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La trappola dei fast-horror contemporanei

Creato il 31 gennaio 2013 da Frank_romantico @Combinazione_C
Oggi nessuna recensione. A dire il vero ne avevo una in programma, ma poi ho deciso di dedicare questa giornata ad una riflessione e questa riflessione è scaturita dal mio breve vagare di ieri su Facebook. Ora, sul libro delle facce si trova un po' di tutto, cose serie, cazzeggio, cose divertenti e cose inutili. Ogni tanto vien fuori un qualcosa che fa riflettere e pensandoci bene in questo Facebook è come la vita: guardi fuori dalla finestra e ti accorgi di qualcosa che per quanto insulso può dare il via ad un concatenamento di pensieri tutt'altro che banale. Ora, il punto di partenza in questo (mio) caso è stata questa vignetta "satirica":
La trappola dei fast-horror contemporanei
un fumetto che prende in giro un film, un'immagine che spiega con potente immediatezza qualcosa di cui ho parlato spesso e volentieri qui su Combinazione Casuale, ovvero l'essenza dell'horror contemporaneo, quello di consumo. Qualcosa di talmente fast e talmente easy che, per esistere, neccessita di farlo nella propria immediatezza. Cerco di spiegarmi un po' meglio: l'horror moderno ha bisogno di spaventare ma non accetta di prendersi una cosa neccessaria in tal senso: il "tempo". La paura ha bisogno di tempo. L'orrore non si basa su momento in cui questo viene mostrato ma su momento (o i momenti) che precedono la rivelazione dell'orrore stesso. Luminari dell'horror moderno (partendo da Poe e Lovecraft arrivando a King e Carpenter) hanno sempre insegnato che quel che non si mostra fa più paura di quel che è sotto gli occhi di tutti, perchè agisce sul subconscio del lettore - o dello spettatore - portando a galla quel che sono le paure individuali (ma anche etniche o culturali) e ancestrali permettendo a queste di prendere il sopravvento. Mettere alla prova i nervi del fruitore esercitando la tensione e la suspance. Logorare la percezione sensoriale attraverso l'uso del vedo/non vedo. Così facendo il fruitore viene chiamato quasi ad un ruolo attivo, non subisce e basta ma gli si permette di mettere in moto determinati meccanismi per colmare i vuoti lasciati lì volutamente dall'artista. 
Invece l'horror attuale, quello facile da fruire, se ne frega di tutte queste cose. Paranormal Activity, in tal senso, è un film/simbolo che attraverso i "bu" telefonati fa quel che sarebbe capace di fare qualunque adulto ai danni di un bambino: venir fuori dal buio e fargli venire un colpo. Non c'è fantasia, non c'è divertimento, non c'è intelligenza. Lo spettatore non deve far altro che aspettare pazientemente l'uomo nero (o il demone o il fantasma) perché sa che alla fine, quando arriverà, lui salterà sulla sedia. Per poi calmarsi, ridere magari, e ricominciare da capo.
La trappola dei fast-horror contemporanei
Anche io sono caduto nella trappola proposta da film del genere. Spaventarsi permette all'adrenalina di liberarsi nel corpo e la sensazione che si prova non è molto diversa dal lanciarsi, che so, col paracadute. Solo che spaventandosi davanti a un film horror non comporta doversi alzare dalla sedia o dal divano. E' facile, non costa fatica. E la cosa può andar anche bene, a patto che non la si confonda col cinema. E' un gioco, un prodotto usa e getta servito sul uno schermo. 
Su un meccanismo molto simile regge un altro sottogenere horror, quello soprannominato torture porn. Solo che in questo caso non si tratta di spaventi ma di sangue e budella. Come se guardare uno smembramento senza né capo né coda possa, nell'epoca di internet (dove si può vedere di tutto e di più), provocare una qualsiasi emozione. Tra l'altro, in taluni, casi la violenza è persino edulcorata perché sia mai qualcuno si sconvolga veramente. Saw è l'esempio lampante di quel che sto dicendo. A questo punto meglio un Hostel qualunque che punta sull'ironia e su una violenza sull'orlo del cartoonesco. Eppure questo genere di cinema ha avuto fortuna e continua ad averne, sembra quasi che la gente abbia bisogno di facili spaventi e violenza "sicura" in un mondo dove la violenza e la paura ti esplode in faccia mentre trai facendo la fila al supermercato. Forse la gente ha bisogno di un "male" facile da poter digerire e poi far finta che quello sia il male vero, lo stesso che può incrociare nella realtà, magari attraversando la strada. Oppure si ha semplicemente voglia di subire e dimenticare, per poi subire e ricominciare da capo, almeno al cinema dove niente fa male e niente e vero. Cronenberg riderebbe. Il problema forse più grave è che alla fine chi ste cose le produce e le gira finisce per prendersi sul serio. Ma per fortuna basta una vignetta su facebook per mandarli a quel paese.
La trappola dei fast-horror contemporanei

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