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La tregua

Creato il 14 marzo 2013 da Federicobona @Federico_Bona

La treguaOggi come oggi è difficile parlare di sfumature: si rischia di essere fraintesi. Ma è proprio sulle sfumature che Mario Benedetti conduce tutto questo libro: le sfumature che possono trasformare una vita, le sfumature dello stile. Martín Santomé, alle soglie della pensione – anche se ha solo cinquant’anni (ma siamo negli anni Settanta, e in Sudamerica) – si trascina in un’esistenza vuota, priva di stimoli. Conta i giorni che lo separano dal concludere un lavoro ripetitivo, ma teme che fuori dal lavoro non troverà comunque nulla. I tre figli sono ormai adulti, la moglie è morta tanti anni prima. Seguiamo le sue giornate e le sue riflessioni attraverso il suo diario, ed è proprio da lì che facciamo la conoscenza di Laura Avellaneda, ventenne nuova assunta della quale si ritrova a essere il capo. Non è bella, Avellaneda – è Santomé a dirlo – eppure piano piano fa breccia nel cuore del protagonista, e lo scopriamo dalle sfumature del suo diario prima ancora che il suo autore lo dichiari esplicitamente. E l’amore, ricambiato, basta a ridare senso a una vita intera. Lo so che, messo così, sembra quasi un romanzo rosa – o, forse peggio, un romanzo esistenziale costruito per contrabbandare una storia d’amore – ma non è così e non lo è proprio perché è la capacità di Benedetti a infilarsi nei piccoli eventi, in dettagli apparentemente da nulla, in moti minimi che però possono spostare eventi e decisioni relativamente enormi, a fare la differenza; è l’abilità di Benedetti a simulare la vita, a disegnare personaggi normali e plausibili – sono molti di più dei due protagonisti centrali, e tutti ritratti alla perfezione – e a calarli in una serie di relazioni ed eventi che elevano la storia al romanzesco, a rendere questo testo un esempio di stile e ad averlo trasformato in un classico della narrativa sudamericana.

La tregua, Mario Benedetti, traduzione di Francesco Saba Sardi (Nottetempo, 251 pp, 12 €)


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