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La tredicesima vittima

Creato il 29 gennaio 2012 da Gianna
La tredicesima vittimaCi vuole fegato a essere donne in Italia, perché il pericolo è dietro l’angolo, e si tratta di un pericolo di morte.
È di venerdì la notizia della tredicesima vittima di femmicidio dall’inizio del 2012 nel nostro paese: una ragazza rumena di 23 anni trovata cadavere sulla spiaggia del lungomare di Porto Potenza Picena, a Lido Bello, con il cranio fracassato, il volto sfigurato e un sacchetto di plastica infilato in testa. Il corpo di Cristina Andrea Marian, questo il nome della ragazza, è stato trovato da un signore che portava a spasso il cane sulla spiaggia: era riverso semisepolto con due cordoli di sabbia attorno, e completamente vestito compreso il cappotto.
Lei era una giovane ballerina che lavorava in un night club (chi dice che faceva anche l’entraineuse o che si prostituiva ma per me era una donna e basta), arrivata dalla Romania in Italia forse pensando che questo fosse un paese migliore del suo, ma si sbagliava.
Cristina Andrea Marian è stata aggredita in ascensore, dove sono state trovate numerose macchie di sangue, e il suo corpo è stato trasportato sulla spiaggia: nessun segno di violenza, nessuna forzatura alla porta di casa dove stava rientrando, nessun furto né in casa né sugli effetti personali che aveva con sé.
E viene spontanea la domanda: questa ragazza conosceva l’assassino? Secondo gli inquirenti, che possa essere stato un uomo, vista la violenza con cui le hanno fracassato il cranio, è praticamente indubbio, e che il movente possa essere di genere è quasi una certezza (soprattutto se si esclude il furto, rimane o un cliente respinto o un fidanzato geloso), e quindi c’è solo un nome per chiamare questo omicidio, ovvero: femmicidio, per una vittima che non solo era una donna ma anche migrante, costretta a un lavoro “a rischio” e quindi tre volte esposta.
Ma un femmicidio che accade proprio il giorno della fiaccolata che in tutta Italia ricordava Stefania Noce, uccisa un mese fa dall’ex fidanzato, e in cui la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza di genere nel mondo, Rashida Manjoo, ha esternato grosse perplessità sull’Italia sottolineando la diffusione della violenza domestica nel nostro paese, la grave distorsione della donna nella rappresentazione femminile sociale e mediatica, e la poca attenzione riguardo il riconoscimento di questi reati da parte della giustizia, forse ci dovrebbe far riflettere in maniera più profonda e puntuale sul ruolo delle istituzioni e sull’azione del governo per proteggere le donne, ma soprattutto su cosa sono, a cosa servono e che ruolo hanno le donne in questo paese.
Contestualmente faccio anche un appello ai giornalisti e giornaliste che stanno trattando il caso: per favore, non abusate delle parole “raptus”, “delitto passionale”, “momento di follia”, perché non fanno che sostenere mediaticamente  la poca rilevanza del reato e lo stereotipo che “l’uomo innamorato può tutto”.
Grazie

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