nello stracciare il cuore. Così, vuoi perché in vino veritas, o perché non vedeva l’ora di alleggerire il sacco pieno di sentimento non corrisposto, si confidò con questo amico fortuito, facendosi anche scappare più d’una lacrima.
“Sono il diavolo” se ne uscì, dopo lo sfogo, il nuovo arrivato “Se vuoi davvero quella donna c’è un solo modo: vendimi l’anima e lei sarà tua per sempre”.
Come? L’amore in cambio dell’anima? Qualcosa non gli tornava. Pensava e ripensava, e se pur annebbiato non si figurava di poter amare qualcuno senza l’anima. Allora gli prese la paura, la paura forte di essere andato al di là del possibile: era sì molto ubriaco ma non uno scellerato. Valeva la pena? Mah… E così, preso dal dubbio, chiese al finto amico: “Non ti nascondo, Diavolo, di averci pensato. Ma come faccio ad essere così sicuro che  mi vorrà, dopo che mi sono privato dell’anima?” “Oh niente di più facile, è un problema mio. Vai questa notte al Ponte delle Streghe, la troverai là che ti aspetta.”
Detto ciò, così com’era apparso, il diavolo si dileguò lasciandolo nella più completa confusione e totalmente immemore del patto appena stipulato. Non solo, dal troppo vino quella notte riuscì a mala pena ad aprire l’uscio di casa, dopo essere stato spazzato fuori dall’osteria da una Jenna infuriata, che il ponte delle streghe non sapeva nemmeno dove fosse.
Anche Il diavolo, preso da numerosi impegni, si dimenticò di quell’anima da reclamare e pensò ad altro per un po’ di tempo; poi improvvisamente se ne ricordò. Amore o no, la parola era stata data: non si parlava a vanvera con lui.
Entrò all’osteria che stava imbrunendo e trovò Jack O’ Lantern seduto al solito tavolo, con la testa tra le mani e più di là che di qua. “Sono venuto a prendermi quanto mi spetta, caro! Ti ricordi che per amore di Jenna mi hai venduto l’anima? Ti ricordi: il ponte delle Streghe? Ora dammi la tua anima!”
A dire il vero, ben poco si ricordò, se non di avere solo dormito. Inoltre niente faceva suppore che Jenna si fosse invaghita di lui:  era sempre la stessa, con la voce per aria e la  scopa in mano per cacciarlo. Non era cambiato nulla. Ma la questione dell’anima al diavolo era grave: doveva trovare un modo per risolverla.
“Caro Diavolo” gli disse “Va bene, ti do l’anima. Ma prima permettimi un’ultima bevuta”. E questi, ingolosito, gli rispose: “ Oh, per tutti i diavoli! Beviti anche la decima, ma basta che ti sbrighi, non ho tempo inutile!”
Si sa che se il diavolo perde facilmente la pazienza, che è viziato e volitivo, che se vuole una cosa fa di tutto per averla.
“Non ho più soldi, dovresti prestarmi una moneta”, e il diavolo “Non ho danaro con me”. Jack O’ Lantern tremava come una foglia, ma riuscì a chiedere: “Allora visto che sei potente trasformati in moneta!”  Ecco fatto: il diavolo diventò un soldino. Subito Jack prese il diavolo così come s’era reso, monetina, e lo mise in tasca, vicino ad una piccola croce d’argento che gli aveva regalato suo nonno. Ah, che brutta fine fece quel povero diavolo che con le croci non andava d’accordo! Costretto, per giunta, in una tasca puzzolente. Solo molto tempo dopo riuscì a ricomporsi, a riprendere la sua forma di diavolo, ad uscire da quella tasca e, stiracchiandosi,  tornare finalmente là da dove era venuto, cioè all’Inferno.
Non è dato sapere quanti giorni o quanti anni passarono, di fatto il Diavolo mai si dimenticò di quella tasca stretta, di quella croce che la voleva sempre vinta e dell’inganno.  Jack invece rimase sempre lì, ad ubriacarsi e a ciondolare, innamorato e solo. Poi, per via di quella sua vita dissoluta, morì.
Non che avesse sperato nel Paradiso, no, ma almeno un posto o perfino un postaccio all’Inferno se lo sarebbe meritato, dopo tutta una vita passata a cercarselo e invece… “Ah, ora mi ricordo di te! Mi restano, a memoria, ancora tre o quattro botte e tutte le pieghe, per essere stato costretto e, in assai brutta compagnia, nella tua tasca da ubriacone, brutto disgraziato! Per quanto mi riguarda l’Inferno, ora, te lo dovrai meritare. Io qui non ti faccio entrare!” E detto questo, tirandogli  dietro un tizzone ardente, lo mandò a girovagare, errante a tal punto da non potersi fermare mai, aspettando di guadagnarsi un posto all’Inferno. Si era proprio dannato l’anima Jack O’ Lantern. Non avrebbe mai dovuto scendere a patti con il diavolo.
Stanco morto, si informò presso alcuni suoi colleghi fantasmi, che stavano vagando come lui, se vi fosse la possibilità di avere una sistemazione anche temporanea: una soffitta, una cantina, un sottoscala, in attesa dell’inferno, per riposare il suo lenzuolo. In simultanea risposero che anch’essi stavano cercando, ma che, per i fantasmi, i tempi erano davvero duri.  Ora non spaventavano più nessuno, neanche i bambini. Addirittura c’era chi li acchiappava e li metteva sotto spirito per tutta l’eternità e allora sì che erano guai seri. Inoltre, la moda del fantasma di famiglia era bell’e che passata. Non rimaneva che aspettare la notte di Halloween quale momento adatto a trovare un buon posto, forse in eterno.
Nella confusione generale di quella notte, non si distinguevano i fantasmi veri dai finti, quindi nessuno si preoccupava di cacciarIi via e nemmeno li mettevano in un vasetto, per il timore di sbagliarsi.  Anche il diavolo non si faceva vivo, per non incorrere in crisi d’identità. Così indisturbati  avrebbero potuto di soppiatto intrufolarsi in un luogo accogliente, da fantasmi.
Per lui ci fu un’unica strada, e forse l’ultima, da percorrere quella notte: la strada verso l’osteria. Perché esisteva un unico posto dove avrebbe voluto riposare il suo stanco lenzuolo: vicino a Jenna Chubby. Di certo, da fantasma, non avrebbe potuto vederlo.  E lì si diresse senza pensarci tanto.
“Oh, Jenna, Jenna! Sapessi come mi sono dannato l’anima per causa tua…” e, mentre con il cuore contrito parlava da solo, vide che alla finestra della sua ostessa rubiconda c’era una bella zucca. Fece per sollevarla e…“Jack o’ Lantern,  giù le mani da quella zucca!  Mi serve per cucinare. Non hai ancora smesso di combinare guai? Vieni qui che ti metto a posto, io…”. Una voce fin troppo conosciuta e desiderata lo fermò. Che dolce musica per le sue fantasmatiche orecchie!
“Ma c’è una candela, dentro…” solo questo riuscì a risponderle. “Che importa? Una volta tolta quella, la cucinerò. Allora! Ti vuoi muovere? Ci sono le patate da pelare, i polli da spennare, il pane da infornare, le torte di zucca da fare, forza!”
Superato lo choc provato nel ritrovarla, scoprì fortunatamente che lei era ancora lei: la stessa donna pratica ed efficiente. Lei era ancora lei: lo stesso grembiule a quadri. La stessa faccia paffuta. Le stesse braccia forti. La stessa voce. Era una certezza. “Con una così” ebbe a dirsi “non hai più paura di niente, non ti ciondoli ubriacandoti. Non vai di qua e là, né da vivo né da morto.”
E infatti fu lì che restò, con un unico dubbio: come aveva potuto vederlo? Che il diavolo ci avesse messo del suo? Mah…di fatto nessun altro mai lo vide all’infuori di lei, che, in virtù di quell’ aiuto inaspettato quanto invisibile , di lì a poco avrebbe fatto ingelosire l’oste. Prese, infatti, ad assentarsi spesso; frequentava la palestra, l’estetista e il parrucchiere. Era più rilassata, perfino dolce e spesso dopo avere ben “cazziato” il suo aiutante, gli faceva l’occhiolino. Che ci fosse un altro? Si chiedeva il buon uomo. Nooo! C’era molto altro: molto, altro, tempo.
Forse il diavolo s’è davvero dimenticato di Jack O’ Lantern, che è sempre lì, lì che lavora: pela patate, inforna il pane, passa lo straccio, e prepara per la notte di Hallowen una torta di zucca davvero buona. Ogni tanto rimpiange di essere capitato in quel posto  con la stessa intensità con la quale aveva desiderato giungervi. Spesso arriva perfino a desiderare che il diavolo torni a riprenderlo, che di tanta fatica non ne può più. Poi però, si lascia trastullare dalla vicinanza di Jenna e dalla celestiale illusione di non stare lì per guadagnarsi un posto agli Inferi, bensì ad aspettare un’altra vita  e la possibilità che lei, infine, in quell’altra vita, lo amerà. Ora, per lui, l’Inferno può attendere. Non altrettanto l’amore.

