La tragica morte del capitano Elio Nisi

Creato il 02 febbraio 2012 da Cultura Salentina

di Ottorino Capocelli

Il capitano Elio NISI (1932-1961)

L’11 novembre 1961 a Kindu, nell’ex Congo belga, tredici aviatori italiani, facenti parte del contingente dell’Operazione delle Nazioni Unite in Congo, furono trucidati. Il Congo era sconvolto dalla guerra civile a seguito dell’uccisione di Patrice Lumumba, l’ex Primo Ministro nazionalista che aveva tentato di liberare il paese dalle ingerenze esterne. Il Belgio, dopo decenni di sfruttamento coloniale e massacri, aveva lasciato il Congo in un completo caos politico ed amministrativo: grandi interessi internazionali e finanziari agirono poi per rendere più grave la situazione, favorendo la secessione del Katanga, la più ricca provincia del paese, centro d’importanti attività minerarie.

Le fazioni in lotta erano tre: quella del presidente Joseph Kasa-Vubu con le truppe comandate dal generale Mobutu, quella lumumbista di Antoine Gizenga con le truppe del generale Lundula che controllano la provincia orientale; quella katanghese di Moise Ciombe con i gendarmi guidati da mercenari bianchi, soprattutto belgi.

I due equipaggi italiani operano da un anno e mezzo nel Congo ed il 23 novembre del 1961 sarebbero dovuti rientrare in Italia. La mattina di sabato 11 novembre 1961 i due aerei decollano dalla capitale Leopoldville per portare rifornimento alla piccola guarnigione malese dell’ONU che controlla l’aeroporto poco lontano da Kindu, ai margini della foresta equatoriale. È una regione dove i bianchi non stanno volentieri e che da mesi è sconvolta dal passaggio delle truppe di Gizenga provenienti da Stanleyville e diretti nel Katanga. Nessuno è in grado di controllare questi soldati: si ubriacano; sono ossessionati dal terrore dei parà di Ciombè; privi di disciplina, compiono misfatti, ruberie, soprusi; terrorizzano non solo gli europei di Kindu, ma la stessa popolazione indigena. Gli aerei italiani però non si devono fermare, rientreranno alla base nella stessa giornata, solo il tempo di scaricare e, per gli equipaggi, di mangiare qualcosa. I due C-119 compaiono nel cielo di Kindu poco dopo le 2 del pomeriggio, fanno alcuni giri sopra l’abitato, poi atterrano. Fra i duemila soldati congolesi di Kindu si era intanto sparsa la voce che fosse imminente un lancio di paracadutisti mercenari di Ciombe e quando, il sabato, vedono volteggiare in cielo i due aerei, credono trattarsi dei parà di Ciombe. Il terrore e il furore s’impossessano dei soldati, che saltano sui camion e vanno all’aeroporto e poi alla mensa dell’ONU, una villetta distante un chilometro, dove il maggiore Parmeggiani e gli altri italiani si sono recati in compagnia del maggiore Maud, comandante del presidio malese. All’arrivo dei congolesi, sempre più numerosi e minacciosi, gli italiani che sono disarmati, cercano di barricarsi all’interno dell’edificio ma vengono catturati. I pochi malesi di guardia vengono disarmati e malmenati. Il primo a morire è il tenente medico Remotti che tenta di fuggire. I dodici italiani superstiti vengono assaliti; poi pesti e sanguinanti, con il cadavere di Remotti, vengono caricati su due camion, portati in città e scaricati dove termina la via principale, davanti alla prigione. Alle prime luci della sera i militari italiani vengono finiti con due raffiche di mitra. Poi una folla inferocita si scaglia sui corpi martoriati e ne fa scempio a colpi di machete.

Intanto un altro equipaggio italiano era partito da Pisa, in soccorso e per dare il cambio al contingente italiano, assolutamente ignaro dell’accaduto. L’equipaggio era guidato dal capitano pilota Elio Nisi, originario di Maglie (LE). Il C-119 di Elio Nisi, nel cielo del lago Tanganica, accusò un’avaria al motore e l’aereo fu costretto ad atterrare ma, una volta preso terra, si ribaltò a causa di un grosso tronco d’albero messo per traverso sulla pista: morirono in 4 compreso lo stesso Nisi, che però fece sì che il resto dell’equipaggio si salvasse.


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