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Umberto Eco come Pico della Mirandola

Creato il 21 febbraio 2016 da Luz1971
Umberto Eco come Pico della MirandolaL'espressione più comune quando viene a mancare qualcuno che è stato particolarmente importante è siamo un po' più soli, e forse è proprio così da qualche giorno, da quando è esplosa notizia della morte di Umberto Eco. Scrittore, filosofo, semiologo, non sono che etichette che non ne esauriscono il genio e l'intelletto, perché Eco è stato un maestro anzitutto, una di quelle menti intessute di cultura e con il dono della curiosità, con lo sguardo attento sul tempo dal passato fino al futuro immaginabile. Una delle sue ultime affermazioni, quella sulla libertà di espressione agli imbecilli che i social sanno offrire è solo una delle infinite arguzie di questo grande studioso - e per altro mi trova del tutto d'accordo.
La prima volta che mi imbattei nel suo genio fu nei primi anni universitari, quando ebbi modo di studiare alcuni suoi saggi e testi durante due esami di Semiologia delle arti. Conoscevo l'autore de Il nome della rosa, il film di Annaud che ci aveva stregati nel 1986, fu una scoperta esaminarne gli scritti per quei due esami. L'arguzia, la dialettica rigorosissima e allo stesso tempo ironica, l'analisi dei linguaggi, irrinunciabile per studenti che intendevano formarsi su quelle particolari e attualissime discipline, fu un'esperienza che ricordo con tutto il piacere dell'arricchimento che ne è derivato. Umberto Eco come Pico della MirandolaPiù avanti lessi il celeberrimo Il nome della rosa, romanzo storico di ambientazione medievale, cercandovi quel suo stile impeccabile e fu un piacere ritrovarvi lo studioso, che in quell'occasione si era dilettato nell'inventare un intreccio avvincente. Il romanzo, edito nel 1980, vincitore del Premio Strega, "fra i cento libri del secolo" secondo i francesi, aveva suscitato entusiasmi in tutto il mondo, fino ad approdare all'importante produzione cinematografica. Fu un successo confermato e Eco divenne celebre. Col tempo, più volte dichiarò di detestare quel romanzo, che in fondo a suo parere non era stato che un artifizio che si era divertito a costruire, mescolando generi differenti, e in qualche modo frutto di un otium intellettuale. Umberto Eco come Pico della MirandolaQualche anno dopo lessi L'isola del giorno prima, nel quale il naufragio e i mille espedienti per raggiungere la terraferma sono innumerevoli, ciascuno un'attenta citazione di strumenti d'epoche antiche. Anche qui quello di Eco non è che un gioco molto raffinato, e l'impressione è che abbia sapientemente intrecciato conoscenza, anzi sarebbe meglio dire erudizione, e immaginazione. Mi era piaciuto molto Il nome della rosa, questa lettura fu un'esperienza differente, che spostava l'osservazione da un monastero benedettino durante il Medioevo a un vascello naufragato nel XVII secolo, ricco di cose che il protagonista scopre pian piano. Ricordo che il finale mi lasciò spiazzata e in parte anche insoddisfatta. 
Umberto Eco come Pico della MirandolaPoi fu la volta di Baudolino, che ricordo per la fatica che costò portare a termine la lettura. Non lo mollai, fiduciosa nell'innegabile utilità di ultimare un romanzo poderoso come quello, perché Eco è scrittore prolifico e imbevuto di sapere, quindi si è coscienti di cosa ci si possa trovare dinanzi quando lo si sceglie. Ne uscii frastornata, a oggi non posso dire che mi sia piaciuto, forse lo lessi nel periodo meno adatto ad affrontare una lettura come quella, chissà. Certamente Eco aveva scelto uno stile, quello della fittissima ricostruzione storica, nulla lasciato al caso, un lavoro rigoroso e in linea con le sue scelte stilistiche di sempre, quelle che lo avevano reso noto in tutto il mondo. In copertina leggo "questo romanzo celebra la forza del mito e dell'utopia", non mi stupisce il connubio.
Umberto come Pico della MirandolaLa misteriosa fiamma della regina Loana mi divertì molto. Qui Eco fa un viaggio nella memoria che gli appartiene, l'intreccio non è che un espediente che gli offre l'opportunità di percorrere il tempo cui guarda nostalgicamente. E' un romanzo che di differenzia molto dai suoi notissimi intrecci storici, è ricco di ironia, di leggerezza, pur celata dietro il rigore che sempre gli è stato proprio. Se devo consigliare uno dei libri di Eco definendolo imperdibile, è proprio questo. Una sorta di gioco in cui lo scrittore si diverte a ripercorrere infanzia, giovinezza, attraverso l'osservazione di linguaggi appartenuti a quelle epoche, straordinario come si possa far conciliare ironia a rigore. 
Se guardo a questo immenso maestro, mi piace ricordare l'anno in cui scrissiUmberto Eco come Pico della Mirandolala mia tesi seguendo i consigli del piccolo saggio dedicato a questo momento tanto importante della formazione, Come si fa una tesi di laurea. Uno di quei testi che tutti i laureandi dovrebbero leggere, e allo stesso tempo un piccolo saggio a prescindere, che analizza gli intenti, le scelte, i tempi, la metodologia di compilazione. Ricordo che il principio fondamentale di cui Eco scrive è che è impossibile scrivere una buona tesi se non si possiede passione per ciò che si scrive, se non si ha entusiasmo, curiosità, ecco perché è necessario che lo studente scelga il suo argomento e non gli venga imposto. Sul finire dei miei esami, due docenti ai quali chiesi di farmi da relatore dissero che lo avrebbero fatto se avessi accettato la proposta di un tema dato da loro, evidentemente bisognosi di materiale per le loro pubblicazioni - atto assai discutibile. I suggerimenti di Eco nel suo mirabile piccolo libro mi portarono invece a sviluppare il tema che io preferivo, così mi laureai con una tesi in Antropologia culturale sulla donna fra i nativi americani. Ieri ho sentito una definizione diversa di questo maestro: "Umberto Eco è il Pico della Mirandola del nostro tempo", e credo che non ne esista una che lo descriva meglio, perché Umberto Eco è stato umanista, imbevuto di sapere enciclopedico, abile con la parola, cultore della memoria - lui che ha detto "l'uomo non è nulla senza memoria" - lettore originale della cultura di massa, intellettuale che lascia una traccia profonda nel sapere.

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