Torta di Jack O’ Lantern

Ingredienti per 8 persone: 200 g di riso vialone nano, 1 albume, 3 cucchiai di grana grattugiato, 30 g di burro, brodo, 400 g di polpa di zucca, 200 g di besciamella o di ricotta, 1 uovo e 1 tuorli, sale e pepe
Ingredienti per la mousse al taleggio: 200 g di panna, 70 g di taleggio, sale

Per preparare la mousse al taleggio: in un pentolino scaldate la panna e il taleggio fino a fonderlo del tutto. Mettete in una ciotola e conservate in frigorifero coperto per almeno 10 ore. Trascorso il tempo montate la panna al taleggio a velocità media. Con la sac a poche decorate a piacere la superficie della torta, o servite a parte.

Per preparare la torta: lessate il riso nel brodo per 12 minuti, scolatelo e mescolatelo con il grana il burro e l’albume. Foderate la tortiera con carta da forno e aiutandovi con il dorso di un cucchiaio livellate il riso sui bordi e sul fondo. Infornate a 200°C per 15 minuti. Nel frattempo mescolate la polpa di zucca con l’ingrediente scelto (besciamella o ricotta) e tutti gli altri ingredienti. Regolate di sale e pepe e travasate nel guscio di riso. Proseguite la cottura a 170° per altri 40 minuti.

Consiglio: per la crosta di riso potrete usare del risotto avanzato.

Buona giornata a tutti!



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