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L'eleganza del riccio - Muriel Barbery

Creato il 24 giugno 2015 da Luz1971
L'eleganza riccio Muriel Barbery
Incipit: "Marx cambia completamente la mia visione del mondo" mi ha dichiarato questa mattina il giovane Pallières che di solito non mi rivolge nemmeno la parola.
Antoine Pallières, prospero erede di un’antica dinastia industriale, è il figlio di uno dei miei otto datori di lavoro. Ultimo ruttino dell’alta borghesia degli affari – la quale si riproduce unicamente per singulti decorosi e senza vizi –, era tuttavia raggiante per la sua scoperta e me la narrava di riflesso, senza sognarsi neppure che io potessi capirci qualche cosa. Che cosa possono capirci le masse lavoratrici dell’opera di Marx? La lettura è ardua, la lingua forbita, la prosa raffinata, la tesi complessa.

Ricordo che ne chiusi l'ultima pagina dopo essermelo gustato a piccoli sorsi, per settimane, leggendo e rileggendo, sottolineandone le cose più coinvolgenti. Sono pochi gli scrittori in grado di compiere questi miracoli. La storia si svolge tutta fra le mura di un palazzo dell’alta borghesia nel cuore di Parigi, protagoniste la portinaia Renèe e la bimba ricca Paloma. Il soggetto è geniale: sono entrambe “ricci” nel senso più comune del termine, ovvero scelgono di chiudersi al mondo, isolarsene, pur vivendoci dentro. Osservano la realtà circostante con costante occhio critico, non si sentono affatto parte del sistema, trovano un confortante rifugio nella Bellezza dell’arte, nell’estetica che le rapisce. Renèe, coltissima e raffinata in realtà, si finge la portinaia che convenzionalmente tutti si attendono: sciatta, ignorante, burbera. Stesso dicasi per Paloma, geniale ragazzina in una classe di beoti figli di ricchi come lei, sceglie l’isolamento e l’altezzoso mutismo, celando accuratamente un cuore di bimba sensibile e buona. Renèe e Paloma insomma accettano il meccanismo di una realtà falsa e ipocrita, ma se ne nascondono indossando costantemente una maschera, che le rassicura e le fa sopravvivere. Per molta parte del romanzo, con il tipico “piglio” alla francese, la Burbery fa alternare il racconto in prima persona di Renèe al diario di Paloma, ed è così che impariamo a conoscere il muoversi dei personaggi a volte grotteschi che si muovono nel palazzo. Poi la deviazione verso l’arrivo di un nuovo inquilino, che rompe quell’equilibrio nel disequilibrio. Ed è qui che comincia la parte più straordinariamente coinvolgente. La possibilità del riscatto per Renèe, la possibilità di comunicare empaticamente per Paloma. La scrittura muta quasi sull’onda di questo percorso nuovo. Il racconto della donna ce la fa apparire sotto una luce meno grottesca e straordinariamente umana. Cominciamo a parteggiare alacremente per lei, desideriamo per lei questo riscatto. La bambina intanto incrocia i suoi passi, e la sua cronistoria è anch’essa più umana, viene fuori tutto il suo mondo infantile, il suo disperato desiderio di comprensione. Chiaramente non rivelerò il finale che spiazza, che lascia senza parole, che irrompe creando nel lettore un moto di ribellione e allo stesso tempo la sensazione di una Necessità che si fa strada. Il finale è appunto necessario, e quel “sempre nel mai” lo contiene tutto.Credo che chi si definisce “lettore” non possa perdersi un libro come questo.
Avete letto questo piccolo grande romanzo? Che ricordo ne avete? 

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